Toscana
Referendum, quorum lontano
Lo si era visto fin dal primo rilevamento delle ore 12 di domenica. I quattro referendum parzialmente abrogativi della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita difficilmente avrebbero raggiunto il quorum necessario. Il trend si è confermato nelle ore successive arrivando alla chiusura dei seggi ad un 25,9% (110 province su 110). Dato che si abbassa al 25,4 (primo referendum) e al 25,5% (per gli altri) se si tiene conto anche del voto degli italiani all’estero. In Toscana l’affluenza è stata del 39,8% con punte massime a Firenze (45,9%, una delle più alte in Italia) e minime a Lucca (29,9%).
Nell’Italia settentrionale la media dei votanti è stata del 29,8%, ma piuttosto diversificato per regione: in testa l’Emilia Romagna con il 41,6%, seguita dalla Liguria (34,1), dal Friuli Venezia Giulia (30,2%), dal Piemonte (30,1), dalla Valle d’Aosta e dalla Lombardia (26,5), dal Veneto (25,4 e dal Trentino (20,7).
Nell’Italia centrale la media si assesta sul 33,4%, con la Toscana, come si è detto, al 39, 8, seguita dal Lazio al 31,5, l’Umbria al 29,8 e le Marche al 26,8.
Affluenza molto più bassa nell’Italia Meridionale, appena il 15,9, con l’Abruzzo al 23,2, il Molise al 18,0, la Basilicata al 16,0, la Campania al 15,7, la Puglia al 15,3 e la Calabria al 12,7. Nelle due isole risultati disomogenei, con la Sicilia al 15,8 e la Sardegna, dove però si votava contemporaneamente anche per un referendum regionale sull’ambiente, al 27,5%.
La vittoria dei «sì» nei quattro quesiti era scontata, dal momento che la stragrande maggioranza dei contrari all’abrogazione delle norme aveva scelto l’astensione. Ci sono però delle sorprese, specie per quanto riguarda il quarto quesito, quello sulla fecondazione eterologa, che si è attestato in media sull’78,2% dei «sì», ma in alcune province, come Treviso o Lodi rimane 10 punti più sotto. Anche in Toscana, che si colloca generalmente in testa per la percentuale di «sì» ai singoli referendum, sul quarto si registra un 22,5 di «no» a Lucca, più del doppio di quanto avvenuto negli altri tre quesiti e un 16,4% complessivo. Nelle altre province toscane le percentuali di «no» sono più basse, con percentuali ad una cifra tranne che per il quarto quesito. Ecco il dettaglio:
– Referendum 1 (Limiti alla ricerca clinica e sperimentale degli embrioni): in Italia SI 89,2% e NO 10,8; in Toscana: Si 92,8% e NO 7,2%.
– Referendum 2 (Norme sui diritti di accesso): in Italia SI 89,9% e NO 10,1; in Toscana: Si 93,4% e NO 6,6%.
– Referendum 3 (Norme su finalità, diritti soggetti coinvolti e limiti di accesso): in Italia SI 88,8% e NO 11,2; in Toscana: Si 92,6% e NO 7,4%.
– Referendum 1 (Divieto di fecondazione eterologa): in Italia SI 78,2% e NO 21,8; in Toscana: Si 83,6% e NO 16,4%.
Ha vinto un’astensione lucida, argomentata e consapevole, frutto della maturazione di un pensiero democratico che ritiene che maternità e paternità possano essere l’aspirazione di ogni donna e uomo, ma che vi sia anche una maternità/paternità sociale che merita la massima attenzione. Il desiderio di maternità, pur di altissimo profilo etico, non può assurgere a diritto; ringraziamo tutti gli italiani che hanno sostenuto questa tesi. Così Paola Binetti, presidente del Comitato Scienza & Vita, commentando il mancato raggiungimento del quorum che ha invalidato la consultazione sulla procreazione medicalmente assistita. Una battaglia che deve restare viva nelle coscienze e nei cuori ha aggiunto Carlo Casini, consigliere esecutivo del Comitato, durante la conferenza stampa che il Comitato ha promosso oggi pomeriggio a Roma – perché la questione della vita è il nodo centrale della democrazia.
