Toscana

Migranti. Contro dl Salvini, Nardella lancia modello Firenze

Un tavolo tra il Comune e il mondo del lavoro, i sindacati, il terzo settore e il volontariato «per affrontare ed azzerare gli effetti negativi» del decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, una «legge pericolosa e dannosa». Il tutto restando saldamente dentro «l’alveo della legalità. Nessuno qui si è mai sognato di non rispettare la legge, questo però non ci impedisce di denunciare tutti gli aspetti devastanti» della norma «sul piano sociale e su quello della sicurezza». È la strada scelta dal sindaco Dario Nardella, illustrata nel corso del confronto di Palazzo Vecchio con i protagonisti, le sigle e i volti di quella galassia sociale che ruota attorno al capitolo dell’accoglienza. Una via che il primo cittadino rilancia su scala nazionale come «modello Firenze«: non la disubbidienza, ma il dialogo tra istituzioni e terzo settore per anestetizzare gli effetti della legge. Un modello fatto prima di tutto di numeri, quelli che interesseranno da qui ai prossimi mesi la metrocittà fiorentina: «Molti tra chi ha un permesso umanitario o sono richiedenti asilo usciranno dal circuito dell’accoglienza e andranno a finire in mezzo alla strada.

Nell’area metropolitana di Firenze – spiega a margine dell’incontro – si parla di quasi 900 persone, sui circa 1.800 accolti, fuori dal circuito di protezione dei centri, i Cas. Persone che rimarranno in mezzo alla strada». Così però, ribadisce un concetto più volte espresso, «si crea tensione sociale e si determina un problema di sicurezza». Per questo, aggiunge, «apriremo un canale con il prefetto Laura Lega e con la Regione. La città e l’area metropolitana, infatti, non possono essere lasciate sole nella gestione di questa emergenza».

Proprio alla prefettura Nardella manda un messaggio chiaro: i grandi centri di accoglienza, «i mega Cas» che potrebbero spuntare «a causa dei nuovi criteri di assegnazione dei bandi, vanno evitati. Meglio piccoli centri», l’accoglienza diffusa inaugurata in Toscana, «così da non generare allarme sociale». Il tavolo, quindi, «rimarrà aperto. Faremo- annuncia il sindaco- una mappatura di tutta la situazione nell’area metropolitana», visto che «ci sono Cas che stanno già chiudendo, siamo a circa una ventina. Sono inoltre al lavoro gli operatori di strada, perché c’é anche il problema dell’emergenza freddo, che tocca la salute e l’incolumità di queste persone». C’é poi l’aspetto economico, quanto cioé potrebbe costare al Comune il trovar ristoro a chi fuoriesce dai centri. Ma qui Nardella non si sbilancia: «Ancora è presto per fare stime economiche. Certo, se uniamo tutti le forze, credo che potremmo dare una risposta con una spesa non superiore rispetto a quella prevista». Sul fronte nazionale, infine, «insieme ad Anci, il Comune insisterà perché la legge sia modificata nelle parti che possono essere incostituzionali e dannose».

Il ricorso alla Corte costituzionale contro la legge Salvini, annunciato dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, «credo rientri nella sfera del conflitto delle attribuzioni». Quindi, per giudicarlo «vanno prima di tutto capite la fondatezza e le motivazioni giuridiche». Anche perché «dobbiamo fare attenzione a non intraprendere strade che rischiano poi di non avere un esito positivo», sottolinea il sindaco di Firenze che, aggiunge: «Fa bene il presidente Rossi a chiarire che non vuole mettere in pratica alcun tipo di disubbidienza. E certo, se l’iniziativa della Regione può servire ad intraprendere una strada legale di denuncia sull’incostituzionalità» della norma, la mossa «può essere positiva».

Detto questo, però, per Nardella la via maestra è un’altra: «Un fronte unito tra Regioni e Comuni per mettere in luce gli aspetti gravi, deboli, negativi e anche incostituzionali di questa legge, perché sarebbe sbagliato se ognuno andasse per la propria strada. Così come sarebbe sbagliata una battaglia fuori dai confini della legalità». Per questo già «nel direttivo nazionale Anci del prossimo 10 gennaio auspico si possa arrivare ad una composizione più larga possibile. Oggi, infatti, tutti i sindaci sono preoccupati, anche se in modi diversi, delle conseguenze di questa legge». Tra le ipotesi che sta verificando Palazzo Vecchio, conclude, c’è anche «la norma La Loggia, che consente ai consigli delle autonomie locali di chiedere alle Regioni di fare ricorso alla Consulta».