Toscana

Rapporto Idos 2017: immigrazione stabile in Toscana e sempre più nuovi «cittadini»

Quasi 14.500 alla fine del 2016, il 9,3% in più rispetto all’anno precedente. Anche senza la riforma del diritto di cittadinanza, ferma in Parlamento, continua a crescere pure in Toscana il numero dei nuovi italiani: in appena dodici mesi, infatti, è già stato superato il record raggiunto nel 2015 con 13.159 acquisizioni di cittadinanza da parte di immigrati residenti nel territorio regionale, un dato mai raggiunto fino a quel momento e pari a quasi il doppio (+81,8%) rispetto ai 7.240 del 2014. La tendenza assume una rilevanza particolare se si considera che, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di acquisizioni per naturalizzazione, una modalità di ottenimento della cittadinanza italiana che presuppone almeno dieci anni di residenza nel territorio nazionale. È uno dei dati riferiti alla Toscana contenuti nel Dossier Statistico Immigrazione 2017, il volume realizzato dal Centro Studi Idos e presentato pubblicamente al Dipartimento di storia, archeologia, geografia, arte e spettacolo di Firenze (e in contemporanea a Roma e in tutte le altre regioni d’Italia) il 26 ottobre, nel corso di una tavola rotonda aperta dal direttore del dipartimento Stefano Zamponi con interventi, oltre che dei redattori del Dossier, anche della professoressa Debora Spini della Syracuse University, dell’assessore regionale Vittorio Bugli, del presidente del Centro studi africani Pape Diaw e dei geografi dell’Università di Firenze Laura Cassi e Fulvio Landi.

Nel dettaglio, in valore assoluto, il numero maggiore di nuovi italiani ha interessato la provincia di Firenze (3.815 acquisizioni di cittadinanza), seguita da Arezzo 2.035 e Siena (1.558). In termini percentuali, però, l’incremento più significativo è stato quello di Livorno (+30,4%), seguita da Grosseto (+20,8%) e Prato (+17,8%). Eccezion fatta per Firenze (-1%) e soprattutto Massa Carrara (-32,6%), comunque, nel 2016 in tutte le province si è verificato un aumento delle acquisizioni di cittadinanza. È anche per questo, e non solo per le conseguenze delle crisi, peraltro, che il ritmo d’incremento degli immigrati residenti in Toscana ha conosciuto una flessione rispetto al periodo precedente alla crisi economica: gli stranieri iscritti nei registri anagrafici dei comuni della regione, infatti, alla fine dell’anno sono stati 400.370, appena l’1% in più rispetto ai 396.219 del 2015. Un aumento lieve e lontanissimo da quanto accaduto tra il 2003 e il 2008, periodo durante il quale si è assistito a tassi d’incremento medio annui dei 17%. «La flessione è  sicuramente almeno in parte collegato anche al fatto che circa 14.500 persone fino al 2015 iscritti come stranieri, nel corso del 2016 sono diventati italiani – spiegano i redattori del dossier – e dunque, pur essendo ancora presenti sul territorio regionale, non sono più conteggiati come immigrati».

Eppure il sia pur contenuto aumento dell’1% è un incremento significativamente superiore sia a quello registrato nel 2015 (+0,2%) che all’incremento medio nazionale (+0,4%) ed è la conseguenza «di un paradosso solo apparente, in base al quale a guidare la lieve crescita non sono tanto i timidi segnali di ripresa che arrivano dall’economa regionale, quanto da quel processo di radicamento e stabilizzazione che non ha conosciuto sosta nemmeno negli anni più difficili – spiegano i redattori del Dossier –, testimoniato in modo chiaro dai 5.424 nuovi nati da coppie straniere nel corso del 2015, bambini figli d’immigrati, stranieri dal punto di vista giuridico, ma che non vivranno mai l’esperienza della migrazione che ha segnato la vita dei genitori».

Complessivamente, comunque, la Toscana si conferma una delle grandi regioni d’immigrazione d’Italia: i cittadini stranieri residenti, infatti, sono pari al 10,7% della popolazione regionale, un’incidenza superiore di oltre due punti a quella media nazionale (8,7%), che raggiunge il valore più alto a Prato, provincia in cui è immigrato un residente su sei (16,6%), e Firenze (12,8%), ma si mantiene al di sopra della media nazionale anche a Siena (11%), Arezzo (10,6), Grosseto (10,1), Pisa (9,8) e Pistoia (9,4).

Per quanto riguarda le aree di provenienza, ogni 100 immigrati residenti in Toscana 56 sono europei, 23 asiatici, 14 africani e 7 americani. Rispetto alle presenze a livello nazionale, la Toscana continua a distinguersi per una più marcata incidenza d’immigrati originari dell’Asia Orientale (+7%) e dell’Europa centro orientale (+3,8) e per una meno diffusa presenza di comunità dell’Africa Settentrionale (-4,4%) e dell’Asia centro-meridionale (-3,4). Le novità più significative, però, riguardano le differenze fra il 2015 e il 2016 e segnalano una crescita importante (+18,2%) degli immigrati originari dell’Africa Occidentale che, in un anno, sono passati da 18.873 a 22.311 residenti. Differenziali di segno positivo anche per Asia Orientale (+5,7%) e Asia centro-meridionale (+5,1). La graduatoria delle principali comunità ricalca quella degli anni precedenti: La più numerosa è la rumena (21,1%), seguita da Albania (16), Cina (12,4), Marocco (6,6), Filippine (3,3), Senegal (3), Turchia (2,9), Perù (2,6), Polonia (2,2) e Sri Lanka (1,6).

