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SUDAN, MANDATO DI ARRESTO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE PER PRESIDENTE BESHIR

La Corte penale internazionale ha annunciato di aver emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente del Sudan Omar Hassan el Beshir per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella regione occidentale sudanese del Darfur, teatro dal febbraio 2003 di un conflitto interno: Lo ha annunciato poco fa la portavoce della Cpi, che sta tenendo una conferenza stampa spiegando le ragioni della decisione che hanno spinto i giudici della prima sezione per le indagini preliminari ad accogliere le accuse presentate lo scorso luglio dal procuratore capo del Tribunale. Il mandato d’arresto non contiene, perchè non accolte, accuse di genocidio.A poche ore dal pronunciamento della Corte penale internazionale (Cpi), perplessità, polemiche e contrasti sono emersi nelle posizioni espresse sull’argomento dalle cancellerie di mezzo mondo. Mentre il Segretario generale delle Nazioni Unite ha invitato il governo di Khartoum ad assicurare “la sicurezza della popolazione civile del Darfur”, da Addis Abeba, il presidente della Commissione dell’Unione Africana Jean Ping si è detto “sorpreso” della decisione. “Non si tratta di lasciare impuniti dei criminali ma di tenere conto che gli imperativi della giustizia non possono ignorare quelli della pace” ha detto Ping secondo cui la decisione del tribunale dell’Aja “mette a rischio il processo di pace in Sudan”. Ping ha aggiunto che “la giustizia internazionale sembra applicare le sue regole nella lotta all’impunità solo in Africa, come se niente succedesse nel frattempo in altri posti del mondo come in Iraq, a Gaza in Colombia o nel Caucaso”. Immediata la reazione dell’Egitto, che si è detto “profondamente turbato” dal mandato di cattura; il ministro degli Esteri del Cairo, Ahmed Abul Gheit, ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per poter votare il ricorso all’articolo 16 dello Statuto di Roma che prevede la possibilità di sospendere le procedure penali avviate contro il presidente sudanese per un anno. L’emissione di un mandato di cattura contro il presidente della Repubblica di uno stato sovrano costituisce un “pericoloso precedente” secondo l’inviato di Mosca presso Khartoum, Mihail Marguelov, che ha sottolineato la possibilità che la decisione presa dalla Cpi “abbia conseguenze negative per il paese”. Tutt’altro che contrari alla sentenza si sono detti invece diversi gruppi ribelli del Darfur; il Movimento per la liberazione del Sudan (Slm) di Mohammed Abdel Wahid al Nur ha parlato di una “grande vittoria per le vittime del paese”, mentre i ribelli del Movimento per la Giustizia e la pace (Jem), firmatari appena 10 giorni fa di un’intesa per mettere fine alle violenze nella regione del Darfur, hanno detto di non essere più disposti a negoziare con il governo, dopo il mandato di arresto che “delegittima la figura del presidente”. Dal canto suo, il governo sudanese ha espresso “rifiuto totale” per la decisione della Corte penale internazionale (Cpi): lo ha riferito il ministro per gli Affari esteri Ali Karti sottolineando che “il Sudan non è membro della Cpi” e che il pronunciamento dei giudici “risponde a logiche politiche e non di di diritto”. Più dure ancora le parole del consigliere presidenziale Mustafa Osman Ismail secondo cui alla comunità internazionale “non interessa la stabilità del Sudan”; il responsabile ha affermato che “contro il paese è in atto un complotto neo-colonialista”. Inoltre, fonti del governo sudanese hanno reso noto che “il presidente sarà presente al summit di Doha (Qatar) del 30 marzo e parteciperà a tutti i vertici della Lega Araba e dell’Unione Africana”. Intanto a Kahtoum migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare contro il mandato di arresto. “Le strade principali sono bloccate da persone che scandiscono slogan e brandiscono cartelli con l’immagine di Beshir – hanno detto alla MISNA fonti sul posto – ma a parte questo la situazione è tranquilla e sotto controllo”. L’emittente araba al Jazeera ha mostrato le immagini di un cartello con su scritto: “No alla violazione della sovranità del paese”. Molti sudanesi infatti “percepiscono la decisione della Cpi come un attacco diretto contro il Sudan – aggiungono le fonti – davanti al quale i presunti crimini di Beshir e della classe politica passano in secondo piano”.Misna