Toscana

Pisa, la pillola della discordia

di Andrea Bernardini

Un medico può rifiutarsi di prescrivere la pillola del giorno dopo? E un politico o un direttore sanitario possono costringere un medico ad andare contro la sua coscienza? Il dibattito sorto intorno a questi temi tiene banco da due settimane. Da quando, cioè, un presunto scoop del Tirreno ha raccontato la storia di due ragazze che avrebbero faticato per trovare un camice bianco disponibile a prescrivere – o a somministrare loro – la pillola del giorno dopo. Secondo la ricostruzione de Il Tirreno, una di loro si sarebbe recata a notte fonda insieme al fidanzato alla guardia medica del villaggio I Passi (che serve tutta la città di Pisa), dove i due avrebbero trovato, alla porta, un cartello che recitava così: «non si prescrive la pillola del giorno dopo. Entro 72 ore rivolgersi al medico curante, privato, pronto soccorso, consultorio» con tanto di indirizzo. La ricerca sarebbe proseguita, appunto, al pronto soccorso, dove però la ragazza sarebbe stata ricevuta da un medico alle sei del mattino (prima ci sarebbe stato un medico obiettore). La prestazione – ribattono dall’Azienda ospedaliera – rientra tra i codici bianchi e, dunque, quando l’ambulatorio dei codici bianchi è chiuso, bisogna attendere che vengano smaltite prima le urgenze.

Nella ricostruzione del Tirreno l’altra ragazza avrebbe invece raccontato di essersi recata direttamente al pronto soccorso, insieme ad un’amica, ma di non aver saputo aspettare né di aver avuto soddisfazione dalla guardia medica – cui al triage avrebbero detto di far riferimento («le conviene aspettare il suo turno al pronto soccorso, qui nessuno gliela prescriverebbe» le avrebbero risposto telefonicamente alla guardia medica); finché, per prendere in fretta e furia quella pillola, avrebbe tirato giù dal letto il parente medico che le avrebbe prescritto il Norlevo.

L’Azienda ospedaliera racconta un’altra versione: alla donna sarebbe stato semplicemente detto di aspettare il suo turno. E la pillola le sarebbe stata somministrata regolarmente, anche se qualche ora più tardi. Ma in questo caso la data della ricostruzione del Tirreno e quella fornita dall’Asl non coincidono…

Il presunto scoop, nei giorni successivi, sarebbe stato supportato dal racconto di una new entry collaboratrice del quotidiano livornese, Elisa Cecchi, cui il Tirreno avrebbe chiesto di presentarsi alla guardia medica simulando di aver avuto, poche ore prima, un rapporto a rischio e per questo di temere di esser rimasta incinta. Se vi siete perso quel numero del quotidiano labronico, andate pure a cercarvi sul motore di ricerca il suo blog dove, all’inchiesta, è associata – tra l’altro – una videodichiarazione del ginecologo Silvio Viale, noto per la spavalda sperimentazione della pillola Ru486 al Sant’Anna di Torino e che, dietro lo striscione dell’associazione Luca Coscioni, invita tutte le donne a segnalare eventuali casi di non prescrizione della pillola del giorno dopo ad Usl, Aziende ospedaliere e procura… chiosando: «forse non servirà a voi, ma alle donne che verranno dopo di voi, sì». Lo stesso Viale che martedì, all’hotel Victoria a Pisa, ha firmato prescrizioni di Norlevo «a titolo preventivo» a chi ne faceva richiesta.

Di lunedì scorso la denuncia di un nuovo caso di pillola non prescritta: nello studio di un legale pisano, ecco altri due giovani che raccontano agli organi di stampa (e in particolare a Radio Radicale che per l’occasione ha organizzato una diretta) la loro odissea. Lei, Mauriana Pesaresi, 24 anni, studentessa universitaria, lui 26 anni, Luca Nicotra tesoriere dell’associazione radicale LiberaPisa presieduta da Marco Cecchi e candidato alle elezioni comunali con la lista «Italia dei Valori». Il fatto sarebbe avvenuto lo scorso 1° e 2 febbraio… un «incidente di percorso» nell’intimità li avrebbe fatti precipitare alla guardia medica de I Passi. Dove avrebbero trovato il solito cartello e sarebbe stato rivolto loro il consiglio di rivolgersi al medico di famiglia («Ma io l’ho a Chieti, un po’ fuori mano» avrebbe detto la ragazza). Quindi il trasferimento in ginecologia, dove l’infermiera avrebbe riferito che a quell’ora c’era una donna medico obiettrice. Infine, dopo tanta insistenza, una visita ginecologica – con tanto di ecografia – da cui sarebbe risultato che, no, la ragazza non aveva necessità del farmaco.