La crescita timida, comunque, oltre alle presenze complessive, riguarda pure i lavoratori immigrati: nel 2016 quelli registrati all’Inail sono stati 245.998 per un’incidenza sul totale degli occupati della Toscana pari al 18,4%, leggermente superiore al 18,2% del 2015. «È un incremento lieve che, però, conferma la lenta ma continua crescita dei lavori nati all’estero nel tessuto occupazionale della regione – spiegano i redattori del Dossier –: basti pensare che nel 2006, gli occupati stranieri erano il 12,6% del totale». Il 57,5% di essi è impiegato nei servizi, il 27,8% nell’industria e il 6,6% in agricoltura. Sono soprattutto le imprese di piccole dimensioni ad avvalersi della manodopera straniera: nel 75,3% dei casi, infatti, si tratta di aziende con meno di nove addetti, mentre le grandi imprese toscane (almeno 250 dipendenti) danno lavoro solo all’8,3% degli occupati stranieri.

Nonostante la crisi, continua ad avere dimensioni significative anche il fenomeno dell’imprenditorialità straniera. Secondo i dati delle Camere di commercio, infatti, le imprese con titolare straniero sono 53.578, pari al 12,9% del totale regionale. L’incidenza delle imprese «immigrate» in Toscana è decisamente più alta rispetto a quella nazionale (9,4%) e soprattutto in continua crescita. Rispetto all’anno precedente, nel 2016 si è registrato un aumento del 2,7%, mentre dal 2011 al 2016 l’incremento è del +17,7%. Dal punto di vista territoriale, Firenze da sola è la sede di circa un terzo di esse (31,5%), seguita da Prato (17,0%), Pisa (10,1%), Lucca (7,9%), Arezzo (7,3%), Pistoia (6,8%), Livorno (6,6%), Massa-Carrara (4,6%), Siena (4,2%) e Grosseto (4,1%). Guardando all’incidenza, però, Prato si conferma la provincia dove l’imprenditoria straniera è più rilevante: ben il 27,2% delle imprese sono infatti a titolare straniero.

Tante polemiche sull’arrivo dei «richiedenti asilo», ma sono appena 13 mila

Quasi 13 mila richiedenti asilo e rifugiati ospitati nelle strutture d’accoglienza della Toscana a marzo del 2017 pari al 7% dei 176.523 accolti a livello nazionale e appena al 3,3 per mille della popolazione regionale. Parte da qui la riflessione dei redattori del Dossier statistico immigrazione per dire che «il tema dell’immigrazione, ormai da qualche anno, è affrontato nella discussione pubblica quasi esclusivamente in collegamento all’accoglienza dei richiedenti asilo, un approccio che rischia di essere fuorviante perché accende i riflettori su una porzione esigua dei migranti che vivono in Toscana e in Italia lasciando in ombra tutti gli altri».

Il che, ovviamente, non significa trascurare un fenomeno che sta cominciando assumere evidenza anche fra i residenti stranieri in Toscana. Insieme ai nuovi nati, infatti, «l’altro aspetto che giustifica il timido aumento della popolazione straniera verificatosi in Toscana negli ultimi dodici mesi va ricercato nei flussi dei richiedenti asilo – si legge nel capitolo dedicato alla Toscana del rapporto –, una componente che comincia a fare capolino anche nei registri anagrafici se è vero che, nel 2016, i nuovi residenti originari dell’Africa Occidentale sono aumentati del 18,2% (pari a 3.438 persone) e, nello specifico, sono più che triplicati quelli originari del Gambia (da 221 a 800 migranti) e più che raddoppiati i residenti provenienti dal Mali (da 309 a 758)».

Più che il dato quantitativo, però, a preoccupare i redattori del Dossier è la tipologia di strutture d’accoglienza: «Il problema maggiore, per la Toscana come per il resto del Paese, semmai è che ben il 93,1% dei migranti è accolto in un centro di accoglienza straordinaria (Cas) e solo il 6,9% in un progetto Sprar – scrivono –, nonostante il decreto legislativo 142/2015 indichi in quest’ultimi le strutture verso cui orientare in via prioritaria i percorsi di seconda accoglienza alla luce anche della loro migliore capacità di assicurare interventi d’accompagnamento e integrazione sociale nel territorio».

Beninteso, passi avanti in tal senso ve ne sono stati se è vero che in due anni i posti nel sistema Sprar sono aumentati del 69,2% passando di 549 del 2014 ai 912 del 2016. «Ma non abbastanza – conclude il Dossier Idos – rispetto alle esigenze d’accoglienza». A conclusioni simili, peraltro, giunge il Libro Bianco  sulle politiche di accoglienza di richiedenti asilo politico e protezione internazionale, un documento che è l’esito di un percorso partecipativo promosso nell’ambito del progetto «#AccoglienzaToscana» da un gruppo di lavoro composto da Anci e Regione Toscana, con il supporto esterno dei referenti tecnici dei comuni di Firenze e Prato, e che ha coinvolto i principali enti gestori dei Cas e i titolari dei progetti Sprar. Un documento ricco linee d’indirizzo concrete e di proposte operative che, con riferimento, ai Cas, sottolinea il fatto che «strutture  pensate come temporanee e straordinarie stanno di fatto assicurando la tenuta del sistema di accoglienza che deve tuttavia tendere alla sua stabilizzazione attraverso il rafforzamento del sistema Sprar come modello d’accoglienza».