Toscana

Secondo figlio, si discute sul bonus

DI ANDREA FAGIOLI«Un bambino che gioca da solo si misura con se stesso e con la propria fantasia. Due bambini che giocano creano un mondo. Mille euro alle famiglie per ogni nuovo nato dopo il primo figlio dal 1° dicembre 2003». Questa la voce fuori campo mentre un’immagine in bianco e nero ci propone l’antenato dei videogames: dapprima un solo cursore che gioca una sorta di tennis contro il «muro», poi due cursori uno contro l’altro di qua e di là da una linea bianca; poi, mentre l’immagine si colora, un vero e proprio campo da tennis per un singolare che si trasforma in doppio. Infine, il rumore di un vetro rotto e la fuga dei cursori dal campo, prima due e poi gli altri due: «Per diventare grandi – conclude la voce fuori campo – è bello essere almeno in due».È lo spot della campagna di comunicazione «1000 euro dal secondo figlio» promossa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che dal 1° dicembre scorso prevede l’erogazione di 1.000 euro per la nascita di ogni figlio dopo il primo.

«Si tratta – spiegano al Ministero – di un’importante misura a sostegno della natalità e della famiglia, inserita nel cosiddetto “maxi decreto fiscale”. È un’altra misura che si concretizza tra quelle presentate nel Libro bianco del welfare, misura che nel lungo periodo si pone tra l’altro l’obiettivo di riequilibrare il problema demografico italiano».

Il Ministro del welfare, Roberto Maroni, si è dichiarato «estremamente soddisfatto per l’attuazione di un provvedimento fondamentale per le politiche di sostegno alla famiglia, perno centrale della nostra società. Se il bonus di 1.000 euro per i figli successivi al primo si rivelerà efficace sulla natalità, l’incentivo sarà reso permanente, e, se troveremo le risorse – ha detto ancora il ministro –, sarà esteso anche al primo figlio. Per verificare l’efficacia dell’incentivo, è stato istituito presso l’Inps un gruppo di monitoraggio. Settimana dopo settimana renderemo noti i dati rispetto all’anno precedente, anche se le differenze non si vedranno dal primo di dicembre, ma a da maggio dell’anno prossimo, mese dal quale potremo verificare se l’incentivo funziona».

L’iniziativa del Ministero delle politiche sociali non ha però raccolto grandi entusiasmi, a partire dal Forum delle associazioni familiari: «Dopo mesi di promesse e di attese ci dobbiamo arrendere – affermano i responsabili nazionali del Forum – all’evidenza che la Finanziaria varata dal Governo non rispetta gli impegni presi quando un ordine del giorno del Parlamento aveva impegnato il Governo ad avviare, fin da questa Finanziaria, politiche familiari strutturali ed in particolare deduzioni corrispondenti alla spesa sostenuta per i figli a carico. Ed invece l’unica proposta che è stata avanzata è quella di un bonus per i figli che nasceranno nei prossimi mesi, ma solo per i figli dal secondo in su».

Il Forum prende atto «che questo bonus rappresenta un segnale di attenzione ai costi sostenuti dalla famiglia per i figli. Ma si tratta di un segnale debole perché limitato nel tempo e nell’importo e soprattutto perché ignora i figli primogeniti».

Proprio per ovviare almeno in parte «alla debolezza di questo provvedimento e per evitare la confusione tra politiche familiari e politiche a sostegno della natalità», il Forum chiede «che il bonus venga esteso a tutti i nuovi nati, ivi compresi i primogeniti».

Più conciliante il presidente toscano del Forum, Alfonso Cipriani, a giudizio del quale il bonus «è un passo, sia pure modesto, verso una legislazione improntata al favor familiae molto carente nel nostro ordinamento». Cipriani, inoltre, non concorda con chi censura il provvedimento perché l’erogazione del bonus non fa riferimento al reddito: «Non bisogna – dice – confondere la normativa diretta ad intervenire sulle singole situazioni di bisogno, con quella diretta a promuovere le risorse della società come va considerata la nascita di un figlio. Famiglie povere e famiglie ricche che conoscono il ruolo sociale che possono e vogliono svolgere, sono una grande risorsa per l’intera società».

