Toscana

Se il massone non si dichiara

di Simone PitossiDue articoli sono sul banco degli imputati. C’è chi vorrebbe abrogarli, c’è chi lotterà perché vengano mantenuti. Si tratta degli articoli 11 e 12 della legge regionale 68 del 1983 che prevedono la necessità di dichiarare l’appartenenza a una qualsiasi associazione – e quindi anche alla massoneria – per i consiglieri regionali e per i dipendenti della Regione. La proposta di abrogazione – in attesa di dibattito in Consiglio regionale – arriva da una delle forze del centrosinistra, lo Sdi di cui è capogruppo Pieraldo Ciucchi. Che cosa prevede la legge «incrimininata»? E soprattutto cosa chiedono i due articoli che Ciucchi intende abolire? Sono davvero lesivi della libertà di associazione e della riservatezza come dichiarato dal Gran maestro aggiunto del Grande Oriente d’Italia (la più grande associazione massonica d’Italia), il livornese Massimo Bianchi? A queste domande risponde il costituzionalista Emanuele Rossi, docente alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.

Professore, iniziamo l’analisi della legge dal primo degli articoli che si vorrebbero abrogare, l’articolo 11, che riguarda i consiglieri regionali. Si dice che sia lesivo della libertà di associazione. È vero?

«Basta leggere la disposizione per osservare come essa non vieta in nessun modo la libertà di ciascun consigliere regionale di appartenere ad una qualunque associazione. E nemmeno si impone un obbligo giuridico di comunicazione. Semplicemente si invitano i consiglieri regionali a depositare una “dichiarazione illustrativa della propria appartenenza ad associazioni, precisandone la denominazione”: dichiarazione che poi sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana».

E se non lo facessero?

«Questo comporta solo, in base alla legge, che il Presidente del Consiglio regionale ne dia notizia e che il consigliere regionale possa, se lo ritiene, chiarire i motivi della mancata dichiarazione. Tutto qui: non è previsto nessun tipo di sanzione se non lo fa. Quindi, ricapitolando: non si limita la libertà di associazione, non si pone un obbligo di manifestare a quali associazioni uno appartenga. C’è solo un invito che, così formulato, costituisce un bilanciamento ragionevole rispetto all’interesse alla trasparenza e alla responsabilità che ciascun consigliere si assume nel momento del voto».

Qualcuno parla addirittura di discriminazione degli aderenti alla massoneria…

«Discriminazione in relazione a cosa? L’invito a dichiarare l’appartenenza è chiesto, ovviamente, ad elezioni avvenute. Quindi, se anche qualcuno volesse ritenere che la dichiarazione sia fonte di discriminazione, questa non riguarderebbe il rapporto con il corpo elettorale che ha già espresso la propria preferenza. Ma a mio avviso non c’è pericolo di discriminazione nemmeno in relazione allo svolgimento dell’attività consiliare: non credo che queste dichiarazioni possano limitare la libertà di azione del consigliere. Se così fosse, il problema sarebbe assai più grave, e sottolineerebbe la pericolosità non della dichiarazione di appartenenza, ma della stessa appartenenza!».

E per quanto riguarda la riservatezza e la cosiddetta privacy?

«Questo è un punto già ampiamente risolto sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza. Il principio della riservatezza, quando vi sono degli incarichi pubblici soprattutto conseguenti ad elezioni, può subire una limitazione maggiore rispetto a quella applicabile ad ogni privato cittadino. Le limitazioni che può subire sono giustificate in ragione del mandato pubblico che uno riceve e delle funzioni pubbliche che esercita. Ciò significa, detto in altri termini, che la riservatezza è principio da garantire anche nei confronti di queste persone, ma in modo meno vincolante rispetto alla generalità delle persone. Nel caso specifico mi sembra che le disposizioni di cui si sta parlando costituiscano una limitazione ragionevole del diritto in questione, in funzione della necessità di garantire altri interessi, quale quello della responsabilità e della trasparenza dell’azione del consigliere».

Quindi si può concludere che non ci sia niente di vessatorio in questo articolo…

«Ciò che la legge prevede non mi pare irragionevole perché richiama il valore della responsabilità che ogni consigliere ha e da cui discende poi il valore della trasparenza, finalizzato a rendere partecipi i propri elettori circa le ragioni della propria azione. A mio avviso, l’esigenza di rendere chiaro e corretto il rapporto politico tra elettori ed eletti richiederebbe forme di rafforzamento della dichiarazione in esame, non un suo affievolimento».

Quello che si è detto finora si può estendere anche a tutti quei comuni – come quello di Piombino – che prevedono nello statuto e nei regolamenti una norma analoga…

«Senz’altro una norma statutaria o regolamentare dei Comuni può prevedere misure analoghe a questa senza violare nessun diritto, anzi garantendo maggiormente la trasparenza e l’efficienza dell’azione politico–amministrativa».

L’articolo 12 della legge riguarda invece i dipendenti della Regione. Qui la sanzione è prevista: nel caso che uno ometta di dichiarare la propria appartenenza è prevista la decadenza dalla nomina, ovvero il licenziamento. Che cosa ne pensa?