“La consultazione referendaria ha dato voce alla volontà popolare: non è con il referendum, non è con il voto che si può decidere della vita umana. Credo che il popolo italiano abbia voluto dire, con questo suo non voto, che la maternità è una esperienza umana di immenso valore, da favorire in ogni modo, ma non ad ogni costo; un figlio non può mai essere un diritto da rivendicare prima o contro i diritti del figlio stesso. Anche la ricerca scientifica è necessaria, ma non può essere senza limiti etici: non tutto ciò che è possibile è lecito. Lo afferma in una nota diffusa oggi pomeriggio Luigi Alici nuovo presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana (Ac) a commento degli esiti referendari.
Soddisfazione è stata espressa anche dal Forum delle associazioni familiari. «Hanno vinto le famiglie che quotidianamente accolgono la vita, che quotidianamente hanno cura dei deboli, non dubitando della forza dell’amore che ha cura della vita, anche quando questa cura è difficile e costa fatiche, sacrifici, talvolta isolamento se non derisione – si legge in un comunicato diffuso a poche ore dal voto-. Proprio questa consapevolezza delle famiglie ha sempre fatto sì che fosse chiaro che il Forum è particolarmente vicino ad ogni coppia che soffre per la propria infecondità, e proprio per questo il Forum ha sempre rifiutato ogni speculazione, economica, etica, politica in merito». «Questa campagna non si ferma – prosegue il Forum – perché la vita prosegue, perché le famiglie quotidianamente continueranno a vivere le loro storie e a cercare con coraggio il bene. Concreto, tangibile, non velato dalle ombre di una cultura liberal-radicale di carta patinata».
«Se fossi sicuro che l’esito del referendum è il risultato delle indicazioni della Chiesa, sarei sollevato. Ma temo che sia il frutto del menefreghismo e della pigrizia degli italiani. E, ahimè, la Chiesa li ha cavalcati». È il commento del medievalista Franco Cardini, che ha votato quattro no, all’esito del referendum sulla procreazione. «Vorrei capire quanti sono quelli che si sono astenuti coscientemente – ha spiegato Cardini – Credo che l’astensione sia una posizione poco onesta e poco chiara, che fa perno su alcuni degli aspetti peggiori del nostro paese: il menefreghismo, il pressappochismo, la disinformazione. Non mi piace che la Chiesa abbia cavalcato tutto questo». «Ho votato quattro no – ha concluso – ma con poca convinzione. In primo luogo, perché non mi sentivo competente, e poi perché ritengo che questa legge sia perfettibile».
Per Riccardo Migliori, parlamentare e coordinatore regionale di An, «la violenta campagna referendaria del settarismo laicista contro il buonsenso e la ragione è stata non solo sconfitta, ma addirittura disprezzata dalla grande maggioranza del popolo italiano, che non si è fatto dividere». Parlando della Toscana, «ringrazio i militanti di An artefici di una campagna elettorale per l’astensionismo attivo e consapevole – aggiunge Migliori – che ha vinto anche in Toscana e che allontana Firenze e Roma dalla Madrid zapaterista».
Di segno opposto la dichiarazione del segretario regionale dei Ds, Marco Filippeschi, che parla di «una battaglia giusta con lo strumento sbagliato. Il referendum, purtroppo, è un istituto logorato dall’uso improprio che se n’è fatto e dalla combinazione facilmente possibile fra l’astensionismo fisiologico e quello intenzionale». Per Filippeschi, «il dato della Toscana, che spicca in positivo sugli altri, non attenua questo giudizio». «Resta l’obiettivo di cambiare una legge sbagliata – conclude Filippeschi – la più arretrata dell’occidente, per garantire una giusta libertà di scienza e di scelta per le donne e le famiglie. Inoltre, com’è stato evidente, c’è da battersi con fermezza per riaffermare i principii di laicità dello Stato».
«Paghiamo, e non potrebbe essere altrimenti – commenta il deputato diessino Valdo Spini – le debolezze, le pause, il mancato intervento dell’Unione delle forze di centrosinistra come tali in materia. Una coalizione che si sente potenzialmente maggioritaria avrebbe dovuto puntare più sulla prospettiva, in vista delle elezioni politiche del 2006, di una proposta concordata ad organica per modificare la legge, piuttosto che su un referendum abrogativo». «Non premia essere laici a corrente alternata – conclude Spini – inventare la categoria del laicismo come un estremismo da scongiurare e trovarsi poi in radicale opposizione nella campagna referendaria alla Chiesa cattolica italiana. Occorrerà lavorare a fondo per ricostruire una corretta consapevolezza della laicità dello Stato e delle istituzioni».
