Toscana

Per una storia ecumenica in ogni diocesi

di Riccardo BuriganaIl XX secolo ha visto la nascita e la diffusione del movimento ecumenico, prima nel mondo evangelico e poi con un coinvolgimento sempre maggiore di tutti i cristiani, fino alla creazione del Consiglio ecumenico delle Chiese a Amsterdam (1948). Da questo processo la Chiesa cattolica romana si era tenuta in disparte, ritenendo pericoloso promuovere una nuova stagione, fondata sulla reciproca conoscenza e sull’abbandono dell’apologetica controversistica.

In questo contesto la celebrazione del concilio Vaticano II (1962-1965) ha determinato una svolta nella riflessione ecumenica, poiché l’ecumenismo cattolico ha cessato di essere una materia riservata a pochi, vista con sospetto e ostilità da molti; la dimensione ecumenica della fede e della sua testimonianza è diventata centrale come dimostra la promulgazione del decreto sui principi cattolici dell’ecumenismo Unitatis redintegratio (1964), ma sarebbe riduttivo limitare a questo testo la svolta ecumenica del Vaticano II, poiché a tale svolta contribuirono anche altri testi, come la costituzione sulla rivelazione Dei verbum (1965). Si trattò quindi di un processo che coinvolse ampi strati dell’episcopato cattolico, giungendo a influenzare anche ambienti cristiani non-cattolici, come mostrano chiaramente i lavori della IV assemblea della commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese, tenutasi a Montreal nel luglio 1963.

Si disse allora, e si continua a scrivere ancora, che la svolta ecumenica fu dovuta all’azione delle chiese nord-europee, soprattutto di area francofona e germanofona, mentre gli altri furono disinteressati spettatori di quanto accadeva; indubbiamente teologi quali il domenicano francesce Yves Congar, o vescovi, come l’arcivescovo di Magonza Hermann Volk, furono tra i protagonisti di questa svolta, ma tale spiegazione non aiuta a comprendere la ricchezza e la particolarità del movimento ecumenico in Italia, dove fin dagli anni ’50 erano nate, tra cautele e preoccupazioni, iniziative locali per un nuovo modo di intendere i rapporti tra i cattolici, gli ortodossi «scismatici» e gli evangelici «eretici».

Tali iniziative si sviluppavano in una società, quella italiana, che appariva refrattaria a qualsiasi tipo di apertura nei confronti di una testimonianza cristiana diversa da quella apostolica romana, come indicano le non-poche proteste del governo americano nei confronti di quello italiano, per la «persecuzione» delle autorità civili e politiche italiane contro i predicatori evangelici statunitensi nel dopoguerra.

Negli ultimi anni del pontificato di Pio XII, in Italia, si manifestono quindi numerosi tentativi di ripensare i rapporti tra i cristiani, e proprio quest’ecumenismo locale contribuisce alla straordinaria vivacità del movimento ecumenico in Italia nel post-concilio: il diffondersi tumultuoso di iniziative pubbliche, momenti di preghiere, attività editoriali, progetti di ricerca storico-teologico segna profondamente la vita delle diocesi italiane. Si ha così la nascita della commissione per l’ecumenismo della Conferenza episcopale italiana, presieduta da mons. Giuseppe Marafini, che celebra il primo incontro nazionale per l’ecumenismo il 18 aprile 1967; negli stessi anni si va affermando con una presenza capillare su tutto il territorio nazionale il Segretariato per l’attività ecumeniche, un’associazione laica interconfessionale, fondata da Maria Vingiani, per la formazione ecumenica dei credenti e delle comunità.

Di questo tumultuoso procedere, che continua ininterrotto dalla fine del concilio Vaticano II, tra entusiasmo e delusioni, si ha spesso una conoscenza frammentaria, affidata a ricostruzioni episodiche, legate alla memoria dei protagonisti della stagione pionieristica del movimento ecumenico italiano. Manca un sistematico recupero della documentazione (cartacea, audio e video) di questo lungo cammino dell’ecumenismo in Italia in modo da procedere successivamente allo studio, secondo il metodo storico-critico, delle istanze teologiche e delle dinamiche storiche dell’ecumenismo in Italia per comprendere peculiarità e ricchezze da collocare nell’orizzonte più ampio del movimento ecumenico internazionale.

Al recupero della documentazione e alla ricostruzione delle singole realtà si sta impegnando il Centro di Documentazione del Movimento Ecumenico Italiano (CeDoMEI) di Livorno, che ha presentato un progetto «Per una storia dell’ecumenismo in ogni diocesi», in occasione del recente convegno nazionale dei delegati diocesani per l’ecumenismo (Il dialogo interreligioso alla prova – Roma,11-13 novembre 2002). Si tratta di un progetto ambizioso, complesso, oneroso, che necessita della collaborazione della Chiesa italiana locale, ma il CeDoMEI, sollecitato in questo anche dalla Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, presieduta da mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia, è stato ben lieto di promuovere un progetto per la storia ecumenica di ogni diocesi poiché il CeDoMEI, presieduto da mons. Alberto Ablondi, è stato istituito proprio con lo scopo di documentare e arricchire la memoria storico-teologica del Movimento Ecumenico in Italia, con l’apporto e a servizio di singoli, gruppi e istituzioni che lo hanno promosso o lo incrementano.

La conoscenza del cammino ecumenico, mai facile, sempre arricchente e vitale, di ogni diocesi è in grado di offrire un utile contributo alla comprensione della dinamicità della tradizione della Chiesa locale in comunione con la Chiesa universale nell’impegno quotidiano a costruire l’unità visibile di tutti i cristiani nel nome del Cristo, Salvatore delle genti.

Ecumenismo, sconvolti ma non disperati (Alberto Ablondi)