Se l’Azienda ospedaliera ha fatto quadrato intorno al servizio di triage del Santa Chiara, la Ausl ha aperto una inchiesta interna per verificare come si sono svolti i fatti. Nei giorni scorsi è stata ascoltata la versione di sei delle undici guardie mediche: quelle presumibilmente presenti all’epoca dei fatti raccontati dal Tirreno e forse anche della ricostruzione dell’Azienda ospedaliera. Versione che sarà raffrontata con il registro delle telefonate e delle visite effettuate in quei giorni (ma i medici di guardia annotano le prestazioni non rilasciate?). Mentre il procuratore Antonio Di Bugno ha aperto un fascicolo, raccogliendo gli articoli usciti sull’argomento.

Fin qui i fatti, peraltro difficilmente verificabili: su cui, però – almeno noi e non ce ne vogliano i colleghi di altre testate – percepiamo puzza di montatura. Ad esempio lo stesso Tirreno non ha trovato i cartelli dell’accusa affisso alla porta, ma, dicono, sopra un dispenser di merende e bibite.. e nelle foto scattate dal fotografo sono sorretti da un collaboratore.

I commenti hanno invece imperversato per giorni e giorni e coinvolto politici locali, consiglieri regionali, deputati, persino il ministro Livia Turco che aveva scritto una lettera aperta ai medici; medici pisani, ordini dei medici di Pisa, Roma, Milano… e poi bioeticisti, filosofi, editorialisti. Tutti partiti dalla domanda: può un medico non prescrivere la pillola del giorno dopo? La questione è annosa: nel 1992 l’allora ministro Maria Pia Garavaglia (oggi Pd) nella relazione sull’attuazione della legge 194 scriveva «è motivo di preoccupazione il diffondersi probabile di metodiche impropriamente chiamate contraccettive che, in realtà, non impediscono la fecondazione dell’ovulo, e che però non vanno catalogate nel campo della contraccezione. Variamente denominate (pillola del giorno dopo, contragestazione, pulizia mestruale) queste metodiche vengono usate dopo un rapporto non protetto, omesso l’accertamento della gravidanza. Sfuggono perciò ad ogni controllo, anche se violano la legge 194, il cui articolo 1 non distingue tra tutela della vita prima o dopo l’impianto e possono aumentare in modo non verificabile la quantità di abortività clandestina».

Ci sono pareri diversi sul meccanismo di azione del Norlevo. Una sentenza del Tar del Lazio di sette anni fa, ad esempio, obbligò la ditta produttrice della pillola del giorno dopo a scrivere nel foglio illustrativo che il farmaco impedisce l’impianto dell’ovulo eventualmente fecondato. Un pronunciamento del Dipartimento di salute riproduttiva dell’Organizzazione mondiale della sanità ha invece osservato come «la contraccezione di emergenza con levonorgestrel ha dimostrato di prevenire l’ovulazione e di non avere alcun rilevabile effetto sull’endometrio (la mucosa uterina) o sui livelli di progesterone, quando somministrata dopo l’ovulazione». Ma gli studi, come riferisce lo stesso professor Facchini da noi intervistato qui sotto, mettono in crisi questo assunto. E rimettono al centro la questione morale: se il Norlevo agisce anche sull’ovulo fecondato, beh, in quel caso può essere considerato un abortivo. E si può far ricorso all’obiezione di coscienza. In questo senso, del resto, si è espresso nel 2004 il Comitato nazionale di bioetica che, all’unanimità, ha affermato il diritto del medico che non voglia prescrivere la pillola del giorno dopo ad appellarsi al vincolo di coscienza. Vincolo di coscienza – ricostruiscono i legali dell’associazione Scienza & Vita – che secondo la Federazione nazionale dei medici è equiparabile al diritto all’obiezione di coscienza.

Insomma, la questione è ancora aperta. I giornali, però, hanno sottovalutato (o forse non l’hanno proprio trovata) una notizia che invece è fondamentale per leggere questa vicenda. Degli 11 medici di guardia in servizio al distretto del villaggio Cep, solo due – per quanto ci risulta – sono obiettori. Gli altri (o almeno molti di loro) non prescrivono la pillola per ragioni… di buon senso. Il dottor Marco Bardelli è uno dei medici di guardia: «Ogni notte c’è un via vai di ragazzine che suonano alla nostra porta pretendendo la pillola del giorno dopo. Non conosciamo la loro storia medica e, d’altronde, il Norlevo è un ormone e come tutti gli ormoni può produrre effetti collaterali: dunque non ce la sentiamo di prescriverla su richiesta… è per questo che chiediamo alle ragazze di rivolgersi, di lì a poche ore, al loro medico di famiglia». Un imbarazzo, questo, che – a quanto risulta a Toscanaoggi – coinvolge molti medici non obiettori. E, in effetti, il documento con cui il dottor Giovanni Belcari ha rivendicato le ragioni dell’autonomia di scelta dei medici se prescrivere o meno questo o un altro farmaco porta la firma, soprattutto, di suoi colleghi non obiettori.

