Toscana

Natale in carcere

di Chiara DomeniciIl giorno di Natale in carcere la Messa la celebrerà il vescovo Diego Coletti, ma saranno solo un centinaio i detenuti che potranno parteciparvi. Il salone delle Sughere non è pensato per molte persone e dei 400 detenuti (45 donne ed il resto maschi) solo una parte sarà scelta per seguire la celebrazione.

I problemi del sovraffollamento nelle carceri si respirano anche a Livorno (i detenuti sono quasi il doppio della capienza), considerato un carcere duro, a volte una detenzione punitiva, spesso un casa di reclusione di passaggio, dove si resta pochi giorni prima di essere destinati ad altre città.

Una condizione non facile anche per chi in carcere offre il suo servizio di assistenza: Wally Seller Sgherri, responsabile della Commissione Caritas per il carcere dedica a quest’opera di ascolto e aiuto molto del suo tempo da molti anni. «Non sempre le persone conoscono la realtà carceraria. C’è molta ignoranza sulle condizioni dei detenuti e sulla possibilità di aiutarli. L’opera di volontariato, sia di ispirazione laica che cattolica, è importantissima ed in crescente considerazione da parte dei responsabili delle case di reclusione. Il volontario ha un colloquio diretto con il detenuto (spesso viene preferito ad un educatore perché viene visto come persona disinteressata), fa da tramite con il mondo esterno, ha voce in capitolo nelle richieste di misure alternative, a volte è l’unica persona a cui rivolgersi per un qualsiasi bisogno, soprattutto per gli stranieri che non hanno alcun familiare in città o addirittura in Italia. Adesso siamo un bel gruppo e lavoriamo bene insieme. Ci aiuta anche la solidarietà di chi è sensibile a questi problemi».

Tra i volontari c’è anche suor Teresa Caterina delle sorelle Domenicane di S. Tommaso. Sono ormai 11 anni che visita i detenuti alle Sughere. Si occupa in particolare della sezione femminile. «Le ragazze sono moltissime – racconta – prima erano solo una trentina adesso sono sempre più di quaranta. Mi occupo dei colloqui e di un gruppo bricolage due volte alla settimana. Insieme ad un’altra suora, che cura l’aspetto spirituale, preparo anche i detenuti ai sacramenti e per il resto aiuto come posso. I problemi più gravi del carcere sono tre: la convivenza (a volte sono quattro in una stessa cella!), che non è facile tra chi si sceglie, figuriamoci tra persone così diverse come quelle che si incontrano in carcere; il dopo- carcere che riserva l’espulsione per la maggior parte degli stranieri e gravi problemi al rientro nei loro paesi di origine e per gli italiani un futuro incerto e quasi impossibile da costruire ed il lavoro: c’è ancora pochissima sensibilità in questo ambito, mentre un impiego potrebbe rappresentare la possibilità di uscire dal carcere, magari con misure alternative, ed un’opportunità di reinserimento a fine pena».

«Con il gruppo bricolage – continua – ogni anno, soprattutto a Natale allestiamo dei veri e propri mercatini: i lavori fatti durante l’anno vengono venduti ed il ricavato viene ricevuto dalla persona che ha realizzato l’opera: un piccolo contributo che potrà esserle utile una volta fuori. Si iscrivono quasi tutte le ragazze al corso ed è un modo per combattere l’ozio che opprime l’anima e le fa sentire inutili. Molte di loro arrivano al carcere perché vittime di situazioni familiari allucinanti, oppure perché sono finite nel giro delle organizzazioni internazionali di droga e fanno da pedine per il trasporto degli stupefacenti. Se non partecipano alle diverse attività che vengono proposte passano le giornate davanti alla televisione che hanno in cella e questo le abbrutisce. Per alcuni detenuti il non far niente è stato il motivo che li ha condotti al suicidio e quando capita un evento del genere ha un effetto devastante sugli altri».

«Anche la fede aiuta – continua suor Teresa – durante il corso non parlo mai di Gesù, non tutte le ragazze sono cristiane, ma quando capita l’occasione ne approfitto! Sembra quasi impossibile a dirsi, ma ho ricevuto delle grandi lezioni dai detenuti. Qualcuno è arrivato a dirmi: è stata una grazia finire in carcere sennò non avrei incontrato Cristo!».

Il cappellano delle Sughere, padre Bleve, celebra quattro Messe settimanali: tre per i settori maschili ed una per quello femminile, quando non può venire delega suor Teresa per la Liturgia. «Vorrei che in questo Natale – confessa suor Teresa – qualcuno si ricordasse anche di chi vive la realtà del carcere: ogni preghiera è sempre un grande aiuto per chi soffre».

