Toscana

Società della salute: carrozzoni o strumenti utili?

di Ennio Cicali

Un carrozzone inutile, dicono i detrattori. No, ribattono i sostenitori, è uno strumento utile per la gestione della sanità toscana. Tra i due fuochi è la Società della salute (Sds), nata nel 2004 dopo oltre due anni di dibattiti e consultazioni con le parti sociali – dal sindacato al volontariato – per dissipare dubbi e perplessità sulla loro utilità. Molti temevano, e tuttora temono, che la Sds fosse solo l’occasione per fare rientrare la politica – cioè i Comuni – nella gestione della sanità estromessi dopo la nascita delle Asl (che hanno sostituito le «Usl») come aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale. Nel botta e risposta tra favorevoli e contrari le Sds sono andate avanti, con la definizione dei Pis (piani integrali della salute) e i Poa (piani operativi annui). «Libri dei sogni», osserva Marco Carraresi, consigliere regionale Udc,  perplesso fin dall’inizio sull’utilità delle nuove strutture.

Piani, progetti, ma chi si è accorto dell’esistenza delle Sds e, soprattutto, della loro utilità? Nate con il fine di assistere le categorie più disagiate le Sds non sono riuscite a scrollarsi di dosso le perplessità che ne segnarono i primi passi. Cosa sono, cosa fanno e rappresentano? Per molti sono totalmente sconosciute, nonostante si debbano interessare di problemi di scottante attualità come l’assistenza agli anziani non autosufficienti.

«Il peso delle Società della Salute sui servizi sanitari e socio-sanitari ai cittadini è minimale – spiega Carraresi, –  Per dar loro peso si è dovuto stabilire che, ad esempio, i fondi per la non autosufficienza (assistenza agli anziani) siano assegnati a loro e non ai singoli Comuni della zona. Si tratta di un giro inutile ma che serve per dire che le Società della salute “si occupano dei fondi per la non autosufficienza e per l’assistenza agli anziani”».

Le Sds possono essere presiedute da amministratori pubblici (sindaci, assessori, presidenti di quartiere) che non ricevono alcune indennità. Le risorse finanziarie che hanno ricevuto dal 2004, e ricevono tuttora, sono state impiegate quale sostegno alla sperimentazione e non alla gestione dei servizi che viene assicurata dalle risorse autonome dei bilanci comunali e delle Aziende sanitarie secondo i rispettivi ordinamenti. Finanziamenti utilizzati in prevalenza per il pagamento della retribuzione al Direttore della Sds, con uno stipendio medio annuale tra i 110 e i 120 mila euro, della struttura di supporto (in prevalenza amministrativa) e le collaborazioni e consulenze di varia natura che si sono rese necessarie per procedere allo studio ed elaborazione di indagini epidemiologiche e sociali e per la formazione del Piano integrato di salute (lo strumento di programmazione locale).

L’attività delle Sds toscane è stata oggetto di valutazione da parte del Laboratorio management e sanità della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. La maggior parte dei giudizi  è positiva. Di tutt’altra opinione il consigliere regionale del Pdl Stefano Mugnai,  il  vicepresidente della IV Commissione (Sanità).  «C’è una dicotomia enorme – spiega – tra ciò che afferma lo studio del Laboratorio management e sanità della Sant’Anna e quella che è la percezione diffusa soprattutto tra gli operatori del settore socio-sanitario, i primi a criticare severamente l’utilità e il funzionamento delle Società della Salute della Toscana». Non manca poi qualche episodio paradossale come quello accaduto alla Sds dell’Empolese-Valdelsa, considerata tra i migliori dallo studio, che si è vista bocciare dal Tar una delibera con cui imponeva ai disabili 80 euro di contributo mensile per fruire dei servizi di mensa e trasporto.

Arriva dalla Cisl Toscana una domanda provocatoria: «La Regione vuole davvero portare a compimento la “rivoluzione” delle Società della salute o non ci crede più ?» si è chiesto il segretario generale Riccardo Cerza nel corso di un convegno a cui ha preso parte anche l’assessore regionale alla salute, Daniela Scaramuccia.

«Integrare sociale e sanità attraverso le Società della Salute – ha detto Cerza – rappresenta una rivoluzione nella filosofia e nell’organizzazione del welfare regionale. Una rivoluzione che la Cisl ha condiviso e appoggiato, perché punta a mettere al centro la persona con i suoi bisogni, ritarando su di essi i servizi, piuttosto che tenere al centro i soggetti pubblici erogatori dei servizi e obbligare le persone a rincorrerli”».

Due punti di vista sul ruolo delle Sds:  pensionati  e lavoratori della sanità. Il segretario regionale della Federazione pensionati Cisl, Mauro Scotti da una «valutazione mediamente positiva del sistema socio-sanitario toscano», non nascondendo però «alcune lacune, su temi come non autosufficienza e liste d’attesa». Secondo Scotti  «la legge regionale sulla non autosufficienza è buona e il Fondo regionale da 80 milioni è una conquista importante». Ma la maggior parte del peso grava ancora sulle famiglie.

