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MYANMAR, APPELLO CONGIUNTO DEI CATTOLICI E DEI PROTESTANTI: TROVARE UNA SOLUZIONE PACIFICA

I leaders delle Chiese cattoliche e protestanti in Myanmar hanno scritto un appello congiunto al generale Than Shwe (il capo della giunta militare chiamato “N.1”) per chiedere di trovare “una soluzione pacifica” a quanto sta accadendo nel Paese. L’appello, firmato il 28 settembre dall’arcivescovo di Yangon Charles Bo, segretario della Conferenza episcopale del Myanmar e dall’arcivescovo Samuel Mahn San Si Htay, presidente del Consiglio delle Chiese del Myanmar (Mcc) ma diffuso oggi dalla stampa locale, ricorda che i fedeli delle due confessioni si sono unite in preghiera per “la pace nel Paese” e che “tutte le Chiese cristiane e i cristiani lo desiderano fortemente facendo del loro meglio per contribuire”. “Tutte le persone che vivono nel Myanmar – affermano – sono molto devote alla loro fede personale e vivono in accordo con gli insegnamenti della loro amata religione”. “Sulla base degli insegnamenti delle religioni sull’amore, la verità, la giustizia, il perdono e la riconciliazione e considerata l’attuale situazione del Paese”, scrivono i due leaders cristiani rivolgendosi direttamente al generale “N.1”, “desideriamo appellarci a lei perché sia così gentile da risolvere questo caso con l’amore paterno e con una soluzione pacifica, affinché ci sia stabilità, pace e non violenza, che sono anche il desiderio del popolo”.

“Tutti noi – si legge nel messaggio – siamo molto preoccupati per l’attuale situazione e agitazione in corso nel Paese”. L’appello è stato fatto in coincidenza con la visita, attualmente in corso dell’inviato delle Nazioni Unite Ibrahim Gambari, che ha incontrato il premio Nobel Auns San Suu Kyi, agli arresti da quasi 12 anni, e domani avrà un colloquio con il generale Than Shew. Nel frattempo i 600.000 cattolici del Paese pregano nelle Chiese “per il bene della nazione” e alcuni di loro, soprattutto studenti e universitari, hanno sfilato al fianco di monaci e manifestanti, secondo quanto riferito da “Asianews”. Ma le notizie frammentarie e le testimonianze che arrivano da Myanmar non sono rassicuranti: si parla di rastrellamenti e uccisioni nei monasteri, arresti di monaci bambini, controlli e perquisizioni. Le cifre, anch’esse difficili da confermare, parlano di 700 monaci arrestati e 500 persone in tutto il Paese e almeno 9 (ma i media e le fonti diplomatiche parlano di almeno 200) uccise dall’esercito. Il settimanale italiano “Vita” racconta che “la schiera di monaci che manifesta per le strade è composta prevalentemente da novizi che, terminata l’esperienza in monastero, torneranno alla propria realtà quotidiana, costellata dalle enormi difficoltà conseguenti al vivere piegati da una dittatura militare”.

Sir