Toscana

Quale società per la Centrale del latte?

DI SIMONE PITOSSILa Regione Toscana è disposta ad entrare nella proprietà della Centrale del Latte di Firenze, Pistoia e Livorno. Ma il capogruppo del Ccd in Consiglio regionale dice che si tratta di un intervento che giunge con estremo ritardo. «È quanto chiedevo in una mozione del giungo scorso – aggiunge Carraresi – e che fu bocciata proprio dalla maggioranza di centrosinistra». Dunque la privatizzazione dell’azienda torna di grande attualità. Soprattutto ora che anche un gruppo di operatori toscani della zootecnia hanno formato una società – Publimilk Toscana SpA – per concorrere all’acquisto delle quote della Centrale del Latte. In gioco c’è innanzitutto un’azienda che fattura quasi 200 miliardi l’anno e in secondo luogo il futuro di 218 dipendenti.

La proposta dell’amministrazione regionale – presentata dall’assessore all’agricoltura Tito Barbini – è questa: la Regione è disposta ad entrare nella proprietà della Centrale nell’ambito di una intesa politica complessiva sul processo di privatizzazione che preveda il mantenimento del 20 per cento delle azioni in mano pubblica, tra vecchi e nuovi soci. Il progetto ha trovato apprezzamento sia negli attuali soci della Centrale – Comuni di Firenze, Pistoia e Livorno che detengono rispettivamente il 55, il 33 e il 12 per cento delle quote attuali – che in altri soggetti pubblici (Provincia di Firenze, Comunità montana del Mugello, Camera di Commercio di Firenze) che assieme alla Regione potranno acquistarne quote.

«La Regione è favorevole all’avvio di questa privatizzazione, ma guarda con grande attenzione alle modalità attuative di questo processo, vista la peculiarità del settore e le possibili ricadute sulla zootecnia toscana», spiega Barbini. «Dobbiamo garantire la salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio aziendale, ma anche la continuità dei legami con l’agricoltura toscana – afferma l’assessore – e questo vuol dire, ad esempio, il mantenimento delle quote di prelievo del latte toscano e dei livelli occupazionali, un rafforzamento delle strategie imperniate sulla qualità e un forte impegno condiviso per la costruzione del nuovo stabilimento nell’area Mercafir. Per tutto questo riteniamo necessaria una partecipazione pubblica minoritaria, ma significativa, con un forte valore politico di garanzia». Presso la Regione Toscana si costituirà un tavolo che dovrà affrontare in tempi rapidi varie complesse questioni tecniche, relative in particolare alla suddivisione delle quote di partecipazione e ai tempi e alle modalità per la loro acquisizione.

Secondo Marco Carraresi «persiste purtroppo il clima di grave incertezza sul futuro della Centrale del latte di Firenze, Pistoia, Livorno ed insufficienti sono ancora le garanzie nei confronti di soggetti direttamente coinvolti nel processo di privatizzazione in atto, primi fra tutti gli oltre 200 dipendenti dell’Azienda». «Gravissimo – osserva il capogruppo del Ccd – è stato anche l’atteggiamento secondario e defilato tenuto in questi mesi dalla Regione Toscana che ha continuato a non assumersi le proprie responsabilità rinunciando così ad assumere quel ruolo di primo piano nel processo di privatizzazione che le compete. Se infatti sono i Comuni titolari del diritto di scegliere il destino della Centrale del Latte, la Regione ha senza dubbio la responsabilità politica di indirizzare una strategia di sviluppo della filiera del latte in grado di tutelare e promuovere le risorse locali».

La recente notizia della scelta della Regione di entrare nella proprietà della Centrale del Latte? «Non può che fare piacere – risponde Carraresi – a condizione però che non rappresenti il presunto rimedio, in fondo assolutamente minimale, a decenni di disimpegno e di disinteresse». E comunque, continua il capogruppo del Ccd, è «semplicemente quanto chiedevo in una mozione del giugno scorso». Ma quell’ordine del giorno in Consiglio regionale, conclude Carraresi, fu «inspiegabilmente e in maniera schizofrenica, bocciato proprio dalla maggioranza di centrosinistra».

Anche i sindacati hanno fatto sentire forte la loro voce in questa vicenda. La Cisl ha infatti chiesto che nell’iter di dismissione delle quote fossero rispettati quattro aspetti fondamentali. Innanzitutto la solidità economica dei nuovi acquirenti. Poi la presentazione di un progetto industriale che «garantisca stabili livelli occupazionali e competitività». Al terzo punto devono essere presi «impegni, riguardo al personale, che contemplino quanto previsto dal contratto di lavoro del settore e dalla contrattazione aziendale vigente, nonché i termini previsti nelle dismissioni precedentemente avvenute da parte del Comune di Firenze». Infine una «garanzia fidejussoria dell’acquirente adeguata alla totale copertura degli impegni assunti nei confronti dei dipendenti».