Toscana

MORTO CAPONNETTO: UNA VITA TUTTA PER LA GIUSTIZIA

E’ morto in ospedale a Firenze, all’età di 82 anni Anonino Caponnetto. Era un uomo gentile e solo all’apparenza fragile, divenuto un simbolo della lotta a Cosa nostra e per la legalità dopo la morte degli amici fraterni Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: per loro fu una sorta di padre spirituale, guidandoli nel famoso pool antimafia di Palermo dove arrivò per prendere il posto di Rocco Chinnici. Era il 1983, Antonino Caponnetto aveva 63 anni ed era sostituto procuratore generale presso la corte d’appello di Firenze. La morte di Chinnici, ucciso con la scorta dalla mafia il 29 luglio di quell’anno, spinse Caponnetto a fare domanda al Csm per sostituirlo nella carica di consigliere istruttore a Palermo.

«La Sicilia ha pagato un alto tributo di sangue: spero che adesso ci lascino lavorare in pace” disse il giorno del suo insediamento. La Sicilia era anche la sua terra d’origine: era nato a Caltanissetta il 5 settembre del 1920. All’età di dieci anni il trasferimento in Toscana, prima a Pistoia poi a Firenze. Nel 1954 l’ingresso in magistratura, carriera svoltasi in gran parte in Toscana dove si concluderà a Firenze nel 1990, quando Caponnetto, va in pensione col titolo onorifico di presidente aggiunto della corte suprema di Cassazione. Ma nella sua storia professionale e anche umana rimarranno indimenticabili i quattro anni e quattro mesi trascorsi nel capoluogo siciliano, vivendo in una caserma e poi raccontati nel libro intervista scritto col giornalista Saverio Lodato «I miei giorni a Palermo”. Da novembre 1983 a marzo 1988 Caponnetto sarà alla guida del pool antimafia da lui fondato sull’esperienza di quelli antiterrorismo di Torino con Giancarlo Caselli e di Roma con Ferdinando Imposimato. L’idea, spiegò lo stesso giudice, fu quella di creare un gruppo di lavoro che si occupasse a tempo pieno e in via esclusiva dei processi di mafia, frazionando così i rischi e assicurando una visione organica e completa del fenomeno. Accanto a sè chiamò Falcone e Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. Il lavoro di quel pool portò al primo maxiprocesso contro Cosa nostra e agli atti, per la prima volta, finirono le dichiarazioni di pentiti come Tommaso Buscetta. Quando decise di lasciare Palermo per tornare a Firenze indicò in Falcone il suo successore. Il Csm gli preferì Antonino Meli seguendo criteri di anzianità e Caponnetto non nascose la sua amarezza per questa decisione.

Le morti di Falcone e di Borsellino lo restituirono come testimone della lotta per la legalità. In un momento di sconforto, ai funerali di Paolo Borsellino, disse che era “tutto finito”, ma proprio il suo impegno dal 1992 ad oggi è stato continuo, nonostante l’età e i problemi di salute. Lezioni ai ragazzi delle scuole sulla giustizia, l’impegno in politica con la Rete che lo portò ad essere nel 1993 il candidato più votato alle amministrative di Palermo dove divenne presidente del consiglio comunale, le mille interviste, la partecipazione e la promozione di convegni, la creazione di una fondazione intitolata a Sandro Pertini, da ultimo il sostegno per i girotondi. Cittadino onorario di Palermo e Catania, presidente del consiglio comunale di Palermo per un breve periodo, per tre volte è stato candidato a senatore a vita con raccolte di firme. A fargli gli auguri per i suoi 80 anni, anche il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Li festeggiò in famiglia, con la moglie, i tre figli, i cinque nipoti e nel cuore il ricordo di Falcone e Borsellino: «Li sento sempre vivi, più vivi che mai. Ho l’impressione che veglino dall’alto proprio su di me”.