Toscana

Prato, Dossier Caritas: la povertà aumenta e si cronicizza

La povertà a Prato aumenta e si «cronicizza». A dirlo è la Caritas diocesana nel suo nuovo Rapporto presentato questa mattina ai sacerdoti pratesi. Se l’identikit dell’assistito tipo non è cambiato, è prevalentemente una donna straniera tra i 30 e i 45 anni, in regola col permesso di soggiorno, sposata con figli e disoccupata, avanzano invece i nuovi poveri, essenzialmente italiani.

Ad aumentare (del 3,4% negli ultimi due anni) sono uomini tra i quaranta e i sessant’anni, disoccupati, padri di famiglia e con una bassa istruzione. Persone che sempre più spesso si rivolgono alla rete delle realtà caritative diocesane.

È il risultato più evidente del Rapporto povertà e risorse, curato da Massimiliano Lotti e Michele Del Campo, con dati raccolti prendendo in esame due anni, il 2011, il 2012 e i primi sei mesi del 2013. Punto di osservazione sono quegli avamposti della carità che quasi quotidianamente ricevono richieste di aiuto da chi si trova in difficoltà e non sa a chi rivolgersi. Si tratta degli uffici della sede centrale della Caritas in via del Seminario, i centri di ascolto di una ventina di parrocchie, l’ambulatorio per stranieri temporaneamente presenti presso il centro Giovannini, due conferenze della San Vincenzo, due gruppi di Volontariato vincenziano e la mensa Giorgio La Pira.

«Stiamo parlando di numeri – ha fatto notare il direttore della Caritas Idalia Venco – ma non dimentichiamoci che dietro ci sono persone che stanno vivendo momenti di difficoltà e disagio. Ci sono famiglie che prima non erano abituate a bussare per chiedere un aiuto, coniugi colpiti da una crisi che purtroppo sta minando le relazioni». Michele Del Campo ha compiuto un’analisi sociologica del Rapporto ed ha indicato nella «cronicizzazione» il problema più evidente. «Prima molte persone passavano dalla Caritas per bisogni momentanei – spiega Del Campo – adesso chi si affaccia e chiede rischia di permanere nella crisi, rischia l’esclusione sociale».

Venco e Del Campo lanciano anche un appello affinché ci sia una «concertazione benefica», un’alleanza tra privato sociale e mondo delle istituzioni. «Si tratta di un’azione di capitale importanza in questo momento di crisi – afferma la Caritas – ognuno deve iniziare ad assumersi le proprie responsabilità, altrimenti non usciremo mai da questo tunnel».

I Dati. Il primo dato che emerge con chiarezza è il sensibile aumento di coloro che decidono si rivolgersi ai centri di ascolto. Nel primo semestre di quest’anno hanno chiesto un aiuto 2185 persone, delle quali il 66,6% di nazionalità straniera, mentre gli italiani sono stati il 33,4%. «Questi dati ci portano a pensare che alla fine del 2013 si avranno almeno mille utenti in più rispetto a quelli registrati nei due anni precedenti», spiega Massimiliano Lotti della Caritas. Già tra il 2011 e il 2012 c’è stato un aumento di 188 persone (57 italiani in più e 131 stranieri). Secondo Lotti «c’è una grossa difficoltà a uscire dai percorsi di sostegno» e questo vale per gli italiani; nel 2013 i già conosciuti sono l’84,2% del totale mentre tra gli stranieri è il 79,7%. Se confrontiamo questo dato con il 2011 vediamo come i nostri connazionali che chiedono aiuto e poi diventano abituali dei centri di ascolto, aumentano del 7,2% e addirittura del 14,6% tra gli stranieri. «Questo significa che più dura la crisi più ci saranno bisognosi da prendere in carico in modo continuativo», osserva Del Campo.

La persona che si rivolge ai centri di ascolto è donna (64,3%), il dato è stabile nel tempo e sostanzialmente simile tra italiani e stranieri. Per quanto riguarda l’età degli utenti, negli ultimi anni si è registrato l’aumento delle persone anziane, soprattutto italiane. Tra gli stranieri la fascia più numerosa è quella dei 30-45 anni (54,9%) mentre tra i nostri connazionali quella maggiore è 46-65 (51,3%), aumentata dal 2011 di 3 punti percentuale. «Questo dato rappresenta un indice di aumentata sofferenza in coloro che in età avanzata hanno perso il lavoro e non riescono a ritrovarlo e tra i pensionati che non hanno entrate sufficienti a sostenere il costo della vita», commenta Lotti.

