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MEDIO ORIENTE, ISRAELE NON INTENDE RINUNCIARE AGLI INSEDIAMENTI IN CISGIORDANIA

Anche se gli americani esprimono riserve, i vasti settori di Cisgiordania su cui si trovano gli insediamenti dei coloni israeliani, dovranno restare “nelle mani” di Tel Aviv: è questa in sintesi la posizione espressa dal primo ministro israeliano Ariel Sharon nella riunione del consiglio dei ministri di ieri. Sharon, sostenendo che non ci si può certo aspettare l’approvazione di Washington sulla questione, ha preso ufficialmente posizione dopo le polemiche seguite alle dichiarazioni del segretario di Stato americano Condoleeza Rice e alla successiva reazione dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). La Rice aveva in sintesi affermato che la questione degli insediamenti ebraici dovrà comunque essere presa in considerazione in un futuro negoziato sull’assetto politico definitivo della Cisgiordania; “gli insediamenti sono tutti illegali e nessuno può imporli al popolo Palestinese” aveva replicato Nabil Abu Rudeina, portavoce l’Anp che si batte per il ritiro totale di Israele da tutte le zone occupate nel conflitto del 1967.

Secondo il vice-primo ministro palestinese Nabil Shaath, Tel Aviv potrebbe utilizzare l’annunciato ritiro totale dalla Striscia di Gaza, l’altro Territorio Palestinese confinante con l’Egitto, come alibi “per rubare il resto dei Territori”. La questione sembra farsi sempre più complessa sia perché riguarda Gerusalemme e i grandi blocchi di insediamenti come Ma’aleh Adumin, Ariel e Gush Etzion – un argomento che per ora Israele cerca di non affrontare esplicitamente – sia perché Washington sembra aver accettato curiose distinzioni tra ‘insediamenti isolati’ e ‘gruppi di insediamenti’, sia infine perché, nella difficile matassa da dipanare, è coinvolta la cosiddetta “barriera di separazione” che Israele sta velocemente costruendo in Cisgiordania e che molti continuano a definire “muro della vergogna”.[MISNA]