Toscana

Soffici e Rosai in mostra alle Scuderie medicee di Poggio a Caiano

Ventisei dipinti e dieci disegni per ogni autore, dagli anni ’10 al secondo dopoguerra, in un allestimento che pone i due artisti a fianco a fianco in un ideale riscontro, o meglio in una visione parallela di linguaggi figurativi che ritroviamo sulla linea portante della grande tradizione italiana: meditate e sintetiche le illuminazioni realistiche di Soffici; drammatica e aspra, con fiammate di poesia, la realtà di Rosai.

Ardengo Soffici (Rignano sull’Arno 1879 – Vittoria Apuana 1964) e Ottone Rosai (Firenze 1895 – Ivrea 1957), ciascuno a suo modo, dettero al loro tempo un forte impulso di idee e un orientamento del gusto, in un ambiente lacerato da vistose diatribe e fazioni politiche, da scabrose tensioni sociali. I dipinti e i disegni presenti in mostra, almeno quanto i loro scritti, rispecchiano ciò che vi era di intesa autentica fra i due pittori ma anche le differenti motivazioni etiche: Soffici nutrito da un’esperienza internazionale per quanto attento ai campioni semplici dell’arte popolare e primitiva; Rosai cresciuto nel crogiuolo fiorentino, per slancio naturale, per confidenza e solidarietà, preso dalla vicinanza con i ceti più poveri e modesti degli artigiani, dei venditori ambulanti, dei carrettieri… coloro che non venivano sfioranti dalla storia, la subivano senza potersi rialzare. Da qui la percezione diversa del mondo che andava cambiando e manteneva ancora larghi spazi arcaici – per Soffici si parlerà di classicismo, per Rosai di medievalismo. Più soppesata e armonica la lezione di Soffici; rustica e talvolta provocatoria quella di Rosai, con momenti di commossa interpretazione lirica.

I rapporti tra i due iniziarono con lo slancio di compagni che devono fatalmente incontrarsi e subito sentono di avere cospicue ragioni da condividere, nonostante i sedici anni di differenza. Una simpatia reciproca che si accese alla mostra dei futuristi di Lacerba, a Firenze, alla fine del 1913 e durò ininterrotta fino alla pubblicazione del pamphlet polemico firmato da Rosai, influenzato dal fascismo radicale di Berto Ricci, Alla Ditta Soffici-Papini & Compagni (Edizioni Fiorentine, 1931).

Il percorso espositivo si snoda fra dipinti e disegni mostrando le sorgenti che ciascun artista fa affiorare nella propria opera: di sostanziale sintonia il loro sguardo sul paesaggio toscano che diviene archetipo di un modo per raccordare uomo e natura nelle loro essenze anche sentimentali ed emotive. La semplicità, il suggerimento raccolto dalle tonalità delle ore e delle stagioni, la pausata, feconda consultazione del reale arricchiscono il linguaggio degli artisti e hanno consentito all’insieme dei campestri e civili panorami toscani di ottenere variate interpretazioni.

In mostra compaiono pagine celebri e meno note di Soffici: Casolari (1912-1913), Strada, 1933, Sera di primavera, 1938, Casa dell’Alderighi, 1942, Cortile di Poggio a Caiano, 1943, e vedute della Versilia, Marina di Massa, 1950, Cabine al Forte (1961), Spiaggia del Forte (1961). Di Rosai: Piazza del Carmine 1922, una delle prime versioni della Via San Leonardo, 1934, che ha splendido stacco ambientale, Terra toscana, 1939, Prato deserto, 1941, di grande formato, somma di maestose sobrietà, Strada fiorentina (1954) che sembra serrare fra parentesi scure il senso di una città medievale.

Così i quadri che hanno per tema oggetti e frutti; di Soffici: Natura morta con fruttiera e La lucernina (1911), l’innovativa scomposizione cubofuturista Bottiglia e candeliere (1913), Fiasco e bicchiere (1920), Pera, bottiglia e tazza (1950), Fiori (1959); di Rosai: Natura morta, 1919; Natura morta, 1933, sono testi evidenti di quanto la creatività può dare in purezza assolvendo, nell’eredità di Cézanne e con nuovi accenti, gli accordi che stanno fra visione oggettiva e incantamento.