Per quanto riguarda lo stato civile il 54,3% sono coniugati, il 13,3% sono separati o divorziati. Negli ultimi due anni sono aumentate, anche se di poco (+1,4%), le coppie di sposi bisognose. Sul titolo di studio abbiamo detto che i cittadini stranieri hanno un grado di istruzione più elevato: il 26,2% ha la licenza di media superiore e addirittura quasi il 7% sono laureati, mentre il 44,6% ha la licenza media inferiore, il 31,3% solo quella elementare (l’1% ha la laurea).

Nel 2013 sono quella albanese e marocchina le nazionalità maggiormente presenti ai centri di ascolto (entrambe rappresentano l’11%), poi ci sono i rumeni (9,2%), nigeriani (8,2%) e i cinesi (6,1%). Proprio gli albanesi stanno vivendo una «povertà di ritorno». «Molte sono persone arrivate qui negli anni Novanta – fa notare Lotti -, inizialmente si rivolsero alla Caritas, poi sono riuscite a trovare un lavoro e a sistemarsi, adesso, complice la crisi, si sono ripresentate ai nostri sportelli».

Le problematiche. Il 70,4% di coloro che chiedono aiuto sono disoccupati (il 64,5% tra gli italiani, il 73,4% tra gli stranieri). Si rivolgono anche gli occupati (16,4%) e i pensionati (4,2%; la percentuale aumenta tra i nostri connazionali: 12,2%). Col tempo aumentano, come è facile immaginare, coloro che non hanno un lavoro (+2,8%). Qui c’è da specificare che per qualsiasi richiesta di lavoro ormai da qualche tempo la Caritas indirizza verso lo sportello cerco/offro gestito dall’associazione Cieli Aperti che si trova alla parrocchia del Soccorso.

Agli operatori dei centri di ascolto viene chiesto un sostegno per far fronte a problemi economici (il 47,2% delle richieste) e il bisogno di un lavoro (26,5%). Tra gli immigrati ci sono anche problematiche legate alla casa e ai documenti di soggiorno ma anche alla istruzione. In aumento le richieste di viveri (quindi di avere la tessera dell’Emporio) e di vestiti.

Tre sono gli interventi più ricorrenti da parte dei centri di ascolto: il pagamento delle bollette (in particolare quella dell’Enel), pagamenti vari per bisogni immediati (ad esempio anche un biglietto del treno) e contributi per i servizi sanitari o l’acquisto di medicinali.

I centri di ascolto. Fanno un lavoro silenzioso, costante e impegnativo. Centri di ascolto, o comunque punti di aiuto, sono rappresentati dalle venti Caritas parrocchiali, sedici delle quali hanno collaborato alla raccolta dati perché informatizzate, ovvero quelle presso Santa Maria delle Carceri, Casale, Chiesanuova, Coiano, Galciana, San Pietro a Iolo, Maliseti, Mezzana, Narnali, Reggiana, Resurrezione, San Paolo, Sant’Agostino, Santi Martiri, Tavola, Tobbiana. Poi ci sono due Conferenze di San Vincenzo, Galcetello e San Domenico, il Gruppo di Volontariato vincenziano di Prato Centro e di San Giuseppe e la Mensa Giorgio La Pira. Insieme agli uffici di via del Seminario e all’ambulatorio al Centro Giovannini, rappresentano la rete informatica diocesana.

Per dare un’idea del loro lavoro possiamo dire che, nei primi mesi del 2013, hanno effettuato 6573 colloqui, mentre lo scorso anno sono stati 13.565. Gli operatori Caritas sul territorio sono circa 80, «persone che mettono a disposizione il proprio tempo per gli altri», commenta il direttore Idalia Venco. Per la loro formazione vengono organizzati quattro incontri l’anno, «per far sì che il loro servizio sia sempre più aggiornato e qualificato». «Ma quello che conta – conclude Idalia – è che questi operatori “ascoltano” veramente chi ha bisogno, l’aiuto non è solo quello materiale. È fondamentale farsi prossimo per gli altri e condividere le difficoltà di chi soffre».