Toscana

Prato, brucia fabbrica cinese, sette morti

«Presumibilmente i morti sono sette, ma fino a quando non avremo completamente ripulito l’area del capannone non possiamo esserne sicuri». Così i vigili del fuoco che da stamani poco dopo le 7, quando sono stati chiamati, stanno lavorando per cercare di recuperare tutte le persone coinvolte nell’incendio e mettere in sicurezza il capannone in cui si trovava la ditta gestita da cinesi andata a fuoco.

Al primo cadavere rinvenuto (quello di un uomo) si è aggiunto a metà mattinata il corpo carbonizzato di una seconda vittima e, intorno alle 12,30, un terzo cadavere anch’esso carbonizzato. Poi alle 13.20 la notizia della quarta persona morta. Il bilancio provvisorio è stato infine aggiornato alle 13.50 con la notizia del quinto morto. Poi nel pomeriggio il ritrovamento di altri due corpi. Quattro connazionali sono stati ricoverati in ospedale. Due dei feriti versano in condizioni gravissime. Sul posto sono subito accorsi i parenti dei cinesi dispersi, visibilmente preoccupati per le sorti dei loro cari. Le fiamme hanno causato il crollo di una parte del fabbricato che sarebbe adibito a dormitorio: piccoli ambienti ricavati con pareti di cartongesso e dove probabilmente si trovava a dormire l’uomo trovato morto.

L’azienda andata a fuoco all’alba di stamani è nella zona del Macrolotto di Prato, in via Toscana, una delle aree a maggiore densità di ditte orientali. Ancora non è chiaro come si siano sviluppate le fiamme.

Sarà l’indagine disposta dalla magistratura a chiarire le cause dell’incendio, ma quello che è certo già da ora è che in quella fabbrica vivevano e lavoravano ammassati decine di operai cinesi. «Tutti sanno che da anni tra Firenze e Prato ci sono centinaia, se non migliaia, di persone che vivono e lavorano in condizioni praticamente di schiavitù», ha dichiarato il segretario generale della Cisl di Firenze e Prato, Roberto Pistonina. Sulla vicenda si è alzata forte anche la voce del vescovo di Prato, mons. Franco Agostinelli: «E’ l’ora di dire basta a condizioni di lavoro disumane in mezzo a noi».

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