Toscana

Nidi: corsie privilegiate per i figli di separati

di Andrea Bernardini

Immaginate di diventare, d’un colpo, il manager che dovrà organizzare il prossimo gran premio di Formula Uno a Monza. Fareste mai correre in quella gara, una Ferrari insieme ad una Fiat Punto? Gli enti locali ci regalano qualcosa di simile, quando scrivono i regolamenti di accesso ai nidi comunali, assegnando, in partenza, un vantaggio a figli di ragazzi/padre, ragazze/madri, di genitori separati o divorziati, o anche di genitori separati o divorziati con affidamento congiunto, che in diversi casi si rivela incolmabile per i figli di coppie solide. Dieci o sette punti a Firenze, sei a San Vincenzo (Livorno), cinque a Prato, passaggio blindato (al di là dal punteggio) a Pisa.

Il risultato? Non sono poche le coppie che, per favorire l’ingresso di loro figlio al nido, scoppiano uno o due mesi dopo la nascita del pargolo, le mamme che prendono residenza dalle nonne per dimostrare che con il loro partner è veramente finita, i papà che riconoscono il loro pupo solo dopo tre anni di vita.

È vero, nella compilazione delle graduatorie, i comuni tengono conto, in genere, anche di altri indicatori della effettività necessità di una famiglia di affidarsi al servizio pubblico: il tipo, gli orari, la distanza da casa del lavoro svolto dai genitori, o le loro condizioni economiche; ma non sempre il calcolo del punteggio attribuito a questi indicatori colma il gap iniziale.

Emblematico il caso del regolamento per l’accesso ai nidi nel comune di San Giuliano Terme, nell’hinterland di Pisa: sul finire di un documento di 18 pagine ti accorgi che il figlio di genitori separati con affidamento congiunto, ha diritto a 85 punti, mentre, ad esempio, l’avere fratelli o sorelle in età scolare a 1 o al massimo 2 punti in più.

«A San Giuliano Terme – commenta amaramente Jessica Hazewinkel, mamma di quattro figli – se lei ha bisogno di mandare il figlio all’asilo, le conviene separarsi, perché altrimenti difficilmente otterrà un posto».

Che il numero dei figli da gestire ogni giorno conti poco è provato anche dalla storia personale di Enzo Pistone, dipendente comunale e di Lea Vanella, una coppia di Carini (Palermo), che ha dato alla luce dieci pargoli: «puntualmente esclusi dalle graduatorie dei nidi, superati da figli di separati, di ragazze madre e di ragazzi padre». Salvo poi accorgersi che quelli avrebbero potuto permettersi un nido privato o una baby-sitter full-time a domicilio: «ogni volta che mi recavo con la mia Cinquecento in ufficio a prendere informazioni, dovevo subire l’umiliazione di vedere chi mi precedeva in graduatoria tornarsene a casa in Mercedes».

«Quel che manca, sono i controlli», commenta amaramente Giovanni Sbolci, di Monsummano Terme (Pistoia). «Anche nel nostro comune ai figli di una famiglia monoparentale (cioè di ragazze madri, vedove/i, separate/i e che non ha nessun tipo di collaborazione dell’ex coniuge) è attribuito un punteggio maggiore. In linea di massima il principio può essere giusto, però si presta, come spesso succede, a facili trucchi truffaldini. Infatti diverse madri, all’atto di iscrizione, dichiarano di essere sole, ma poi si presentano al nido con figlio e… convivente».

Ma a giocare sulla scelta di alcune coppie, sposate o semplicemente conviventi, di separarsi fittiziamente è anche la possibilità di usufruire – come abbiamo già dimostrato nei numeri precedenti – del servizio nido a prezzi agevolati. Il contributo richiesto al o ai genitori, infatti, è calcolato sulla base dell’Isee. Ovviamente se i genitori risultano separati, l’Isee sarà presentato da uno solo dei due ex coniugi o conviventi: e a Isee più basso corrisponderà una fascia di contribuzione più bassa. «Salvo poi vedere ragazzi padre (ma anche famiglie) che hanno una dichiarazione Isee bassissima, ma che arrivano al nido con auto fuoristrada…» rincara Giovanni Sbolci.

Sarà per questo che il Comune di Pisa, a fianco all’Isee, chiede ai genitori di compilare una scheda relativa a indicatori di benessere: eventuali benefici, infatti, decadranno (e si applicherà il massimo della tariffa) se i componenti del nucleo familiare sono titolari o hanno un contratto di noleggio a lungo termine per più di due autovetture o motoveicoli, di un automobile di cilindrata superiore ai 2500 cc o di una moto di cilindrata superiore ai 1000cc o di una imbarcazione iscritta al Pubblico registro nautico.

