Toscana

Prato, in piazza contro la crisi

di Gianni Rossi

Ventritré anni fa, un Papa, Giovanni Paolo II, lodava i pratesi per il loro modello economico, ma li metteva in guardia dal troppo lavoro. Era il 19 marzo 1986, data memorabile della visita a Prato in occasione delle festa di San Giuseppe, patrono dei lavoratori. Ventitré anni dopo sembra passata davvero un’epoca. Un altro Papa, Benedetto XVI, domenica 1° marzo parla di Prato. Ma ne parla preoccupato per la crisi economica che l’attanaglia e per le conseguenze negative che affliggono lavoratori e famiglie. Nel mezzo, tra le due date, c’è la globalizzazione, c’è la concorrenza sempre più agguerrita e spesso sleale dei paesi emergenti, c’è la crisi finanziaria mondiale. Sono queste le cause principali – insieme, certo, ad alcune debolezze strutturali o, se volete, ad alcune mancate scelte lungimiranti – delle difficoltà sempre più serie che sta attraversando il distretto tessile pratese.

I numeri parlano chiaro: dal 2000 ad oggi le imprese tessili della provincia di Prato sono diminuite del 37,1%; l’export negli ultimi 6 anni si è contratto del 34,3% e i dipendenti del settore sono diminuiti di quasi 9 mila unità; solo negli ultimi quattro mesi del 2008 la produzione è diminuita del 12,4%. La conseguenza? Quattro licenziamenti al giorno in media nel 2008 e le ore di cassa integrazione aumentate del 90%. Numeri da far paura.

Benedetto XVI e i suoi collaboratori – che forse erano già al corrente delle numerose iniziative intraprese dal vescovo di Prato Gastone Simoni per aiutare le famiglie in crisi – avranno probabilmente letto della grande manifestazione che si è tenuta sabato 28 febbraio per le vie della città laniera. Lo striscione tricolore da guinnes dei primati, lungo più di un chilometro, retto in corteo da duemila persone, ha «bucato», come si dice in gergo, telegiornali nazionali e prime pagine dei grandi quotidiani. Per le vie della città laniera hanno sfilato 8 mila persone che con voce sola hanno detto: «Prato non deve chiudere». Fianco a fianco c’erano dipendenti, cassintegrati, piccoli artigiani, grandi imprenditori: una manifestazione corale che è già di per sé un successo, in una città non abituata a scendere in piazza e dove, negli ultimi anni, i particolarismi rischiavano di compromettere definitivamente quel tessuto sociale coeso che ha fatto grande Prato nel dopoguerra. Tutti insieme hanno reclamato dal Governo e dalla Regione misure urgenti per contrastare le conseguenze più gravi della crisi. Ma anche, hanno chiesto, un sostegno per rinnovare e trasformare il comparto tessile e l’economia locale.

«Siamo la “Fiat del tessile italiano”, eppure di noi nessuno si ricorda», hanno affermato gli organizzatori della manifestazione di sabato 28. «Bene gli incentivi statali al settore auto, al mobile e agli elettrodomestici. Ma il tessile – ha denunciato con forza il presidente degli industriali Riccardo Marini dal palco – che è la vera spina dorsale del made in Italy, è stato dimenticato dal Governo». Il presidente della Provincia Massimo Logli è stato il vero regista dell’intera iniziativa, frutto del lavoro di mesi portato avanti nel «tavolo di distretto»: «Prato ha dato tanto all’Italia. Per decenni – afferma – è stato uno dei principali motori della ricchezza nazionale e del made in Italy. Non ha mai chiesto niente, ma ora siamo in difficoltà serie». Tra le «misure straordinarie e incisive» richieste dai pratesi al Governo e alla Regione ci sono un nuovo finanziamento per la cassa integrazione in deroga per imprese artigiane e industriali con meno di 15 dipendenti e una politica del credito che agevoli chi vuole lavorare e investire. Alla Regione Toscana, per esempio (il presidente Claudio Martini è stato sindaco di Prato e in riva al Bisenzio si aspetterebbero una maggiore sensibilità), i pratesi chiedono la promozione di una linea di finanziamento alle imprese legata alla riorganizzazione finanziaria e alla capitalizzazione delle aziende, l’aggancio anche per le imprese locali all’intesa esistente fra Regione, banche e Confidi per facilitare il credito e abbassare gli interessi, la costruzione di un fondo a carattere locale, cofinanziato dalla Regione, che abbatta lo spread bancario sulle operazioni a breve, medio e lungo termine.

