Toscana

Quei valori che solo la sofferenza insegna

Superato il decennale, la Giornata del malato si avvia a celebrare l’undicesima edizione. Istituita da Giovanni Paolo II il 13 maggio 1992, fu celebrata per la prima volta l’11 febbraio 1993. La data scelta è quella in tal senso quanto mai significativa della memoria della Madonna di Lourdes.Nell’intenzione del Papa questa Giornata vuole essere per tutti i credenti «un momento forte di preghiera, di condivisione, di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo che, soffrendo, morendo e risorgendo ha operato la salvezza dell’umanità».Della prossima Giornata, martedì 11 sul tema «Il dono di sé» e che sarà celebrata con varie iniziative anche nelle diocesi della nostra regione, ne parliamo con monsignor Giovanni Santucci, vescovo di Massa Marittima-Piombino e delegato della Conferenza episcopale toscana per la pastorale della salute.

La Giornata della vita, la Giornata contro la lebbra, la Giornata del malato…, per non parlare delle altre Giornate di altro tipo. Non c’è il rischio, monsignor Santucci, che molte di queste Giornate passino sotto silenzio, che le comunità locali, le parrocchie non raccolgano il messaggio che viene dall’«alto»?

«Le Giornate proposte e celebrate nelle varie comunità cristiane, parrocchie, associazioni, movimenti, sono certamente una proposta lieve per la vita cristiana, personale o comunitaria, e rischiano di essere poco incisive se considerate in sé, ciascuna per suo conto. Se invece sono colte come espressione e sottolineatura di un itinerario di spiritualità e di carità che si vive e si esprime continuamente, nel quotidiano e feriale vivere del cristiano, hanno tutto il loro significato. Quante sono le associazioni di volontariato che pongono le loro risorse, spirituali, culturali, umane al servizio dei malati, degli handicappati, dei sofferenti in generale? Quante sono le associazioni che offrono assistenza, conforto, sostegno alle persone, alle famiglie e alle categorie di persone e professioni che sono intorno agli ammalati? Può, ciascuno di noi, fare a meno di imbattersi nella sofferenza di un amico o di un familiare? La Giornata del malato con il suo impegno di ricerca, di studio; con le sue proposte di riflessione; col chiamare a raccolta tutti gli operatori della salute e della solidarietà è occasione espressiva di celebrazione, di riflessione, di conoscenza».

Com’è nata la Giornata del malato?

«La Giornata nasce, come tante altre analoghe iniziative, per sollecitare una società come la nostra dove l’efficienza e il successo sono miti che travolgono le persone. Una visione estetica e godereccia della esistenza rischia di far dimenticare le esigenze prime di una convivenza civile che sono il rispetto delle persone, la loro dignità e promozione, la tutela dei diritti dei più deboli e poveri. Pensi semplicemente alle barriere architettoniche e al loro significato in termini di civiltà».

Il tema della Giornata di quest’anno, «Il dono di sé», sembra in apparenza spostare l’attenzione dal malato a chi entra a contatto con i malati: operatori sanitari e volontari. È così?

«Dono di sé certamente dice disponibilità di sé. Sembra che solo chi è sano possa donare. In realtà non è così. Dono di sé dice amicizia, condivisione; dice oblazione, visione di una vita liberata dal male. Sono valori che appartengono a tutti, soprattutto a chi soffre. Chi è ammalato vede la vita in modo diverso da chi è sano. Scopre il bisogno, la fragilità, la gioia della vicinanza e dell’attenzione. Sono valori di cui abbiamo bisogno e che forse, solo la sofferenza sa insegnarci».

Tra chi vive a contatto con i malati ci sono prima di tutto i familiari. Quale deve essere il loro atteggiamento soprattutto nel caso che il congiunto abbia una malattia grave come il tumore, oggi particolarmente diffusa?

«La famiglia è protagonista, sempre, nella società ed è impossibile pensare ad una qualsiasi forma di aggregazione o di convivenza senza fare riferimento alla famiglia. Le conseguenze di una famiglia fragile e inconsistente sono sotto gli occhi di tutti. La famiglia è protagonista nel momento della malattia in generale, di una malattia grave e prolungata soprattutto. La presenza dei familiari è irrinunciabile per affrontare le difficoltà che la malattia porta con sé sia materialmente, sia, soprattutto affettivamente. Come comunità dobbiamo provare a essere famiglia di chi è solo o di chi ha parenti e amici lontani o incapaci di una vicinanza significativa. Non esiste solo la famiglia biologica. Siamo tutti, soprattutto nella sofferenza, piccoli e fragili».A.F. Cattolici in corsia, le forze in campo in ToscanaSono poco meno di 150 i cappellani ospedalieri, tra clero diocesano e religiosi, che operano in Toscana. Dodici sono invece gli istituti aderenti all’Aris (l’Associazione religiosa istituti sanitari) tenuti direttamente da diocesi o congregazioni. Un’altra decina sono le case di cura e le cliniche collegate con realtà ecclesiali.Complessivamente sono oltre 60 mila in tutto il mondo le strutture operative della Chiesa cattolica sul fronte della sanità: oltre 5 mila ospedali, 17 mila ambulatori, quasi 900 lebbrosari, più di 12 mila case di cura per anziani, lungodegenti e portatori di handicap, 10 mila consultori familiari, più altre 15 mila varie istituzioni a indirizzo sanitario-assistenziale.