«Bisogna smettere di assumere sempre più medici e dirigenti, mentre occorrono infermieri ed operatori socio-sanitari», afferma Andrea Morandi, segretario della Funzione Pubblica Cisl della Toscana, i cambiamenti e la qualificazione della spesa sanitaria regionale richiedono una nuova scommessa sul personale: professionale, motivazionale, sulla formazione e sugli incentivi. Per Morandi «bisogna snellire le procedure concorsuali nelle Asl, troppo lente e burocratiche e che portano all’assunzione di personale precario in attesa degli stessi concorsi: i lavoratori interinali sono passati da 62 nel 2006 a 310 nel 2010, mentre la quota di quelli a  tempo determinato raggiunge i 1591 addetti».

«La Regione nelle Società della salute ci crede» – risponde l’assessore regionale alla salute, Daniela Scaramuccia –. «Laddove funzionano e si riesce a fare questa integrazione tra sociale e sanitario, se ne vedono i risultati e le persone sono contente. Un esempio per tutti è quello della non autosufficienza, dove i punti unici di accesso a cui la famiglia può rivolgersi quando la persona perde l’autosufficienza funzionano bene». A proposito delle Società della salute ancora non costituite, afferma l’assessore che è l’importante è non perdersi dietro alle discussioni e dare servizi ai cittadini e conclude: «Non possiamo permetterci di perdere tempo».

LA SCHEDAUna realtà solo Toscana

Le Società della salute (Sds) esistono solo in Toscana. La prima previsione delle Società della Salute era contenuta nel Piano Sanitario Regionale 2002-2004 come naturale evoluzione delle «zone-distretto». Nel luglio 2004 iniziò una fase sperimentale (la prima fu quella di Firenze) che coinvolse 18 Sds, 158 comuni e 10 Aziende sanitarie (57% della popolazione). Nel novembre 2008 furono introdotte in forma definitiva con la modifica della LR 40/2005 «Disciplina del servizio sanitario regionale» approvata dal Consiglio Regionale nel novembre 2008. Secondo il progetto iniziale,  rappresentano una soluzione organizzativa inedita dell’assistenza territoriale che sviluppa l’integrazione del sistema sanitario con quello socio assistenziale. Sono consorzi pubblici senza scopo di lucro, di cui sono titolari le Aziende sanitarie locali e i Comuni della zona -distretto. Il fine istituzionale delle Società della salute (Sds) supera l’offerta di prestazioni per perseguire la salute e il benessere sociale. Favoriscono la partecipazione dei cittadini alle scelte sui servizi socio-sanitari, attraverso le loro rappresentanze istituzionali e associative.

Svolgono funzioni di indirizzo e programmazione strategica, organizzazione e gestione delle attività socio-sanitarie e delle attività di assistenza sociale, individuate dal piano regionale di controllo, monitoraggio e valutazione. L’assistenza sanitaria territoriale è esercitata dall’azienda sanitaria in attuazione della programmazione della SdS ed è basata su modelli organizzativi che privilegiano il lavoro associato e multiprofessionale. Con il Piano integrato di salute si programmano le politiche sociali e sanitarie e la loro connessione con i settori ambientali e territoriali che hanno influenza sulla salute della popolazione. Gli organi delle Società della Salute sono l’assemblea dei soci formata dai responsabili legali degli enti consorziati; la giunta esecutiva formata di norma da tre componenti; il presidente che ha la rappresentanza generale del consorzio; il collegio sindacale; il direttore tecnico che ha anche la responsabilità della zona-distretto sanitaria.

La guida è affidata alla Conferenza dei sindaci e, dove non vi è Sds, alla Conferenza zonale dei sindaci e il direttore della SdS è responsabile della zona distretto. La normativa regionale istituisce anche due forme di partecipazione stabili e riconosciute: il Comitato di partecipazione che coinvolge membri rappresentativi della comunità locale, rappresentanze dell’utenza dei servizi, dell’associazionismo di tutela, purché non erogatori di prestazioni; la Consulta del terzo settore che raccoglie le organizzazioni del volontariato e gli erogatori di prestazioni.

Delle 34 Società della salute previste in Toscana ne sono state attivate finora 28: Lunigiana, Apuane, Valle del Serchio, Piana di Lucca, Pistoiese, Val di Nievole, Pratese, Alta Val di Cecina, Val d’Era, Bassa Val di Cecina, Pisana, Livornese, Val di Cornia,  Alta Val d’Elsa, Val di Chiana Senese, Amiata Senese, Senese, Casentino,  Colline Metallifere, Amiata grossetana, Grossetana, Firenze, Fiorentina nord-ovest, Fiorentina sud-est, Mugello, Empolese, Valdarno inferiore, Versilia. Sono ancora da attivare: Elba, Val di Chiana Aretina, Aretina, Valdarno, Colline dell’Albegna, Val Tiberina.