Toscana

SHIRIN EBADI (NOBEL PACE) A ROMA 3: LA DEMOCRAZIA NON SI FA CON I CARRI ARMATI

“La democrazia non può entrare in un Paese con le pallottole e i carri armati, il governo deve essere scelto dal popolo e solo il sapere salverà l’umanità. Spero che il prima possibile l’Iraq sarà governato dagli iracheni”. Lo ha affermato oggi a Roma Shirin Ebadi, l’avvocatessa iraniana che ha vinto il Premio Nobel per la pace 2003, intervenuta all’inaugurazione del nuovo anno accademico dell’Università Roma tre proprio nel giorno in cui nel suo Paese si stanno svolgendo le elezioni politiche. “Sentiamo dire che la mappa del Medio Oriente deve cambiare – ha detto -. Ma i popoli che vivono in queste zone, stupiti, si domandano: non è al popolo di un Paese che spetta di decidere il destino del proprio paese? Allora perché gli altri tracciano le nostre mappe? Un giorno aiutavano i talibani ad arrivare al potere e un altro giorno attaccavano l’Afghanistan con la scusa dei talibani. Aiutavano Saddam, gli hanno fornito le armi chimiche per bombardare il popolo iraniano e la zona irachena popolata dai curdi, e un altro giorno hanno attaccato l’Iraq accusandolo di avere le bombe chimiche”. Ebadi ha ricordato che i militari iraniani e la popolazione civile, a 15 anni dalla fine della guerra contro l’Iraq, “soffrono ancora per le nefaste conseguenze dei bombardamenti chimici e sanno benissimo che, senza l’appoggio di alcuni governi occidentali, Saddam non sarebbe mai stato in grado di procurarsi un arsenale così pericoloso”.

Il premio Nobel ha sottolineato l’importanza di una “pace duratura costruita su due pilastri di giustizia e democrazia, altrimenti, anche se c’è silenzio, non è di tranquillità ma di soffocamento”: “Il silenzio in una società oppressa, una società dove nessuno ha la forza di parlare e ogni voce contraria viene soffocata sotto la minaccia del carcere o a forza di pallottole, è un silenzio da cimitero e presto o tardi causerà disordini che non giovano a nessuno”.

Trovandosi a parlare in una sede accademica, Shirin Ebadi ha ricordato poi che “la pace interiore è la tranquillità di una vita vissuta con uno scopo”, per cui “è il compito di noi insegnanti aiutare i nostri allievi in questa loro ricerca, in modo che, vivendo felici, possano essere utili anche per gli altri”: “Una società in grado di porre questo obiettivo in testa ai propri programmi didattici ed educare i giovani che mentre godono i piaceri della vita possono pensare anche agli altri, proseguirà, senza alcun dubbio, verso la pace”.

Una nota dolente per l’avvocatessa iraniana – impegnata anche nella difesa degli studenti dell’università di Teheran oltre che per i diritti delle donne e dei bambini – è la chiusura di alcuni Paesi “scientificamente avanzati” agli studenti del Sud del mondo: “Dopo l’11 settembre – ha denunciato – agli studenti del Sud viene impedito di studiare in America in alcuni campi di tecnologia più avanzata come quella informatica, ingegneria nucleare, ingegneria genetica”. “Non possiamo pretendere di essere una comunità globale se una parte della popolazione viene privata del sapere”. E a proposito del divieto di portare il velo islamico nelle scuole francesi, nella conferenza stampa Ebadi ha risposto con una serie di interrogativi provocatori: “Vorrei sapere perché il divieto riguarda solo le donne? Perché non si decide che gli uomini non devono portare la cravatta o la barba? Cosa volete da loro? Lasciatele stare queste donne…”Sir