Alloggio popolare e sostegno all’affittoI bandi per l’accesso alle case di edilizia residenziale pubblica variano da regione a regione. «In molte sono previste corsie privilegiate per donne (o uomini) soli con figli a carico» ricostruisce Daniele Cosci, segretario toscano di Sicet, il sindacato inquilini della Cisl. In Toscana questa condizione dà diritto a 3 punti.  Anche in questo caso, il gioco è fin troppo ovvio: la domanda è presentata dalla donna, che autocertifica di esser rimasta sola con il figlio a carico. Così non è: il marito o convivente continua a vivere con lei, anche se, ufficialmente, ha residenza anagrafica altrove.

Non sempre, però, le cose filano come dovrebbero. «Ricordo un caso simile, che ci aveva insospettito. Sapevamo che, sotto il tetto della casa in cui la donna abitava (e che avrebbe dovuto lasciare, evidentemente, perché pagava un canone troppo alto), continuava a vivere anche il partner. L’impiegato del Comune bussò a quella porta più volte: trovandoli sempre insieme; e contemporaneamente alla casa dove lui dichiarava di avere la residenza: sempre assente. Alla donna non furono riconosciuti i tre punti, ma quanta fatica!». Una volta entrati, per il conteggio dell’affitto, si tiene conto del reddito, così come dichiarato nel 730, nell’Unico o nel Cud: anche in questo caso, una eventuale separazione fittizia gioca a favore dell’abbassamento del canone. Come lo gioca per la richiesta di sostegno all’affitto, che è garantito nel caso in cui il canone richiesto dal locatore è superiore al 30% del reddito del nucleo familiare: meglio denunciare (si fa per dire) uno stipendio anziché due.

Scissione del nucleo familiareL’ultima frontiera della programmazione fiscale è la scissione del nucleo familiare. «Quando fu introdotta – commenta Carlo Di Iorio (membro del direttivo di Lef, associazione per la legalità e l’equità fiscale) – il legislatore pensava probabilmente, e correttamente, al caso del figlio che lascia l’originario nucleo familiare per metter su casa per conto proprio. Poi, sono arrivate le applicazioni distorsive, determinate essenzialmente dalla possibilità di fruire di agevolazioni fiscali. È classico l’esempio dei coniugi che risiedono anagraficamente nel comune che chiameremo “a”. Uno dei due acquista casa nel comune “b” confinante (o anche nello stesso comune “a”) e per effetto della scissione familiare prende la residenza in questo nuovo immobile, che per lui costituirà la “prima casa”. In virtù di tale requisito l’acquisto avverà con l’IVA agevolata (al 4% anzichè al 10%) se acquista da impresa o con analoga riduzione dell’imposta di registro se acquista da privato. Inoltre non pagherà l’Ici e, se per caso il suo datore di lavoro concede contributi a chi acquista la prima casa, beneficerà anche di questi ultimi». Intanto, però, presa la residenza nella nuova casa, i due coniugi continueranno a vivere nella vecchia ed a utilizzare la seconda per gli ospiti o per rilassanti week-end. Navigando su Internet, è possibile incrociare in blog e forum, le testimonianze di imbufaliti impiegati degli uffici anagrafe dei comuni, ben consci del fenomeno: «La signora – denuncia una impiegata – in due mesi non si è mai fatta trovare dai vigili (è facile svignarsela durante il giorno e l’orario di lavoro)… però mi ha risposto serenamente dalla sua (vecchia) casa. Del resto chi le proibisce di andare a trovare il marito e i figli?». La testimonianzaQuindici punti a Vittoria (Ragusa), 12 punti a Noceto (Parma),  8 a Barletta, 5 a Venezia, 5 anche a Palestrina (Roma), 4 a Padova (dove il punteggio viene moltiplicato per coefficenti dati a fasce di valori Isee). Da nord a sud, sempre più frequentemente i genitori sono costretti dal lavoro o scelgono di affidare il loro figlio, almeno per alcune ore al giorno, ad educatrici professionali nel nido: e, alla crescente pressione, non sempre i  Comuni sanno far fronte; di qui l’utilità di una graduatoria, i cui criteri variano da ente locale ad ente locale, ma che in quasi tutti i casi inserisce tra le categorie protette i figli di separati e divorziati. «Quasi che – sbotta Cristina Maculan, originaria di Torino, felicemente sposata con Mauro – il fatto di non vivere più sotto lo stesso tetto assolve uno dei due ex coniugi dall’occuparsi del figlio in età da nido».

Cristina, che ha 50 anni, almeno da 30 fa l’educatrice di nido. «Ho lavorato a Torino e nel suo hinterland, a Milano, a Sesto San Giovanni ed adesso a Roma. E ne ho viste di tutti i colori. A Sesto San Giovanni, in particolare, ho conosciuto mamme conviventi, il cui partner ha legalmente riconosciuto il figlio solo a nido finito. Il motivo: se la coppia si fosse presentata come “coppia”, meglio se sposata, avrebbe avuto molte più difficoltà ad accedere a questo servizio».

