Toscana

Riccardi: passa dalle religioni il futuro del pianeta

«Cristianesimo e Islam tra coabitazione e conflitto» è il tema scelto dalla Facoltà teologica dell’Italia centrale per l’inaugurazione del 5° anno accademico. La prolusione è affidata ad Andrea Riccardi, ordinario di Storia contemporanea e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che in questa intervista anticipa alcuni temi del suo intervento. La prolusione, mercoledì 12 dicembre alle 16,30 presso l’Aula magna della Facoltà a Firenze, sarà preceduta da una riflessione di don Severino Dianich, dal saluto dell’arcivescovo Ennio Antonelli, dall’introduzione del preside Benito Marconcini e di don Gilberto Aranci.

DI MICHELE BRANCALEIl dialogo interreligioso avrà un ruolo fondamentale per il futuro del pianeta. Desolidarizzare la fede dalle armi, l’amore di Dio dall’amore del nazionalismo, la religione dalla forza distruttiva della disperazione: sono obiettivi iscritti peraltro nel profondo delle diverse tradizioni religiose, in particolare nelle grandi fedi monoteiste. Ma che significa dialogo? Alcuni lo contestano in maniera aspra, ne fanno il sinonimo di debolezza , eppure gli osservatori più avvertiti, soprattutto a fronte della tragedia dell’11 settembre, ne rilanciano l’importanza e lo spessore. Anche la geografia parla di questa necessità. Leggi ad esempio alla voce «Mediterraneo».

«Il Mediterraneo – ha scritto Andrea Riccardi, nel libro che prende nome dal “mare nostrum” edito da Guerini e Associati – non è mai stato un mare tranquillo, da un punto di vista politico, e oggi si presenta contrassegnato da parecchi conflitti, a partire da quello tra israeliani e palestinesi. Negli ultimi anni, anzi, aleggia sulle sue rive lo spettro di un nuovo conflitto, di un clash, quello tra Europa e mondo islamico, che dividerebbe il Mediterraneo tra un Sud fondamentalista e un Nord laico e pluralista».

Eppure il mare, il Mediterraneo, non si può dividere. Tra due identità radicate scorre un mare di rapporti preziosi e indicativi delle possibilità, storicamente verificate, di qualcosa di più della convivenza. La scelta della coabitazione, allora, è alternativa vera al conflitto: è anche su questi due poli di attrazione che si gioca il rapporto tra Cristianesimo e Islam. Ed è su questo tema («Cristianesimo e Islam tra coabitazione e conflitto») che Andrea Riccardi, ordinario di storia contemporanea all’Università di Roma, inaugurerà mercoledì prossimo il quinto anno accademico della Facoltà teologica dell’Italia centrale.

A Barcellona, dove la Comunità di Sant’Egidio ha promosso pochi giorni prima dell’attentato alle Torri Gemelle l’incontro internazionale «Le frontiere del dialogo: religioni e civiltà nel nuovo secolo», l’argomento è stato ampiamente toccato. Non poteva essere diversamente: uomini e donne di tradizioni religiose diverse, ma gli uni accanto agli altri a pregare per la pace, a dire «no» all’inimicizia, sono da anni uniti in una trama tessuta dalla Comunità di Sant’Egidio con il tenace filo dello «Spirito di Assisi», intuizione di Giovanni Paolo II nata quando il mondo era ancora diviso in due blocchi e maturata da Sant’Egidio fino a questa nuova stagione.

Oggi «non si tratta di creare un fronte delle religioni contro un mondo secolarizzato – osserva Andrea Riccardi – ma di sviluppare una cultura che si confronti con l’umanesimo laico, che rappresenta una parte cospicua della tradizione spirituale europea». Siamo di fronte a un mondo nuovo, da riscoprire. C’è bisogno di coordinate storiche per inquadrare il futuro dei rapporti possibili tra Cristianesimo e Islam.

«La scomparsa degli imperi – ha detto Jean Daniel, autorevole direttore del Nouvel Observateur – cioè del cemento federativo o imperiale, la fine delle ideologie unificatrici, la soppressione delle distanze, ma anche l’immensa pressione di coloro che non hanno niente e bussano alla porta o varcano la soglia di coloro che hanno qualcosa, portano a un’accelerazione del cosmopolitismo nella babelizzazione delle lingue, nella sovrapposizione delle culture e nell’aggressività urbana». I fondamentalismi si collocano in questo contesto e, secondo Riccardi, «hanno un aspetto di semplificazione che può affascinare giovani, disperati, gente spaesata, gente per cui questo mondo è troppo complesso, inospitale, ma che può interessare politici spregiudicati alla ricerca di scorciatoie per il potere». È una trappola nella quale rischia di cadere l’Africa, da cui l’Occidente, e in particolare l’Europa, si sono ritirati, dando spazio così ai profeti della semplificazione, tra guerre tribali ed epidemie, tra vangeli e islam pericolosamente minimizzati, fino all’identificazione – certo non solo in Africa – tra interesse nazionale e interesse religioso, foriera di possibili disastri, fino alla degenerazione nel fondamentalismo etnico-religioso. Quanti capitoli tragici da assumere nel libro dei dialoghi mancati!

«Dialogo», allora: nell’origine latina della parola, indica il conversare su una base di uguaglianza. Richiede lo sforzo, poco istintivo, di porsi sullo stesso piano del proprio interlocutore. Non è quindi un’attitudine fatta solo di parole, ma la coltivazione di un interesse fondato non solo sulla convenienza. Chi si pone oggi sullo stesso piano dell’Africa? Sono le semplificazioni che non aiutano, a nessun livello, nemmeno quella che fa del «dialogo» un aspetto delle relazioni tra le religioni. «Il dialogo – avverte – non è una diplomazia delle religioni. Avviene tra identità radicate: comincia venendosi a salutare». Cristianesimo e Islam, in questa prospettiva, giocano un ruolo decisivo. Ci vogliono parole che vadano oltre i confini delle nazioni, tanto più oggi, di fronte alla crisi afgana e a quella mediorientale.

«Forse a causa dello sbandamento del momento – spiega Riccardi – alcune voci si sono alzate interpretando quei terribili avvenimenti come il segno di uno scontro di civiltà e di religione, cioè del mondo cristiano-occidentale con l’Islam o, più semplicemente, dell’Islam e del Cristianesimo. Si è aggiunto che la religione è un terreno, dove si sviluppano pericolose visioni dell’uomo e del mondo, capaci di giustificare la violenza e il male. Il che ha portato a un atteggiamento di diffidenza nei confronti della stessa vita religiosa. Il nostro mondo contemporaneo si è fatto talmente incerto e complesso da ricorrere, purtroppo, a terribili semplificazioni. Infatti sono stati tracciati davanti ai nostri occhi scenari apocalittici».

L’Islam e il Cristianesimo hanno un contributo da dare alla pace, «esse sono religioni diverse, con storie diverse, con un messaggio diverso, con un rapporto diverso tra religione e società, ma il nome di Dio – per entrambe – è la pace. La diversità non può essere occasione di incomprensione o di conflitto, bensì di armoniosa comprensione». Una preghiera fianco a fianco tra cristiani, musulmani ed ebrei per la pace in Terra Santa, ad esempio, darebbe il segno della desolidarizzazione delle fedi dalla violenza e un respiro più largo al Medio Oriente e al mondo intero.