«Qui la disposizione ha carattere vincolante. La fattispecie presa in esame dalla norma attiene ad un rapporto di tipo fiduciario tra chi nomina e colui che è nominato: questo tipo di rapporto presuppone una conoscenza della reale situazione del soggetto che si va a nominare e quindi anche la sua eventuale indipendenza di pensiero in relazione a certe organizzazioni di cui può far parte. In definitiva, si chiede a questi soggetti un curriculum vitae che sia veritiero e non limitato all’attività professionale in senso stretto ma che coinvolga anche la dimensione della loro vita sociale. Tutto ciò è giustificato dal rapporto fiduciario, anche se nell’applicazione concreta non si può escludere che eventuali appartenenze possano dar luogo a comportamenti discriminatori da parte di chi deve operare le nomine. Ma in tal caso possono attivarsi gli strumenti di garanzia previsti dalla legge, per cui non mi pare che un uso distorto della norma possa incidere sulla sua legittimità».

Cosa succederà in Consiglio regionaleLa parola ora passa al Consiglio regionale. La proposta di abrogazione dei due articoli (11 e 12) della legge 68/1983 presentata da Ciucchi e passata dalla Prima Commissione (dove non è stata approvata) all’aula consiliare. Il dibattitto, probabilmente, ci sarà nella prossima seduta, il 18 e 19 novembre. Ma quali sono le posizioni in campo? Chiara è quella dello Sdi che ha presentato la proposta. «La libertà di associazione – osserva il capogruppo Pieraldo Ciucchi – viene prima della trasparenza». E ricorda che la Toscana è l’unica regione insieme alle Marche a prevedere l’obbligo di dichiarazione di appartenenza ad un’associazione.

Nel centrosinistra c’è chi si schiera decisamente sull’altra barricata. Secondo Gianluca Parrini (Margherita) attualmente «non c’è nessuna discriminazione nei confronti di chi è massone» e «la norma non mina in alcun modo la libertà di associazione». «Sbagliano quindi – conclude il consigliere regionale – Sdi e una parte dei Ds a combattere una battaglia contro questa legge». Proprio i Ds, tramite il segretario regionale Marco Filippeschi, dicono che «la Massoneria deve rispettare le regole che prescrivono le dichiarazioni di appartenenza ad ogni tipo di associazione». Ma poi, nel caso specifico di un analogo dibattito nel Comune di Piombino, il partito si è diviso votando in parte per l’abrogazione della norma statutaria, in parte contro. Per quanto riguarda il centrodestra Forza Italia ha dichiarato di essere a favore della proposta di Ciucchi mentre l’Udc ha una posizione più sfumata.

«La Massoneria, dal punto di vista religioso, – spiega il capogruppo Marco Carraresi – è storicamente e culturalmente inconciliabile con il cristianesimo. Ma tra le posizioni massimaliste e quelle minimaliste dobbiamo trovare una soluzione equilibrata».

Le Logge in ToscanaIn Toscana le logge massoniche sono oltre cento. Infatti 99 sono quelle che appartengono al Grande Oriente d’Italia, detta massoneria di Palazzo Giustiniani. A queste vanno aggiunte quelle della Gran Loggia d’Italia, ovvero la massoneria di Piazza del Gesù e di altre associazioni minori. Ma andiamo a vedere nel dettaglio. • Grande Oriente d’ItaliaÈ l’associazione massonica più antica. La sede regionale è a Firenze (Borgo degli Albizi, 18). Le logge in totale sono 99 (in Italia sono 574) di cui 44 a Firenze (più due in provincia: una a Fiesole, l’altra a Empoli). Firenze vanta il record italiano in fatto di logge: solo Roma è appaiata, le altre città sono tutte dietro (Torino con 35, Milano con 27, Palermo con 19). In Toscana subito dietro il capoluogo c’è Livorno con 12 logge, di cui 3 a Piombino. Seguono Grosseto (9 di cui 5 tra Follonica e Massa Marittima), Arezzo (8), Siena (6), Pisa e Pistoia (5), Lucca (4, di cui 3 in provincia), Massa Carrara e Prato (2). I membri per ogni loggia variano da 15 a 30. In totale gli iscritti toscani sono circa 2.400 (in Italia sono 15.000). Il sito internet è: www.grandeoriente.it. • Gran Loggia d’ItaliaLa Gran Loggia d’Italia, detta di Piazza del Gesù, nasce nel 1908 per scissione dal Grande Oriente d’Italia. La sede regionale è a Firenze. In Italia conta circa 6–7.000 membri e la particolarità è che, a differenza delle altre, ammette anche le donne. In Toscana sono presenti 20 «Orienti», ovvero la località dove ha sede almeno una Loggia. Sono: Firenze, Val di Nievole, Prato, Arezzo, Grosseto, Castiglione della Pescaia, Argentario Albinia, Massa Marittima, Livorno, Cecina, Piombino, Portoferraio, Lucca, Viareggio, Pisa, Pistoia, Montecatini, Siena, Pontremoli, Massa Carrara. Il sito internet nazionale è: www.granloggia.it. • Gran Loggia regolare d’ItaliaTra le associazioni minori, la più importante è la Gran Loggia Regolare d’Italia costituita da una scissione del 1993 avvenuta per iniziativa dell’allora Gran Maestro del Goi Giuliano Di Bernardo. A livello nazionale conta circa 1.000 iscritti. La sede regionale è ad Arezzo (via Borgunto 6). In Toscana si contano 13 logge. La parte del leone la fa Arezzo con 5 logge di cui 1 a Sansepolcro. Seguono Firenze con 3, Follonica e Massa Carrara con 2 ciascuna, Montecantini con 1. Il sito internet è: www.glri.org.

Legge regionale 68/1983 sulla trasparenza degli eletti