Solo in Italia sono presenti 141 ospedali, 119 ambulatori, un lebbrosario, 1.813 tra case di ricovero per anziani, lungodegenti o portatori di handicap, 505 consultori familiari. Numerose anche le aggregazioni di servizio ed associazioni impegnate su tutto il territorio nazionale nell’assistenza ai malati e nella pastorale sanitaria.

La Confederazione delle MisericordiePer la giornata del malato non ci sono iniziative specifiche o servizi particolari diversi da quelli che ordinariamente vengono svolti. Per le Misericordie, del resto, tutti i giorni sono «giornate del malato». Da sempre l’impegno e la sensibilità dei confratelli è diretto verso il mondo della sofferenza. In ogni caso, rappresentanti delle Misericordie saranno presenti alle iniziative delle varie diocesi. In particolare c’è l’impegno a consentire la partecipazione alle iniziative ai malati che vengono abitualmente assistiti dalle varie onfraternite o a quanti avessero bisogno di questo servizio. Ad esempio, il coordinamento Misericordie dell’area fiorentina fa sapere che domenica 16 febbraio parteciperà alla «Giornata diocesana del malato e dell’operatore sanitario», programmata alle 16 nella Basilica di San Lorenzo. Per la Giornata, la Misericordia di Firenze è stata invitata a mettere a disposizione la sua organizzazione «per accompagnare quelle persone, in particolari situazioni, che intendono partecipare alla celebrazione eucaristica che sarà presieduta da monsignor Ennio Antonelli». Il coordinamento invito ad organizzare «i servizi necessari di accompagnamento e assistenza, in particolare, delle persone che sono assistite dalle nostre associazioni». Allo stesso tempo i confratelli vengono invitati a partecipare alla tavola rotonda sul tema «Il volontariato socio-sanitario come dono di sé», che si terrà venerdì 21 febbraio alle ore 21 presso il Convitto della Calza. Il dibattito si svolgerà fra rappresentati delle istituzioni e del volontariato, sarà presente l’arcivescovo Ennio Antonelli e il presidente nazionale delle Misericordie Gianfranco Gambelli. «Sarà sicuramente – spiega il coordinatore dell’area fiorentina – un momento nel quale troveremo spunto per riflettere sullo spirito che deve animare le nostre Misericordie in un rinnovato impegno di carità». I cento anni dell’UnitalsiTra le associazioni in prima linea nell’assistenza agli ammalati c’è senz’altro l’Unitalsi, particolarmente attiva nella nostra regione e che quest’anno compie cento anni. Fondata infatti nel 1903, l’Unitalsi è un’associazione che, attraverso l’opera di volontari, si propone di realizzare una crescita umana e cristiana dei propri aderenti e di promuovere un’azione di evangelizzazione e di apostolato verso e con gli ammalati ed i disabili. Conta oltre trecentomila aderenti, uomini, donne, bambini, sani, ammalati, disabili, senza distinzione di età, cultura, posizione economica, sociale e professionale, che indossano una divisa che rende tutti uguali: la gioia della condivisione del servizio reciproco. Ognuno contribuisce alle varie iniziative offrendo il proprio tempo oltre al denaro necessario, autofinanziandosi, per sostenere tutte le spese occorrenti per fornire questo straordinario servizio a chi è nel disagio. L’Unitalsi di oggi è sempre più strumento attraverso cui la disperazione diventa speranza, la tristezza si trasforma in sorriso. Così è stato con il treno dei sogni, con cui l’anno scorso trecento bambini, in gran parte provenienti dai reparti oncologici degli ospedali di tutta Italia, sono stati accompagnati dai volontari al parco dei divertimenti di Disneyland a Parigi. Altro momento di grande gioia è stata la crociera in Terra Santa che ha visto la partecipazione di mille persone, insieme, ammalati, disabili, accompagnatori. E poi il pellegrinaggio dei bambini a Lourdes, dove centinaia di piccoli unitalsiani (tra i quali molti ammalati) insieme ai loro familiari hanno vissuto una grande esperienza di condivisione caratterizzata da quella speranza e da quella gioia che sempre deve contraddistinguere la vita di ogni cristiano. Non ultimo la veglia per la pace a Lourdes, dopo i tragici fatti dell’11 settembre, dove oltre quindicimila persone hanno pregato il Dio della vita. Quest’anno, come detto, l’Unitalsi compie cento anni. È per questo un anno speciale che impiegherà l’associazione in tutte le sue componenti e attraverso ogni suo strumento nel