Toscana

Prs, la giunta Martini perde pezzi

Il primo risultato del dibattito sul nuovo Piano regionale di sviluppo sono le dimissioni di un uomo della squadra di Claudio Martini. E non uno a caso: l’assessore Marco Montemagni. Ovvero colui che aveva contribuito in modo determinante alla stesura di questo fondamentale documento regionale. Le sue deleghe sono state ripartite «ad interim» tra il presidente Martini stesso (programmazione) e il vicepresidente Federico Gelli (bilancio, credito e finanze).

Tutto ciò si incrocia con le aperture a Rifondazione comunista, attualmente all’opposizione. E alle conseguenti fibrillazioni di Verdi e Comunisti italiani (il partito di Montemagni). Martini, presentando la bozza del Prs in Consiglio, non ha nascosto il suo disegno: «Questo Piano regionale di sviluppo è anche un’apertura a Rifondazione comunista». Il presidente pur confermando che «su certe posizioni siamo distanti» ha sottolineato che «bisogna lavorare con vigore in modo chiaro e convincente».

Il passaggio fondamentale per capire i nuovi rapporti tra maggioranza e Rifondazione sarà a luglio quando il Prs andrà in aula per il voto. Nello stesso tempo apre anche al centrodestra: «Invito la Casa delle libertà a misurarsi sul Prs non in maniera ideologica». La risposta dei bertinottiani non si fa attendere. È Monica Sgherri , capogruppo di Prc, a sottolineare che adesso è il momento di riflettere sul Prs e «a luglio vedremo, tutti noi dell’Unione, cosa siamo stati in grado di fare».

Ma la prima doccia fredda, per Martini e Montemagni, è dietro l’angolo. E arriva dai «cugini» comunisti che invece stanno già in Giunta e che, forse, non vedono di buon’occhio questa apertura. «Mi aspettavo di trovare nella bozza del Prs – spiega il capogruppo Pdci Luciano Ghelli – indirizzi precisi su come intervenire in difesa del lavoro, contro la precarietà, per incentivare il carattere pubblico dei servizi. Martini ha parlato di qualità e di dinamismo. Io avrei preferito puntare su innovazione e solidarietà, che sono parole più di sinistra». È un attacco durissimo. E siamo solo all’inizio. Infatti quando si conclude il dibattito sul Prs e si arriva al voto sul documento di Ds, Margherita e Sdi – che poi verrà approvato solo con i loro voti – c’è una presa di distanza di Verdi e Comunisti italiani che si astengono e presentano un ordine del giorno diverso. Perché, come spiega il capogruppo dei Verdi Mario Lupi, quel documento «era stato presentato solo all’ultimo momento, come conseguenza di un percorso e di un confronto fatti male». E a confermare le fibrillazioni nella maggioranza di Toscana democratica arriva il capogruppo Ds Paolo Cocchi . «L’atteggiamento di Verdi e Comunisti italiani – spiega – è comprensibile dal punto di vista “politichese”: è come se i due partiti, dal momento che c’è l’avvio di un dialogo con Rifondazione, ci avvertissero che ci sono anche loro, temendo magari una perdita di visibilità».

E così arriviamo alle dimissioni di Montemagni che, fin dall’inizio, lui stesso definisce «irrevocabili». Il motivo? Problemi interni con il capogruppo Ghelli che, secondo l’assessore dimissionario, ha portato «evidenti attacchi al presidente e al sottoscritto» perché vuole «frapporre ostacoli, nei fatti, al di là delle parole, a che vadano avanti positivamente le intese con Prc».

Il segretario regionale del Pdci Nino Frosini si dice «sorpreso da questa decisione» anche se non nasconde che esiste «un rapporto difficile tra Ghelli e Montemagni». Però nega che i Comunisti italiani ostacolino l’ingresso dei cugini di Rifondazione in maggioranza: «Questo sposterebbe più a sinistra l’asse politico di Toscana democratico e magari renderà più difficile la vita agli assessori ma ne trarranno più vantaggio il governo regionale e la Toscana». A questo punto a lanciare l’allarme sulla vicenda è il centrodestra. «L’assessore Montemagni – osserva il portavoce della Casa delle libertà Alessandro Antichi – è la prima persona a pagare il prezzo dell’alleanza fra la giunta Martini e Rifondazione».

Sulla stessa lunghezza d’onda è il capogruppo di Forza Italia Maurizio Dinelli che spiega come queste dimissioni non possano «essere derubricate a semplice diatriba interna di partito o ad un litigio tra il capogruppo Pdci e l’assessore». Tutto ciò, secondo Dinelli, è legato «all’apertura di Martini a Rifondazione comunista». Non solo. Il capogruppo degli azzurri sottolinea che «questa situazione di ricatto politico avanzato da Comunisti italiani e Verdi affosserà ogni possibilità di cambio di rotta nella politica economica e sociale della Regione». Come andrà a finire? Luglio non è molto lontano…S.P. La schedaIl Programma regionale di sviluppo (Prs) è l’atto fondamentale di indirizzo dell’attività di governo della Regione inteso come strumento di programmazione strategica a medio termine. La bozza di Prs preparata dalla giunta regionale è composta di quaranta pagine in cui sono elencate dodici «sfide» da porre al centro delle politiche regionali da qui al 2010: priorità, si sottolinea nel documento, da tradurre in realtà attraverso un numero limitato di progetti integrati coerenti con gli obiettivi del programma di governo e con le scelte del nuovo patto per lo sviluppo e l’occupazione siglato nel 2004.

Il sistema manifatturiero rimarrà centrale in Toscana, ma, secondo quanto si legge nella bozza, è necessaria una «discontinuità», altrimenti non solo il settore manifatturiero, ma anche l’agricoltura, il turismo, i servizi pubblici e privati rischieranno la marginalizzazione e il declino. Parallelamente al bisogno di innovazione, il Prs sottolinea anche la necessità di puntare alla qualità e alla sicurezza del lavoro, conciliando flessibilità, formazione, sicurezza e stabilità.

Il piano prevede poi ulteriori investimenti sulle infrastrutture, la logistica e l’accessibilità, con interventi già individuati: il completamento della variante di valico dell’A1 e della terza corsia da Barberino di Mugello ad Incisa, il potenziamento della rete ferroviaria, di porti e aeroporti, per arrivare a fine legislatura ad un sistema aeroportuale integrato regionale. Altre sfide riguardano i rifiuti, l’energia pulita, la liberalizzazione e l’efficienza dei servizi. Per quanto riguarda le risorse idriche la scelta è quella di mantenere al pubblico la proprietà. Anche lo stato sociale dovrà rinnovarsi. I principi rimarranno comunque quelli di un welfare solidaristico ed universalistico. L’ultima sfida riguarda la cultura, un sistema fragile da rilanciare non solo nella fruizione ma anche come cultura da produrre.