Qui in Toscana, a smontare l’iniziativa ci ha pensato un ricercatore dell’Irpet, Nicola Sciclone, il quale parla di «cifra simbolica» e «poco efficace per fronteggiare i costi che l’arrivo di un secondo figlio comporta». Sarebbe stato più opportuno, a giudizio del ricercatore dell’Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana, «aumentare le detrazioni fiscali per i figli a carico o introdurre fra gli oneri detraibili, o fra quelli deducibili, le spese di alcune voci significative come ad esempio la baby sitter e gli asili nido. Il Governo ha deciso diversamente e con molta probabilità l’impatto del bonus sulla fertilità degli italiani sarà praticamente nullo».

«Questo lo vedremo tra un anno – replica Grazia Sestini, sottosegretario di Forza Italia al Ministero del welfare –. Intanto bisogna sapere – aggiunge la senatrice aretina – che la nostra azione si muove in due direzioni: verso il sostegno alla famiglia e verso l’aumento della natalità e in entrambi i casi lo facciamo con l’aiuto monetario e con l’aumento dei servizi. Come terza direttrice, io aggiungo la riforma del mercato del lavoro, perché a mio giudizio favorisce soprattutto l’occupazione femminile. Le tre cose vanno lette assieme e tra un anno verificheremo se la combinazione avrà dato qualche frutto».Per il resto, «lo so perfettamente che non si fa un figlio per mille euro – ammette il sottosegretario –, però in Italia ci sono 144 mila aborti ufficiali l’anno e a me basterebbe che alcune donne che abortiscono per motivi economici fossero indotte a ripensarci. Sarebbe già un grande risultato». Tornando ai mille euro, la senatrice Sestini spiega che la cifra «va a coprire le spese iniziali. So benissimo – aggiunge – che per un bimbo allattato con il latte artificiale, mille euro bastano solo qualche mese e lo stesso si può dire per la retta dell’asilo nido. Ma questo intervento, come detto, va combinato con gli altri interventi e rappresenta un segno di attenzione da parte del Governo nazionale a cui non è detto che si possano aggiungere altri aiuti da parte di Comuni o Regioni».Ma non era meglio, come dice l’Irpet, intervenire sulle detrazioni fiscali?

«Questo l’ho detto anch’io – risponde la Sestini –. Il problema è che le detrazioni fiscali non sono possibili per motivi di bilancio. Culturalmente sono molto più favorevole alle detrazioni, in quanto rispettano il principio di sussidiarietà. Sarebbe dunque stato meglio, sono d’accordo, ma noi un segnale d’attenzione volevamo darlo lo stesso, anzi: personalmente rivendico di aver rimesso la famiglia al centro delle politiche sociali, di aver ricominciato ad investire sulla famiglia».

Infine, gli spot: qualcuno dice che costeranno più del bonus… «Assolutamente no – replica il sottosegretario –: gli spot televisivi sono fatti negli spazi gratuiti e rientrano in una convenzione con la Rai, mentre la realizzazione, a costi contenuti, è curata dalla presidenza del Consiglio. Lo spot non è propaganda del Governo, è pura informazione».