passaggio da associazione di categorie (volontari, pellegrini, disabili) ad associazione di persone, che accanto e oltre al suo specifico impegno sia pronta ad andare verso nuovi orizzonti. La crescita del volontariato, il ruolo sempre più importante del Terzo settore, l’espandersi del sostegno domiciliare a favore degli ammalati gravi, l’assistenza a casa od in particolari ambienti per i disabili gravi, la costituzione di case famiglia propongono infatti nuovi ambiti di impegno possibile.L’Associazionetumori toscanaNoi curiamo i malati di tumore a domicilio gratuitamente – spiegano all’Associazione tumori toscana, un’Onlus senza scopo di lucro iscritta al Registro regionale del volontariato –. Abbiamo medici ed infermieri reperibili 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno, che curano i malati gratuitamente con la collaborazione fondamentale del medico di medicina generale, permettendogli di restare in famiglia e di avere una migliore qualità della vita». Con l’associazione, che nel 2002 ha assistito in Toscana poco meno di 500 malati, collaborano specialisti in oncologia, cardiologia, angiologia, urologia, neurologia, ginecologia ed altre branche che offrono, sempre gratuitamente, le loro consulenze al malato, ma che sono, anche loro, retribuiti dall’«Att». «Forniamo al malato, secondo le necessità e le disponibilità – spiegano ancora all’Att –, anche i farmaci ed i presidii sanitari, i lettini ospedalieri, le sedie a ruote, i materassini antidecubito, le aste per flebo ecc. Supportiamo il malato ed i suoi familiari con i nostri psicologi perché chi ha avuto un’esperienza del genere sa che la sofferenza non è solo fisica. Tutti i costi sono a carico dell’Associazione con i fondi raccolti dai nostri volontari». L’«Att» offre tra l’altro un servizio di consulenza domiciliare oncologica gratuita in tutta la Toscana. L’Associazione pubbliche assistenzeL’Anpas toscana, come spiegano i diretti interessati, «è una associazione di volontariato autonoma, libera e democratica, che opera a favore di tutti i cittadini, all’interno dell’Associazioni nazionale delle pubbliche assistenze». Il Comitato regionale dell’Anpas ha sede a Firenze in via Baracca, 209 int. (tel. 055/30.82.80 – 30.82.58 – 30.81.57 – fax 055/30.24.607 – email: anpastoscana@anpastoscana.it – Home page: http://www.anpastoscana.it). L’Anpas toscana, presieduta da Romano Manetti, fonda la sua attività sui principi della solidarietà, della democrazia, della partecipazione sociale, proponendo un sistema di valori che si contrappone alla società dell’egoismo, della solitudine, dell’insicurezza. Vuole essere un punto di riferimento e un soggetto attivo di progresso e di rinnovamento della società e di incontro e confronto con altri popoli. I suoi scopi sono quelli di coordinare le attività delle Associazioni di pubblica assistenza, promuoverne lo sviluppo favorendone la diffusione, tutelarne gli interessi morali e materiali, supportare e promuovere la diffusione della cultura del volontariato e della solidarietà, stimolare ed organizzare la formazione, sia etica che tecnica, dei propri volontari come dell’intera cittadinanza. A questo scopo l’Anpas toscana elabora ed incoraggia progetti di intervento nei diversi campi di impegno del volontariato, fornisce alle proprie associazioni gli strumenti tecnici, culturali e di consulenza necessari, divulga e valorizza le iniziative di solidarietà delle associazioni, informa e coinvolge l’opinione pubblica nelle sue iniziative. Il Comitato regionale è articolato in zone. Le zone rappresentano gli interessi e le esigenze delle Associate nelle attività del loro territorio, anche nei confronti delle Istituzioni locali ed hanno un loro budget di riferimento. Le zone operano nel quadro delle linee di indirizzo generale, stabilite dal Consiglio regionale e nell’ambito dei piani operativi predisposti dalla direzione, sentiti i coordinatori di zona, nelle aree della sanità, sicurezza sociale e della protezione civile e comunque in tutti i settori di intervento.Le zone, che possono proporre programmi aggiuntivi alla direzione negli ambiti sopracitati, sono coordinate da un responsabile e da un esecutivo di almeno tre membri. Le zone della Toscana sono le seguenti: Aretina, Elbana, Empolese, Fiorentina, Provincia Grossetana, Zona Livornese, Lucchese, Massese, Pisana, Pistoiese, Pratese, Senese e Versiliese.