Toscana
RAPPORTO UNICEF 2005: «INFANZIA ORRIBILE» PER META’ DEI BAMBINI DEL MONDO
Quasi la metà dei bambini del mondo (oltre 1 miliardo su una popolazione infantile di 2,2 miliardi) vive l’infanzia come “un’esperienza orribile”, devastata da “povertà, guerre e Aids”. Di questi bambini, uno su 6 soffre gravemente la fame; uno su 5 non ha accesso all’acqua potabile; uno su 3 vive in case prive di servizi igienici e uno su 7 non usufruisce di assistenza sanitaria. La denuncia è contenuta nel rapporto Unicef 2005 “La condizione dell’infanzia nel mondo – Infanzia a rischio”, presentato stamani a Roma.
“A quindici anni dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia (del1989, ratificata da 192 Paesi, ma non ancora da Usa e Somalia, ndr) l’immagine di un’infanzia sana e serena rimane tuttora un sogno lontano” ha osservato il presidente di Unicef Italia, Giovanni Micali, presentando la ricerca. “Ogni giorno nel mondo muoiono quasi 30mila bambini a causa di malattie che potrebbero essere prevenute; un bambino nato nello Zambia ha un’aspettativa di vita media di 33 anni contro gli 85 di un giapponese” ha rilevato Micali, e “alla fine del 2003 circa 2,1 milioni di fanciulli sotto i 15 anni risultavano affetti da Aids, mentre sono15 milioni gli orfani a causa di questa malattia, l’80% dei quali vive nell’Africa subsahariana”.
Ma la povertà è presente anche nei Paesi “ricchi”: tra quelli industrializzati solo Finlandia, Norvegia e Svezia registrano una povertà infantile inferiore al 5%. I bambini sono inoltre “bersaglio dei conflitti armati”: secondo il Rapporto il 45% dei 3,6 milioni di persone morte in guerra dal 1990 ad oggi è costituito da fanciulli, e sono centinaia di migliaia i minori reclutati o rapiti per combattere come soldati molti dei quali vengono menomati dalle mine.
Secondo Giovanni Micali, presidente di Unicef Italia, per migliorare la condizione dell’infanzia nel mondo “non servono cifre astronomiche; basterebbe una somma equivalente al 5% dei 956 miliardi di dollari che hanno costituito nel 2003 la spesa militare globale”, ma occorrono, soprattutto, “un approccio integrato alla questione, politiche socialmente responsabili, maggiori investimenti dei governi e dei donatori, oltre al coinvolgimento dei bambini stessi nella ricerca di soluzioni ai loro problemi”.