Toscana

Pietro e Marta, due cuori in missione: sei mesi sulle Ande per fare servizio

È dall’altra parte del mondo Sapcha, il villaggio vicino a Chacas, in Perù, verso dove Pietro e Marta, giovani sposi, sono da poco partiti con una missione dell’Operazione Mato Grosso per condividere il lavoro, la vita e i bisogni degli abitanti delle Ande.«Il periodo della missione sarà di sei mesi» ci hanno raccontato prima di partire. «Cercheremo anche il distacco dalla vita in Italia e con chi è qui comunicheremo con lettere cartacee. Ci sarà un telefono da usare per le emergenze, ma quella delle lettere è una tradizione importante anche per l’associazione – spiegano –. Ci sono molte persone dell’Operazione Mato Grosso che vanno e vengono spesso dall’America latina all’Italia, le lettere così vengono portate a mano e nel giro di qualche settimana arrivano a destinazione: anche noi, partendo, porteremo in Perù alcune lettere scritte da chi è in Italia».«Là la povertà è molto grande – racconta Marta – le persone vivono in case fatte di mattoni di fango e fieno pestati. Fa molto freddo – siamo a 3500 metri di altitudine, circa – e la legna non viene usata per riscaldarsi, ma solo per cucinare. La terra viene coltivata e si vive del poco che si ha: mais, patate, tuberi». È la dura vita della montagna. «A Sapcha e Chacas la missione è presente da molto tempo – dice Pietro –, Chacas infatti è la città dove ha vissuto anche padre Ugo De Censi, fondatore dell’associazione. Quanto a noi, sappiamo che vivremo a Sapcha in una casa parrocchiale, dove la porta rimane sempre aperta per chi ha bisogno: lì le persone vengono a chiedere ogni sorta di aiuto, dal cibo a essere aiutate a riparare le case e a ricostruire i tetti».A Chacas c’è anche un ospedale costruito dall’associazione: «Marta darà una mano anche lì, essendo infermiera, io invece dovrò seguire gli operai che chiedono di lavorare come contadini nei terreni annessi alla casa dove staremo – spiega ancora Pietro, che è ingegnere ambientale –. Il fine settimana, poi, seguiremo l’oratorio e il suo gruppo di bambini».È un desiderio, quello di partire, che prende forma dopo tanti anni di lavoro e servizio a sostegno delle missioni: «potremo stare finalmente insieme ai poveri – dicono –. Intanto, sappiamo che dall’Italia i ragazzi continuano a lavorare per sostenere la missione e i nostri amici e le nostre famiglie ci sostengono: questo ci rasserena e ci spinge a partire con entusiasmo». «Normalmente – aggiunge Pietro – lavoriamo in Italia settimanalmente con i giovani dell’associazione: cerchiamo piccoli lavoretti come tagliare l’erba, spaccare la legna, imbiancare. Il ricavato viene inviato in America latina e ripartito secondo le necessità delle missioni. Nei fine settimana di lavoro che organizziamo, poi, può capitare spesso di condividere le giornate con chi è già stato in missione o vive là permanentemente e si trova in Italia per un periodo: c’è occasione di ascoltare tante testimonianze, vedere le foto e sapere quello che succede in America latina».Come è successo con Martino, un seminarista che da Firenze è ormai stabilmente trasferito in Perù: «si trova per un periodo in Italia, ma vive stabilmente nella missione dove andremo anche noi… si è innamorato di quel posto e ce ne ha parlato molto bene», racconta Pietro.Presa l’aspettativa Marta in ospedale e organizzate Pietro le sostituzioni a lavoro, è arrivata quindi l’occasione di partire anche per loro. «Si apre così anche un capitolo nuovo per la nostra famiglia – aggiunge Marta –. Una svolta che speriamo possa servire anche a costruire le fondamenta del futuro della nostra vita insieme».