In breveArezzo, Bassettial «San Benedetto»Come di consueto, anche per questo Natale il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Gualtiero Bassetti, ha celebrato la Messa per i detenuti del carcere aretino di San Benedetto. Lo ha fatto martedì scorso. Bassetti tornerà in visita ai detenuti il prossimo Giovedì Santo per un altro significativo gesto che ormai compie da anni con i reclusi: la Lavanda dei piedi. Firenze: Antonelli,Messa a SolliccianoQuesto sabato 24 dicembre, vigilia di Natale, l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Ennio Antonelli celebra la Messa alle 9,30 presso la Casa circondariale di Sollicciano. Grosseto, i detenutiscrivono al vescovoUna lettera consegnata al vescovo di Grosseto, Franco Agostinelli, perché si faccia portavoce nei confronti delle istituzioni del disagio che stanno vivendo i detenuti all’interno della casa circondariale cittadina dove, a loro dire, gli spazi sono sempre più angusti. La lettera è stata consegnata dai detenuti durante la visita che il vescovo ha effettuato nella struttura in occasione delle festività natalizie. I detenuti, pur ammettendo di «dover scontare una pena distaccati dal mondo e dalle nostre famiglie», chiedono di avere spazi verdi con aree ricreative e per l’incontro con i familiari e in particolare con i figli, che così, dicono, «risulterebbe meno traumatico». Pisa, Plotti domenicacelebra al «Don Bosco»Appuntamento tradizionale anche per l’arcivescovo di Pisa, Alessandro Plotti, che la mattina di Natale celebra la Messa alle 9 al carcere cittadino di Don Bosco. Siena, una letteraalla nostra redazioneIn carcere è vero che tutti i giorni sono uguali, ma quelli festivi sono i peggiori perché ci fanno sentire di più le assenze: della casa, dei figli, della compagna, della madre». Lo scrive un detenuto in una lettera inviata alla nostra redazione di Siena. «Però – aggiunge – il Natale è anche bello, perché è speranza che le nostre istanze vengano accolte, che i politici ci concedano un’amnistia e un indulto, che qualcuno si accorga della nostra buona condotta e ci dia magari un permesso per andare a casa un giorno o due. Poco importa se magari sarà il 17 febbraio e non il 25 dicembre, per noi quel giorno sarà Natale». Celebrazioni dei vescovinegli altri istituti di penaPraticamente tutti i vescovi toscani che hanno un carcere in diocesi celebrano lì una delle Messe di Natale. Tra gli altri, oltre a quelli rammentati in precedenza, ricordiamo Lucca dove il vescovo Italo Castellani celebra al «San Giorgio» la Messa alle 9 del 25 dicembre, Massa Carrara con il vescovo Eugenio Binini che celebra alla stessa ora nel carcere di Massa e Prato dove il vescovo Gastone Simoni celebra il sabato 24 alle 16 e la domenica 25 alle 8,30. Palazzo Vecchio, preseperealizzato da detenuteUn presepe realizzato da alcune detenute del carcere di Sollicciano è stato allestito nel cortile della dogana di Palazzo Vecchio a Firenze. I personaggi sono bambole di stoffa provenienti da un apposito laboratorio organizzato dall’associazione «Pantagruel». Le iniziativedel Consiglio regionaleNumerose anche le iniziative del Consiglio regionale a favore delle carceri toscane in occasione del Natale, a partire dalla visita che i detenuti riceveranno da parte di alcuni consiglieri. Centrale la questione dell’assistenza sanitaria nelle carceri, materia su cui è stata recentemente approvata una legge apposita. Il raccontoIl mio sogno più veroDa un corso di scrittura in carcere, nella sezione di Alta sorveglianza di Sollicciano, a Firenze, tenuto da Enzo Fileno Carabba è nato un libro, «Se siete arrivati fin qua. Racconti dal carcere», a cura dello stesso Carabba e di Paola Nobili (Le Lettere, pp. 224, euro 16,00). Il volume raccoglie racconti scritti dagli stessi carcerati, alcuni fortunatamente ormai ex come Pietro Volpini che firma il testo d’apertura («Il mio sogno più vero»), che qui riproponiamo. Ho atteso diciotto mesi in prigione la libertà che doveva riportarmi alla vita e il diciottesimo mese guardai il cancello e vidi la tanto amata libertà. Mi si spalancarono i portali del cuore e la mia gioia volò alta nel cielo, chiusi gli occhi e pregai in silenzio nell’anima. Ma mentre uscivo dal cancello mi colse una malinconia e pensai nel mio cuore: come potrò andarmene senza dolore? No, non senza una ferita nello spirito lascerò questa prigione. Sono stati lunghi i giorni di dolore trascorsi tra le sue mura, lunghe le notti di solitudine, come allontanarsi dal proprio dolore e dalla solitudine senza un rimpianto? Troppi frammenti dello spirito, troppi sono i figli del mio desiderio che vagano ignudi tra queste mura, ma non so abbandonarli senza una fatica e una pena. Non è un abito che mi tolgo, ma una pelle che strappo con le mie mani. Non un pensiero lascio alle mie spalle, ma un cuore reso dolce e più puro dalla sofferenza. Tuttavia non posso restare, la libertà mi chiama e devo andare. Porto con me solo il ricordo di un uomo vecchio. Una voce non può portare con sé lingua e bocca che gli hanno dato vita, solo deve trovare la giusta via, come un’aquila vola attraverso il sole. Quante volte ho sognato la libertà e ora è qui e sono sveglio, che è il mio sogno più vero. Sono pronto a volare e la mia impazienza attende l’aprirsi del cancello come ogni vela attende il vento. Ancora mi volto, ancora un respiro di quest’aria ferma, ancora uno sguardo a ciò che è stato. Eccomi, si apre il cancello, sono un uomo nuovo tra gli uomini.Pietro Volpini

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