Toscana

Pillola abortiva, uso fuori dalle regole

DI ANDREA FAGIOLI

E’ dal novembre dello scorso anno che in quattro Aziende sanitarie della Toscana l’interruzione volontaria della gravidanza viene effettuata anche tramite la somministrazione della pillola abortiva Ru486. Eppure ancora oggi la Ru486 viene utilizzata nei diversi presidi ospedalieri secondo criteri e modalità difformi». Lo sostiene Marco Carraresi, capogruppo Udc nel Consiglio regionale della Toscana, che, insieme agli altri due componenti del gruppo, Giuseppe Del Carlo e Luca Paolo Titoni, ha presentato un’interrogazione al presidente della Giunta regionale.

I firmatari hanno la percezione che l’utilizzo vada contro a quanto disposto dalla stessa legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, sia per il fatto che l’intervento deve essere praticato all’interno di un ospedale con un ricovero di tre giorni, sia perché alcune pazienti vengono poi sottoposte comunque ad aborto chirurgico. Carraresi, dati alla mano, dice «che nell’ospedale di Pontedera la quasi totalità delle pazienti, dopo la somministrazione della Ru486, ha richiesto e ottenuto la dimissione volontaria; che a Empoli si è adottato il regime di day-hospital, che il protocollo operativo dell’Azienda ospedaliera universitaria senese prevede, il primo giorno, dopo l’assunzione di 600 mg di Mifepristone, l’“invio a domicilio con la prescrizione di eventuale terapia del dolore ed uterotonici”». All’esponente toscano dell’Udc risulta, come detto, che alcune pazienti sono state comunque sottoposte ad Ivg chirurgica nonostante la somministrazione di Ru486, e che «le percentuali sono in taluni casi – in particolare nel presidio ospedaliero di Empoli (circa il 15%) e in quello di Siena (circa il 30%) – notevolmente superiori a quelle previste dalle linee guida stilate dal gruppo di lavoro del Consiglio sanitario regionale (fra il 2 e il 5%)». Insomma, dove si pratica solo il ricovero di un giorno e dove si manda a casa la necessaria seconda pillola da assumere a distanza di circa 48 ora dalla prima, l’aumento del ricorso all’interruzione di gravidanza chirurgica è evidente.

Da qui l’interrogazione, «motivata – spiega ancora Carraresi – dalla preoccupazione che questo disinvolto operare delle singole Asl, senza che la Regione abbia approvato un apposito protocollo operativo, finisca per aumentare i rischi per la salute e la vita delle donne. Un’interrogazione che chiede di fare chiarezza, sia sul fatto che siano disattese le norme previste dalla 194, che sulla ragioni di un così differenziato ricorso, da parte dei vari presidi ospedalieri coinvolti, all’Ivg chirurgica successivamente alla somministrazione della Ru486».

Carraresi interviene anche sulle dichiarazioni dell’assessore regionale al diritto alla salute, Enrico Rossi, che aveva spiegato che l’introduzione della Ru486 non aveva incrementato gli aborti in Toscana, una delle tre regioni italiane, insieme a Piemonte ed Emilia Romagna, dove è stata avviato l’uso della pillola abortiva.

«Appare una forzatura, anzi un’excusatio non petita, quella dell’assessore regionale alla salute, tanto più – replica Carraresi – che dai dati dell’ultima relazione del Ministero della salute sulla legge 194 emerge che la Toscana è la regione italiana dove, nel corso del 2005, è stata registrata la minore diminuzione percentuale del numero di interruzioni volontarie della gravidanza rispetto all’anno precedente e del relativo tasso di abortività. A fronte di un calo del numero di aborti volontari pari, in Italia, al 6,2% (il 3,8% nell’Italia centrale), la Toscana registra un calo solo dell’0,1%, il peggior risultato a livello nazionale». È per questo che nella interrogazione i tre consiglieri dell’Udc sollecitano anche «l’assunzione di più forti iniziative finalizzate alla prevenzione dell’aborto e all’aiuto alla maternità. Perché non possono certo bastare i proclami e gli annunci periodici, mai seguiti da fatti e progetti concreti».

La replica dell’assessore regionale Enrico Rossi «L’interrogazione non l’ho ancora vista, ma da quello che ho letto sui giornali non so dove siano le novità. L’importante è che non siano aumentati gli aborti rispetto all’anno precedente». Così l’assessore regionale al diritto alla salute, Enrico Rossi, replica attraverso Toscanaoggi (in attesa di farlo in aula) all’interrogazione dell’Udc in Consiglio regionale sull’uso fuori regole della pillola abortiva Ru486. Sul fatto che non verrebbero rispettati i tre giorni di degenza, Rossi ricorda che «è stata mandata a tutte le aziende una guida (realizzata anche da medici non abortisti) nella quale si prevede il ricovero ospedaliero per la somministrazione della Ru486. Ma – tiene a precisare l’assessore – a dirlo non è la legge 194. Non abbiamo dati, ma può essere – ammette – che ci siano stati dei casi nel sistema in cui non è stato fatto il ricovero. È comunque evidente che non può essere fatto in modo coatto». Sulla questione della disparità tra le Aziende sanitarie a proposito del ricorso all’aborto chirurgico nonostante la somministrazione della pillola Ru486, l’assessore circoscrive il fenomeno a Siena: «Stiamo facendo delle verifiche – dice –: cercheremo di capire cosa è successo». «Ma quello che ci deve preoccupare – conclude Rossi – non è il numero degli aborti farmacologici, ma il numero degli aborti in generale. Noi abbiamo ancora più di 8 mila aborti in Toscana. Il dato mi sembra pesante. Dobbiamo creare le condizioni perché la donna possa fare una scelta libera e consapevole di prosecuzione della maternità. A volte a fare battaglie simboliche sfugge il dato essenziale. Ho trovato sempre poco congrua la discussione sulle modalità. Aborto farmacologico e aborto chirurgico sono due tecniche di una sconfitta. Dobbiamo superare, se possibile, questa discussione e vedere tutti insieme cosa si può fare per ridurre nella nostra regione il numero degli aborti».