Toscana

Prato, scuola multietnica ma il presepio si fa

di Emanuela Pietraroia Sì al presepio in un istituto che su 906 ragazzi conta 321 iscritti stranieri. A Prato alla scuola elementare «Cesare Guasti», che fa parte dell’Istituto comprensivo «Marco Polo», con il 35 % di alunni stranieri, festeggiare il Natale si può. «Anche la tradizionale festa cristiana – spiega Sandra Martini, maestra elementare e referente per l’integrazione degli immigrati per l’Istituto – si inserisce in un progetto interculturale che vuole valorizzare tutte le componenti culturali e religiose presenti nella scuola». «Come sono stati pensati e organizzati momenti di festa e di confronto con le culture straniere – dice il prof. Alberto Cocci, vicario dell’Istituto – così è data la possibilità di “raccontare” anche la tradizione cristiana attraverso il presepio».

Dalla Cina provengono la maggior parte dei bambini stranieri. Molti anche dall’Albania e alcuni dalla Romania per rimanere in Europa, e poi dall’Africa, dall’America latina, dall’Asia. Nel calendario scolastico delle «Cesare Guasti» gli eventi del mondo: alla fine di novembre spazio agli albanesi per la Festa dell’Indipendenza dell’Albania; tra gennaio e febbraio è in programma il capodanno cinese, già sperimentato l’anno scorso con successo; in marzo-aprile la festa dell’Africa; a maggio al centro l’Italia in occasione della Festa della Repubblica. Dell’alto numero di presenze straniere l’Istituto, tra i più multiculturali in Italia, ne fa un vantaggio: «Il confronto tra esperienze diverse è un arricchimento culturale per tutti. Inoltre valorizzare la cultura di origine dei ragazzi stranieri significa non negare la loro identità e aiutarli a vivere meglio anche l’ambiente che li ospita, non ostile alla loro presenza».

Dalla riflessione sulla diversità come valore nasce l’integrazione. Nessuno si sente escluso dal costruire il presepio o dall’imparare canti natalizi se c’è condivisione di esperienze.

«Quando un bambino a scuola nasconde la propria identità culturale e si vergogna a dire di essere albanese, che sentimenti nutrirà crescendo verso il paese che lo ospita?» si domanda provocatoriamente la maestra Sandra Martini. Quanto più saremo capaci di accoglienza tanto più riusciremo a far crescere persone adulte integrate. Con la realizzazione del presepe non si tratta di imporre una nostra tradizione, ma di farla conoscere, senza svilirne il significato religioso della festa liturgica che ricorda la nascita di Gesù. «In questo caso non si tratta soltanto di una festa culturale e folcloristica: il Natale è una solennità che non può rinunciare alla sua dimensione religiosa e confessionale. Anche questo può essere spiegato nel rispetto di tutte le differenze».

Ma anche nel rispetto dell’identità religiosa dei cristiani. «Purché il presepio, come il crocifisso, non diventi baluardo e difesa per posizioni di intolleranza e superiorità». Educare alla differenza per promuovere la scoperta della propria identità e di quella altrui è l’obiettivo del progetto interculturale. Non è lontano dal valore del Natale per i cristiani: è il primo passo per riconoscersi fratelli.

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