Toscana

Presepi, intervista a Margiotta Broglio: «Assurdo obbligare, basta il buon senso»

di Riccardo BigiNon esiste una legge che obblighi le maestre a fare il presepio in classe, così come non esiste una legge che lo vieti. La soluzione allora secondo Francesco Margiotta Broglio, docente di relazioni tra Stato e Chiesa all’Università di Firenze ed uno degli intellettuali «laici» più attenti al mondo cattolico, deve essere affidata al buon senso degli insegnanti: «Sono loro a conoscere la sensibilità degli alunni e delle loro famiglie, e solo loro possono decidere cosa è bene fare in quella determinata classe».

La questione del presepio, di cui si parla tanto in questo periodo, è solo una parte di una questione più ampia: quella della convivenza tra culture e religioni diverse…

«È abbastanza buffo che persone che non vanno in chiesa, che hanno poco o nessun interesse per la religione, adesso si impuntino a difendere una cosa che non esiste, ossia l’obbligo di fare il presepe a scuola. Viene il sospetto che ci siano dietro altre motivazioni. Per questo credo che dovrebbe essere la maestra a valutare se c’è un desiderio sincero, reale, di festeggiare in un certo modo il Natale, e dovrebbe essere lei a decidere come farlo senza urtare altre sensibilità. Parlare ad esempio del Natale come un fatto culturale, che può interessare anche chi non ci crede. Per il resto, per sottolineare di più l’aspetto cristiano, c’è l’ora di religione».

Anche in Italia aumentano le classi «multietniche», con la presenza di bambini di culture e religioni diverse. C’è un modo per regolamentare la convivenza?

«Intervenire con delle leggi è complicato. La soluzione ci sarebbe, è quella che possiamo chiamare la soluzione francese: per non fare torto a nessuno, si cancellano tutti i simboli religiosi. Personalmente non mi soddisfa, perché credo che l’aspetto religioso non possa essere così brutalmente cancellato dalla vita pubblica. Anche in Francia, prima, la legge era più morbida: lasciava agli insegnanti e ai presidi il compito di discernere i singoli casi, intervenendo solo dove era necessario. Sono stati alcuni casi che si sono verificati che hanno portato a una legge molto più restrittiva. All’estremo opposto c’è la soluzione di tipo canadese: scuole diverse per ogni comunità religiosa, scuole islamiche per i musulmani, scuole ebraiche per gli ebrei. Ma così si aumentano le distanze, anziché eliminarle».

Tornando al presepio, spesso chi decide di non farlo motiva la sua scelta con la presenza di bambini di altre religioni in classe. Non le sembra che questo possa diventare un alibi per spiegare una scelta che nasce da motivi diversi?

«Nessuno, ripeto, può obbligare una maestra a fare il presepio. Può essere giusto, questo sì, parlare del Natale, ma sta a lei trovare il modo per farlo. E poi, non creiamo falsi miti: anche in passato il presepe veniva fatto in alcune scuole, ma non in tutte. Più che pensare ai presepi a scuola, secondo me la Chiesa dovrebbe preoccuparsi del fatto che sempre meno persone fanno il presepio in casa, o vanno a farlo in parrocchia. Se oggi c’è poco interesse per l’aspetto religioso del Natale, la Chiesa deve interrogare soprattutto se stessa».

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