La sua esperienza di mamma, invece, ci aiuta nella nostra inchiesta: «qualche anno fa, in occasione in uno dei nostri ripetuti trasferimenti di abitazione, abbiamo cambiato residenza da un comune ad un altro, trovando un diverso regolamento per l’accesso al nido di uno dei nostri figli e restando, così, in fondo dalla graduatoria. Da allora ho cominciato ad indagare, andando a visitare i siti web dei comuni. Posso testimoniare che sì, esser figli di coppie separate fa punteggio quasi ovunque».

Autocertificazioni, chi le verifica?«Vuole la verità? Per noi avvocati è pressoché impossibile capire se i coniugi che si presentano nel nostro studio per avviare le pratiche di separazione, lo fanno per ragioni di convenienza fiscale o per schizzare nelle graduatorie di asili nido e case popolari».  Così Paolo Sanna, avvocato del foro pisano.  «Se ce ne accorgessimo, non potremmo patrocinare quelle pratiche, perché avvalleremmo quella che si potrebbe configurare come una truffa ai danni dello Stato» riprende.

Ma se i coniugi si presentano insieme, d’accordo su tutto, senza apparire minimamente litigiosi… «In diversi casi non hanno interessi “in comune” da spartire. Se non ci sono figli, né beni da dividere, non sussistono particolari motivi di tensione. E laddove entrambi dichiarino che la loro decisione è maturata per “fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare pregiudizio all’educazione della prole” , l’avvocato non può indagare oltre, e deve prendere semplicemente atto della volontà dei coniugi che intendono separarsi».

I controlli sui requisiti necessari ad accedere ad agevolazioni nell’erogazione dei servizi sociali, spetterebbero, invece, ai comuni. E dovrebbero essere fatti sulle autocertificazioni e le dichiarazioni Isee.

La normativa che regola i controlli è il Dpr 445 del 2000. All’articolo 71 stabilisce come «le amministrazioni sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive».

«Ogni ente – ricorda l’avvocato Paolo Sanna – stabilisce con proprio regolamento la percentuale massima e minima di autodichiarazioni da verificare. In media, in Italia, vengono controllate il 12% delle autocertificazioni». La legge 122 del 30 luglio 2010 ha invece istituito presso l’Inps, il casellario dell’assistenza per la «raccolta, la conservazione e la gestione dei dati, dei redditi e di altre informazioni» relative a tutti quei soggetti che hanno diritto alle prestazioni di natura assistenziale. Amministrazioni dello Stato, enti locali, organizzazioni no-profit, tutti gli organismi che gestiscono forme di previdenza ed assistenza dovranno riversare nel casellario tutte le informazioni e i dati in loro possesso: dall’incrocio dei dati sarà più facile dare la caccia alle false autocertificazioni o ai falsi Isee sottoscritti dal cittadini per ottenere esenzioni o riduzioni, ad esempio, sulle tasse universitarie, così come per l’iscrizione all’asilo nido o per altre prestazioni sociali similari. Chi verrà pizzicato ad aver beneficiato indebitamente di esenzioni ed altro, oltre alla restituzione delle somme, sarà chiamato a rispondere penalmente delle false dichiarazioni sottoscritte.

L’Inps si dice pronto alla nuova operazione. Ma le modalità di attuazione dell’articolo devono ancora essere stabilite da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Che tarda ad arrivare.

Quanto agli accertamenti sui redditi, in tempi di vacche magre, questi possono  divenire un business per gli enti locali: se questi si danno da fare, ad esempio, nella lotta all’evasione, lo Stato riconosce loro il 33% di quanto recuperato.

Sarà per questo che, nel recente passato, diversi comuni hanno stipulato una convenzione con l’Agenzia delle entrate per la lotta all’evasione, per scambiarsi «segnalazioni qualificate» su «proprietà edilizie e patrimonio immobiliare, residenze fittizie e all’estero, disponibilità di beni indicativi di capacità impositiva» e molto altro.vI comuni toscani convenzionati con l’Agenzia sono, in scrupoloso ordine alfabetico: Arezzo, Bagno a Ripoli, Capolona, Castagneto Carducci, Civitella in Val di Chiana, Colle Val D’Elsa, Collesalvetti, Coreglia Antelminelli, Figline Val d’Arno, Firenze, Follonica, Fucecchio, Gambassi Terme, Livorno, Montecatini Terme, Montelupo Fiorentino, Montemurlo, Monteriggioni, Pelago, Piombino, Pistoia, Prato, Quarrata, Reggello, Rignano sull’Arno, Rufina, Santa Croce sull’Arno, Sesto Fiorentino, Tavarnelle Val di Pesa, Torrita di Siena e Viareggio. Ma molti altri stanno per farlo.

Le puntate precedenti dell’inchiesta

Lasciarsi a sessant’anni per non perdere la pensione

Famiglia e fisco, il fenomeno delle false separazioni