Toscana

RUANDA, CASO SEROMBA, SACERDOTE SI DIFENDE DA ACCUSA DI GENOCIDIO

“Io e i miei collaboratori abbiamo fatto quello che potevamo. Abbiamo combattuto invano, ma non avevamo alcun potere”: si è difeso così dinanzi al Tribunale penale internazionale per il Rwanda (Tpir) con sede ad Arusha (Tanzania) padre Athanese Seromba, accusato di aver ordinato a un bulldozer di distruggere la sua chiesa a Nyange, nell’ovest del Ruanda, dove avevano cercato riparo 2.000 fedeli tutsi durante i massacri del 1994. Martedì scorso la procura del Tpir aveva chiesto per padre Seromba – incriminato di genocidio, complicità e istigazione al genocidio e sterminio – la condanna all’ergastolo. Secondo il suo avvocato difensore, Patrice Monthé, Seromba sarebbe vittima di una “demonizzazione della chiesa cattolica in Ruanda” e la distruzione della chiesa sarebbe stata ordinata dalle autorità locali, che il sacerdote non aveva alcun potere di fermare.

Padre Seromba nel febbraio 2002 aveva lasciato l’arcidiocesi di Firenze, di cui era ospite dal 1997, e si era consegnato spontaneamente ai magistrati nominati dall’Onu e incaricati di indagare sul genocidio in Rwanda del 1994. Da allora continua a ribadire la sua innocenza. Il processo, iniziato nel settembre 2004, è stato segnato da sospensioni e rinvii.Misna