L’intervista: Blocca l’ovulazione ma anche l’impiantoLa pillola del giorno dopo? Non è priva di controindicazioni. Così il professor Virgilio Facchini, già direttore della clinica di ginecologia e ostetricia dell’ospedale «Santa Chiara» a Pisa.

Perché tanto successo del Norlevo?

«La pillola del giorno dopo è, tra le cosiddette contraccezioni d’emergenza, quella cui l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) riconosce maggiore efficacia e minori effetti collaterali. È per questo che sta avendo così gran successo, a differenza della spirale (la cui applicazione richiede comunque l’intervento di un ginecologo) e degli estroprogestinici, che, ai progestinici associano, appunto, gli estrogeni».

Come agisce?

«È molto discusso. Il Norlevo, da studi indiretti, sembra ritardare o inibire l’ovulazione; è discussa anche una alterazione del trasporto degli spermatozoi e degli ovociti nelle tube ovariche, in modo da inibire la fertilizzazione. Tuttavia, ricercatori del Karolinska Institute (Trussel 2006), in una revisione sull’argomento hanno dimostrato che il levonorgestrel può alterare anche l’endometrio, potendo inibire in questo modo l’impianto dello zigote, ossia del primo elemento costitutivo del neoconcepito embrione. E questo pone non pochi problemi etici».

Ottiene l’effetto sperato di chi non vuol rimanere incinta?

«I diversi studi che hanno analizzato la capacità del levonorgestrel di inibire o ritardare l’ovulazione hanno dato risultati diversi: nello studio di Landgren (1989) il farmaco ha avuto effetto nel 30,5% dei casi, in quello di Chang-Hai (1991) nel 14,4%, in quelli più recenti di Hapangama (2000) nel 41,6% e di Durand (2001) nel 26,6% delle donne che lo hanno assunto. Lo studio di Mikolajcczyk (2007) ha valutato che se il farmaco agisse solo bloccando l’ovulazione, avrebbe successo tra l’8 ed il 49% dei casi, variabilità da ricondurre al tempo intercorso tra rapporto sessuale ed assunzione del farmaco. L’Organizzazione mondiale della sanità, invece, parla di un successo pari all’ 85%. Quel dato non può che essere riferito alla capacità complessiva di inibire la fertilizzazione: quindi alla sua capacità di inibire l’ovulazione e di inibire l’impianto. Ma il campione utilizzato è, verosimilmente, lontano dalla realtà dell’attuale popolazione femminile: ci si è basati infatti, come controllo, sul campione storico di Wilcox: soggetti sani, senza alcun problema di fertilità, in cerca di gravidanza».

Quali gli effetti collaterali?

«Nausea, vomito, perdite ematiche, astenìa, cefalea. Tempo fa mi arrivò la richiesta di una perizia per una donna che aveva contratto una malattia autoimmune che il medico di famiglia imputava all’assunzione di pillola del giorno dopo».

Quali le controindicazioni?

«Gli stati di predisposizione alle tromboembolie, gli stati di alterazione della funzionalità epatica, di insensibilità al levonorgestrel e/o agli eccipienti».

Si è parlato molto in questi giorni delle donne che, dopo un rapporto a rischio, avrebbero faticato per trovare un camice bianco disposto a prescrivere la pillola abortiva. Quante possibilità di rimanere gravide avrebbero avuto se non fossero arrivate a quel farmaco?

«Uno studio di Levine (2006) sostiene come solo il 4% delle donne che richiedono la contraccezione d’emergenza dopo un rapporto a rischio rimangono gravide. Con la pillola la possibilità si riduce dell’1-2%».

Il parere dell’assessore regionaleL’assessore regionale alla sanità, Enrico Rossi, da noi interpellato pochi giorni dopo l’uscita dei primi due casi, aveva dato una sua lettura degli episodi denunciati. «Dobbiamo tutelare il diritto della persona ad accedere ad un farmaco normalmente prescrivibile secondo i Livelli essenziali di assistenza e organizzare il servizio nel modo più efficiente e rispettoso per tutti – ci aveva detto –. Mi pongo però anche una domanda che è di natura giuridica generale: se cioè un medico dipendente di una struttura pubblica possa decidere legittimamente di rifiutare un servizio previsto nei Lea. Sarà la magistratura a fare chiarezza. Quello che invece mi sento di pretendere come assessore, chiedendo severità di verifica anche ai direttore generali in questa come in altre occasioni, è che tutti gli operatori del Servizio pubblico prendano in carico le persone e i loro problemi con umanità e rispetto, informando, indirizzando, indicando le migliori soluzioni. Un cartello come quello affisso a Pisa non mi sembra testimoni questa capacità di presa in carico».