Il Papa, nell’Angelus, ha sottolineato come ci sia bisogno di «un comune e forte impegno». I pratesi hanno di fronte questa grande sfida, se vogliono che la manifestazione non sia solo il successo di un giorno. Lo ha sottolineato anche il vescovo Simoni: «Solo insieme si può uscire dalla crisi», ha ripetuto più volte. Nonostante la crisi, il distretto tessile pratese c’è e lavora. Rappresenta da solo il 18% dell’export italiano nel tessile, il 23% delle aziende e il 19% degli occupati. In tutto sono al momento attive 7.522 aziende per un totale, tra settore tessile e indotto, di 60 mila addetti, i due terzi degli occupati dell’intera provincia.

«Al Papa – ha affermato il presidente Logli – diciamo grazie per questa attenzione straordinaria a Prato e al valore di chi lavora. È da questo valore che dobbiamo ripartire». Concetti che il Vescovo di Prato aveva, dal canto suo, sottolineato nella lettera di adesione alla manifestazione di sabato 28 febbraio. Tra l’altro Simoni ribadiva: « I capitali accumulati col lavoro di moltissime persone devono servire al lavoro, e non solo al profitto».

Alla manifestazione aveva aderito anche il Vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi, nel cui territorio diocesano sono ricompresi alcuni comuni del distretto tessile pratese: «Tante delle nostre famiglie – scriveva – stanno soffrendo le conseguenze di una crisi pesante ed è giusto che il forte messaggio indirizzato dal vescovo Gastone Simoni a chi domani sfilerà nelle vie di Prato sia accompagnato dalla convinta adesione del vescovo di Pistoia e, suo tramite, dell’intera comunità ecclesiale».

E Benedetto all’Angelus sorprende tuttiPer i pratesi è stata una grande sorpresa. Benedetto XVI all’Angelus di domenica 1° marzo ricorda inaspettatamente la crisi economica e produttiva che negli ultimi anni ha investito il più grande distretto tessile europeo. Dopo aver salutato il lavoratori dello stabilimento FIAT di Pomigliano d’Arco, presenti in piazza S. Pietro, il Papa ha proseguito: «Penso anche ad altre situazioni ugualmente difficili, come quelle che stanno affliggendo i territori del Sulcis-Iglesiente, in Sardegna, di Prato in Toscana e di altri centri in Italia e altrove. Mi associo – ha aggiunto – ai Vescovi e alle rispettive Chiese locali nell’esprimere vicinanza alle famiglie interessate dal problema, e le affido nella preghiera alla protezione di Maria Santissima e di San Giuseppe, patrono dei lavoratori. Desidero esprimere il mio incoraggiamento alle autorità sia politiche che civili, come anche agli imprenditori, affinché con il concorso di tutti si possa far fronte a questo delicato momento. C’è bisogno, infatti, di comune e forte impegno, ricordando che la priorità va data ai lavoratori e alle loro famiglie».

L’appello è giunto all’indomani della grande manifestazione con lo slogan «Prato non deve chiudere» tenutasi sabato 28 febbraio per le vie della città. Le parole di Bendetto XVI hanno avuto grande eco a livello nazionale e, ovviamente, a Prato. Delle gratitudine dei pratesi si sono fatti interpreti il presidente della Provincia Massimo Logli, il sindaco di Prato Marco Romagnoli, il presidente degli industriali Riccardo Marini, i rappresentanti dei sindacati.

Ad essere colto di sorpresa è stato anche il vescovo Simoni, che era in Molise per alcune conferenze. «Il primo sentimento è di sincera gratitudine al Santo Padre. Sapere che, insieme ad altri centri gravemente colpiti dalla crisi in Italia, Prato è nei pensieri, nel cuore e nella preghiera di Benedetto XVI è un dono che ci riempie di speranza». Mons. Simoni ha ascoltato con particolare gioia le parole con cui il Pontefice si è associato «ai Vescovi e alle Chiese locali nell’esprimere vicinanza alle famiglie interessate dal problema». «Per  me e la mia Diocesi – ha commentato – è il più forte incoraggiamento a proseguire nell’impegno a favore di chi perde il lavoro ed è colpito dalla crisi produttiva locale. Non a caso Benedetto XVI ha concluso il suo intervento all’Angelus ricordando che “la priorità va data ai lavoratori e alle loro famiglie”».