Italia, i requisiti per avere l’assegnoL’assegno pari ad euro 1.000,00, di cui all’articolo 21 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito in legge 24 novembre 2003 n. 326), è concesso – spiega il nostro Ministero del welfare – per ogni figlio nato dal 1° dicembre 2003 al 31 dicembre 2004, che sia secondo od ulteriore per ordine di nascita. Lo stesso assegno è concesso per ogni figlio adottato nel medesimo periodo. In caso di parto gemellare o plurigemellare, l’assegno è concesso per ogni figlio secondo od ulteriore (primo parto gemellare: l’assegno è concesso per il figlio gemello nato per secondo. Parto gemellare che segue altri parti: l’assegno è concesso per tutti i figli gemelli, essendo tutti secondogeniti, terzogeniti ecc.). Ai fini dell’ottenimento dell’assegno la madre del bambino deve: essere cittadina italiana o comunitaria; essere residente in Italia al momento del parto del bambino ovvero al momento dell’adozione. Il Comune di residenza della madre, all’atto dell’iscrizione anagrafica del nuovo nato o adottato, provvede a verificare il possesso dei suddetti requisiti e a trasmettere le necessarie informazioni all’Inps ai fini dell’erogazione dell’assegno». Politiche familiari, penultimi in EuropaNelle politiche familiari l’Italia investe lo 0,9% della ricchezza nazionale. Una percentuale che ci relega agli ultimi posti nell’Unione europea. Lo dice un recente studio Eurispes («Politiche sulla famiglia: l’Italia in grande ritardo»). In testa la DanimarcaÈ la Danimarca, con il 3,8%, il Paese europeo che destina la più alta percentuale del proprio Prodotto interno lordo (Pil) alle politiche familiari. Seguono la Svezia (3,5%), la Finlandia e il Lussemburgo (3,4%), la Francia e la Germania (3%), l’Austria (2,9%), il Belgio (2,6), la Gran Bretagna (2,4%), la Grecia (2,1%). Meglio dell’Italia anche il Portogallo e i Paesi Bassi, che destinano l’1,2% del loro Pil alle politiche familiari, e l’Irlanda con l’1,9%. L’Italia è abbondantemente al di sotto della media Ue, che è pari al 2,3%. Spagna fanalino di codaSolo la Spagna sta peggio di noi con lo 0,4% del Pil. L’esiguità di risorse destinate dall’Italia alle famiglie è una causa immediata della scarsa natalità. Per rilevare questo rapporto di causa-effetto, i ricercatori dell’Eurispes hanno fatto un semplice raffronto tra Italia e Francia. Col 3% del Pil destinato al welfare per le famiglie, la Francia investe circa 80 miliardi di euro all’anno, e può permettersi il più elevato tasso di fecondità (1,9 bambini per donna). Al contrario le famiglie italiane incontrano grosse difficoltà a concepire figli (il tasso di fecondità medio per la donna italiana è pari a 1,2: il più basso d’Europa) a causa proprio degli scogli economici e della latitanza delle politiche a sostegno della famiglia. Per quanto concerne i sussidi indiretti, l’Eurispes mette in evidenza l’insufficienza delle detrazioni fiscali in vigore nel nostro Paese confrontandole con Francia e Germania: per una famiglia con due figli a carico e un reddito complessivo di 30 mila euro il risparmio d’imposta previsto è pari a poco più di 500 euro in Italia, mentre sale a tremila euro in Francia e a seimila in Germania. Il caso franceseLo Stato francese vanta una politica di sostegno alla famiglia che non ha eguali in Europa. Le prestazioni a sostegno della famiglia, nell’ambito delle quali sposati e conviventi godono degli stessi diritti, presentano un elevato grado di articolazione. Il perno delle politica familiare francese è costituito dal sistema fiscale, che agevola le famiglie numerose. In Francia gli sgravi fiscali sono validi per i figli minorenni o fino ai 25 anni di età se studenti, a condizione che abitino in famiglia. Lo Stato prevede inoltre sussidi per l’alloggio e assegni familiari inversamente proporzionali al reddito per ogni figlio di età inferiore agli 11 anni. L’impegno della Francia a sostegno della famiglia ha recentemente compiuto un ulteriore salto di qualità, grazie ad una nuova serie di misure, cumulabili con altri sussidi e destinati al 90% dei nuclei familiari, esclusi quelli a più alto reddito. Il pacchetto di misure, denominato «Prestazione di accoglienza del bambino piccolo» (Paje), interesserà i bambini nati a partire dal primo gennaio 2004 e comporterà una spesa pubblica di un miliardo e 200 milioni di euro nell’arco dei prossimi tre anni. Ma c’è chi avverte: attenzione, sono indagini fasulle«Non è vero che l’Italia è al penultimo posto in Europa nelle politiche familiari – avverte Grazia Sestini, di Forza Italia, sottosegretario alle politiche sociali –. Queste indagini – spiega – tengono conto soltanto degli investimenti statali, che in Italia rappresentano una piccola parte dell’investimento sociale. Nel nostro Paese, sul sociale si investono oltre 40 mila miliardi di vecchie lire l’anno, perché si deve tener conto degli investimenti degli enti locali, del privato e soprattutto del privato sociale. I Comuni mettono da soli oltre 15 mila miliardi di vecchie lire. Il privato sociale si avvicina agli 8 mila miliardi. Quindi – conclude il sottosegretario – sono indagini fatte con criteri che non corrispondono alla realtà italiana».

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