Toscana

Pisa. Il Tar «salva» due migranti ai quali la prefettura aveva revocato accoglienza

L’accesa protesta avviene a febbraio, a maggio l’ufficio territoriale del ministero dell’Interno revoca la misura dell’accoglienza, dando il via di fatto alla loro espulsione. In quell’occasione presenta un quadro allarmante: il litigio sarebbe degenerato, i due migranti avrebbero minacciato l’operatore, impedendogli di uscire. Un fatto che ha portato al loro arresto e al deferimento per il reato di violenza privata e rifiuto di fornire generalità. A dar loro manforte sarebbe intervenuto anche un terzo migrante, anch’egli arrestato. La prefettura rammenta, contestualmente, che ai migranti in questione sono state indirizzate, nel corso del tempo, sette lettere di richiamo per le ripetute assenze ai corsi di italiano. Inoltre, i richiedenti asilo avrebbero rifiutato di firmare il regolamento della struttura. In più di un’occasione, inoltre, non avrebbero rispettato l’orario di rientro serale.

A luglio, tuttavia, i due decidono di affidarsi a un legale e di presentare un ricorso al Tribunale amministrativo regionale. I ricorrenti affidano numerosi motivi di doglianza alle toghe amministrative, contestando alla prefettura un difetto di istruttoria e di motivazione sull’accesa protesta dello scorso febbraio. Intravedono anche una mancanza di proporzionalità nei decreti emessi contro di loro. Ammettono solo di aver saltato delle lezioni di lingua italiana, ma questo ha una spiegazione precisa: mancava un mediatore linguistico e l’insegnante non usava né l’inglese né il francese per accorciare la distanza. Soprattutto fanno presente che non è stato incardinato nessun procedimento penale a loro carico.

Un primo riscontro positivo per i ricorrenti arriva a settembre con la decisione del Tar di accogliere la richiesta di sospensiva. La sentenza di merito arriva oggi. Secondo i giudici la prefettura non ha fatto sufficientemente luce sulla lite con il gestore della struttura prima di procedere alla revoca dell’accoglienza: «Non viene effettuato alcun approfondimento circa le ragioni di tale protesta la quale, di per sé, non costituisce motivo legittimo per la revoca irrogata ai ricorrenti», afferma in maniera netta la sentenza. Per poi affondare il colpo: «In assenza di indagine su dette ragioni non appare che si possa ragionevolmente dedurre, come operato nei provvedimenti impugnati, che essi possano nel futuro rendersi autori di fattispecie di reato e violazioni di regolamento». E se il clima nella struttura era complicato, aggiunge la seconda sezione del tribunale amministrativo, questa tensione «avrebbe dovuto indurre l’amministrazione ad approfondire l’esistenza o meno di motivazioni della protesta, ascoltando i rappresentanti dell’ente gestore al fine di avere un quadro completo della situazione».

Le tesi dei ricorrenti, dunque, ottengono un successo pieno, ad eccezione di un punto: a causa di un difetto di forma non vengono ammessi al gratuito patrocinio a spese dello Stato. Il loro avvocato è abilitato a tale patrocinio solo per il processo civile.