«Sono contento di essere presidente di una Regione come questa, dove nonostante la scarsa informazione, la forte pressione all’astensionismo e la difficoltà dei quesiti referendari ben 1.171.000 elettori hanno esercitato il loro diritto di voto», ha dichiarato il presidente della giunta regionale Claudio Martini, che sottolinea come la Toscana sia «la seconda regione, subito dopo l’Emilia Romagna, per affluenza alle urne. Delle prime tre province a livello nazionale due sono toscane, al secondo e terzo posto troviamo infatti Livorno e Firenze, subito dopo Bologna che è al primo posto». «Adesso prosegue il presidente della giunta regionale – è nostro compito riflettere approfonditamente su questo voto. Continua il nostro impegno sui grandi temi etici, culturali e ideali che, assieme alle preoccupazioni sul futuro dell’economia, sono così presenti alle donne e agli uomini che vivono in Toscana e nel resto del Paese. Senza dimenticarsi che il mancato raggiungimento del quorum non ha risolto uno solo dei problemi aperti dalla legge 40».
«Ora abbassiamo i toni e alziamo il livello della discussione – ha commentato il presidente della Provincia di Firenze, Matteo Renzi, che si è astenuto – come ha sbagliato chi ha politicizzato il referendum prima, così sbaglia chi immagina ora ripercussioni nei partiti e nelle coalizioni. Si è parlato di embrioni e di vita, di ricerca scientifica e di limiti giuridici. È opportuno che adesso si continui a ragionare approfondendo i problemi e non ignorandoli».
«In questa sconfitta – dice il segretario regionale del Pdci, Nino Frosini – la Chiesa c’entra nella misura in cui le forze laiche hanno subito una deriva laicista e la sinistra moderata sembra vivere soltanto la gestione del potere di tattiche neocentriste e di consolidate scelte ideologiche».
«In ogni caso la legge andrà rivista – ha commentato il consigliere regionale della Margherita, Erasmo D’Angelis – questo hanno affermato per settimane tutti i politici impegnati nel sì, nel no e nell’astensione e questo ci aspettiamo ora dal Parlamento».
«Ritengo adesso che la Casa delle libertà abbia una grande occasione per mantenere l’unità di intenti politici tra laici e cattolici che ha portato all’approvazione della legge 40 – ha detto il capogruppo di Fi in Consiglio regionale, Maurizio Dinelli – Mi riferisco alla possibilità di apportare in Parlamento alcune modifiche migliorative alla legge 40. Mi rendo conto che questa strada è diventata più impervia proprio per la bassissima percentuale di affluenza alle urne, ma sono molti gli elettori che come me ritengono questa legge perfettibile, ma non certo a colpi di referendum».
«Credo che i Ds debbano procedere ad una profonda riflessione sul perché, malgrado gli appelli, le manifestazioni, i comizi e quant’altro non siano riusciti a mobilitare il loro elettorato – commenta il consigliere regionale di An, Achille Totaro – Evidentemente, quando non si tratta di barrare simboli ma di far parlare la propria coscienza, i fiorentini si sono trovati rappresentati da Alleanza Nazionale che in Toscana ha scelto con chiarezza e senza tentennamenti la via dell’astensione».
«È un voto importante anche sul piano politico – aggiunge il capogruppo del’Udc in Consiglio regionale, Marco Carraresi – perché segna la sconfitta degli estremismi. Hanno perso Prodi e Fassino, ha perso Fini e ha perso la sinistra radicale, alla quale son tornati ad iscriversi anche i Ds, che con il referendum hanno riscoperto antichi toni e intolleranze».
Per il parlamentare di An, Marco Cellai, «l’affluenza di un elettore su quattro ai seggi è la risposta più netta e inequivoca che gli italiani potessero dare a fronte di quesiti referendari sbagliati nel metodo e nei contenuti».