Toscana
Pendolari in «movimento» per dar forza alla protesta
Quattro pendolari su dieci si lamentano della cortesia e della disponibilità dei dipendenti di Trenitalia, più di sette su dieci (75%) delle informazioni destinate ai pendolari. Infine, uno su due (54%) secondo lo stesso sondaggio, non si sente sicuro. Ma è un dato che non risente ancora dell’impatto emotivo suscitato dalla recente tragedia ferroviaria: «i dati che sta raccogliendo l’associazione a gennaio ci dicono che mai come in questi giorni la gente ha paura di viaggiare in treno».
Si tratta solo di riflesso emotivo? Forse sì. Ma «se Trenitalia ha deciso di investire così massicciamente nella sicurezza anche tra Firenze e Livorno commenta il presidente regionale di Lega Consumatori Pino Staffa evidentemente il tratto in questione non dà sufficienti garanzie di sicurezza». La Lega consumatori della Toscana ha avviato, a Pisa, un movimento per la difesa dei diritti dei pendolari della Toscana (osservatorio.pendolari@virgilio.it, tel. 050 913130, fax 050. 43094, sito www.legaconsumatori.it). Il suo obiettivo: tutelare i diritti di chi paga un abbonamento in anticipo rispetto al servizio di cui usufruisce. «Trenitalia afferma il presidente regionale di Lega Consumatori Pino Staffa rilascia un bonus solo per chi viaggia su convogli di media e lunga percorrenza e non è abbonato. Nessun rimborso è invece previsto per gli abbonati». Fino ad oggi nella sola Lombardia Trenitalia riconosce un indennizzo ai pendolari se i treni non sono stati sufficientemente puntuali. Un modello cui i pendolari toscani guardano con attenzione.
Di recente, la Regione Toscana ha deliberato un indennizzo per quei treni locali che hanno ritardi maggiori rispetto ai trenta minuti. «Una misura insufficiente osserva Pino Staffa e che comunque non vale per gli abbonati, che sono la stragrande maggioranza dei pendolari».
Ma c’è di più. Il nuovo piano aziendale delle ferrovie ha introdotto, dal 2003, una novità: l’abbonamento mensile non può più decorrere da un giorno qualunque, ma solo dal primo del mese. In pratica chi si trova, per motivi professionali o personali, ad utilizzare il treno dal 10 di luglio, è costretto a pagare per trenta giorni di tratta due abbonamenti mensili. E questa «è una discriminazione nei confronti dei consumatori commenta Pino Staffa una prassi che viola apertamente i principi sanciti dalla Carta dei Servizi 2004 di Trenitalia».
Già un centinaio di persone hanno deciso di aderire al Movimento. «Riceviamo e-mail di protesta in continuazione. Il disservizio più ricorrente? La soppressione di partenze. È vero, con Memorario le partenze da e per Firenze sono più frequenti, ma se un treno per un guaio tecnico non parte, in quello successivo i pendolari staranno stretti come sardine. E arriveranno, comunque, in ritardo, al lavoro».
Quando ero studente universitario, andavo a Firenze da Pisa in circa 50/55 minuti. Oggi per la stessa tratta, con le stesse fermate, in media si impiegano 10 minuti in più, se tutto va bene. È, a mia memoria, l’unico caso in cui con lo sviluppo della tecnologia e con il passare del tempo, un servizio peggiori invece che migliorare già nelle dichiarazioni di chi lo offre.
Si potrebbe pensare che, con 10 minuti in più di viaggio, i treni siano almeno più puntuali. Niente di più sbagliato: la media dei ritardi va dai 5 ai 10 minuti al giorno. Sembrano numeri piccoli, ma per un lavoratore dipendente 10 minuti al giorno possono voler dire prendere 15 o 30 minuti di permesso dal lavoro.
Altro punto dolente è l’affollamento. Non dovrebbe essere necessaria una mente geniale per capire quali sono i treni più affollati; basterebbe osservare, per una settimana, i flussi dei passeggeri e poi strutturare le composizioni dei treni in base all’affluenza. Sembra semplice, ma così non è: due esempi su tutti sono il treno delle 7.29, sempre pieno e per cui abbiamo ultimamente vinto una battaglia per l’aggiunta di due carrozze che diminuiscono i disagi, ma non risolvono il problema; il treno delle 18.27 da Firenze nel quale sono pieni finanche i corridoi e gli spazi fra le carrozze e sul quale chi sale a Rifredi non ha la possibilità di mettere piede.
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