Toscana

MEDIO ORIENTE: CEC/KEK, «NON ACCONTENTIAMOCI DI PREGARE. E’ ORA DI AGIRE»; TRE PROPOSTE

“Non vi accontentate di pregare! Agite!” E’ l’appello dei cristiani che vivono in Libano, Palestina e Israele, raccolto e rilanciato dalla Conferenza delle Chiese europee (Cec/Kek), organismo che riunisce 125 Chiese di tradizione ortodossa, protestante, anglicana e vetero-cattolica. Una delegazione ecumenica ha infatti stilato un ampio rapporto dopo aver svolto una visita pastorale a Beirut e Gerusalemme dal 10 al 15 agosto scorso.

Il viaggio, spiega il pastore Jean-Arnold de Clermont, presidente della Cec (tra i delegati presenti), intendeva “manifestare la solidarietà ecumenica con la popolazione e le Chiese vittime del conflitto; dare l’occasione alle Chiese locali di esprimersi ed essere ascoltate; incontrare i responsabili delle comunità religiose (musulmane ed ebree) con cui le Chiese sono in relazione; affermare l’attesa forte della comunità ecumenica di un cessate-il-fuoco immediato e di negoziati sotto l’egida dell’Onu per uscire dalla crisi”. De Clermont ricorda che i cristiani e non cristiani incontrati, sognano “un Libano democratico, multiculturale e multiconfessionale”, perché rappresenterebbe “la garanzia per la pace e per l’intero Medio Oriente”. “Abbiamo ascoltato i responsabili ebrei, cristiani e musulmani in Palestina ed Israele – spiega de Clermont – che ricordavano l’importanza del dialogo interreligioso che hanno avviato e il sostegno che attendono dall’estero perché si possa sviluppare. Attraverso questo messaggio è affermata la volontà di tutti per la pace in Libano, Palestina e Israele, entro frontiere sicure, e nel rispetto reciproco”.

De Clermont racconta anche di “alcune riserve formulate a proposito della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite” perché a loro avviso “non tocca il cuore del problema”. “Con forza – aggiunge – i nostri interlocutori hanno chiesto un ritorno al tavolo dei negoziati, per costruire una pace solida per l’intera regione, permettendo ad israeliani e palestinesi di vivere in Stati con frontiere sicure e internazionalmente riconosciute”.

Secondo il presidente della Cec sono tre le strade da intraprendere: “Rifiutare di lasciarsi coinvolgere in analisi superficiali o volontariamente fuorvianti che ci allontanerebbero dal cuore del problema, che è il conflitto israelo-palestinese; fare pressione sui nostri governi e in particolare sul governo americano e sull’Unione europea perché questa crisi apra a negoziati di pace senza esclusive e sostenere in modo particolare le Chiese statunitensi ed europee impegnate in quest’azione; chiedere alle nostre Chiese di assumere impegni più concreti per la giustizia in Medio Oriente”.Sir