Le figure e i ritratti stanno invece in contesti singolarmente personali; sono documenti pittorici che interpretano e raccontano quasi opposte facce: in Soffici si ha un pacato realismo, un rispecchiamento che contiene gli estremi della persona osservata nella sua verità, senza deformare i connotati: Ritratto di contadina, 1921, Lidia, 1941.

Per Rosai più complessa e scabrosa la raffigurazione dei personaggi che sceglie: Donne alla fonte (1922), Conversazione, 1922, Operai in riposo, 1922, Carabinieri, 1927, I fidanzati, 1934, Egidio, 1938, Osservando il gioco, 1939, Il rabdomante, 1940,e il tormentato Autoritratto, 1944. Una intensità di caratteri che lui conosce, di persone che frequenta, magari nelle bettole d’Oltrarno, che gli si fanno accanto sui marciapiedi o nelle strette vie lastricate che sono periferie mentali oltre che fisiche. Con lui conosciamo l’identità di un popolo – una realtà farcita di miseria, riscattata dallo stile – che affronta l’esistenza senza arroganza e senza rassegnazione; identità qualificata dal pittore come sincerità espressa, manifestazione di stati d’animo e sintomo di una società in disagio.

Una tale scrittura drammatica è incisa ancor di più nel disegno rosaiano, governato da così alte capacità espressive che pongono al vertice, in questo campo, l’artista fiorentino con pochi altri colleghi come Sironi e Viani.

Di Soffici compaiono vignette del periodo parigino, 1901-1905, e studi preparatori per quadri eseguiti nel 1907, nel 1911, due composizioni cubofuturiste e carte che spiegano la qualificazione, la maturazione formale della figura e del paesaggio.

Queste impostazioni grafiche, tematiche e compositive, valide come affermazioni di poetica, nelle quali la realtà gioca un ruolo determinante, le troviamo articolate letterariamente nelle riviste di punta che furono ribalta culturale per i due artisti: La Voce, Lacerba, La Ghirba, La Vraie Italie, Rete Mediterranea, i fogli battaglieri Il Selvaggio, L’Italiano, L’Universale, Il Bargello, Il Frontespizio, cioè il complesso significativo delle testate d’avanguardia, di polemica, di costume, cui collaborarono. Questi documenti a stampa sono esposti insieme con lettere originali, fotografie d’epoca, pennelli e tavolozze, prime edizioni di libri pubblicati da Soffici e Rosai.

La mostra riunisce voci che furono in prima linea nell’opera di aggiornamento dell’estetica italiana e che non si sono esaurite con la scomparsa dei due artisti; una esplorazione nella realtà naturale e nella realtà umana che non è arido territorio teorico, ma ha un approccio sostanzialmente filosofico e poetico, quindi attuale, nel coinvolgimento delle fondamentali esigenze dell’individuo; argomenti che nutrono il presente così come hanno modellato il passato prossimo riportando in termini di sobria e sintetica realtà, oppure di realtà selvatica, le componenti del pensiero, senza spezzare il raccordo con chi guarda e con chi legge.  

A Soffici e Rosai possiamo rivolgerci come a un campo di vaste fioriture sensibili, colori e aromi, ma anche concezioni dell’esistenza, visioni critiche che possono dare immagini e stimoli ideali, esempi sempre da riscoprire.

Scuderie Medicee, 7 ottobre  – 7 gennaio 2018

Poggio a Caiano (PO), via Lorenzo il Magnifico 9

Orario: dal giovedì alla domenica 10-13 / 14,30-18,30

Ingresso: 7 euro intero, 4 euro ridotto (residenti nel Comune di Poggio a Caiano, studenti da 18 a 25 anni con tessera universitaria, over 65), gratuito se minori di 18 anni. Con lo stesso biglietto della mostra è possibile accedere al Museo Ardengo Soffici e del ’900 italiano.

Catalogo Edifir Edizioni Firenze

Visite guidate il sabato pomeriggio alle ore 16.30 e la domenica mattina alle ore 10.30, a settimane alterne. Le visite sono possibili per gruppi di almeno 10 persone.

Info 345-1563513 e www.museoardengosoffici.it.

Inaugurazione sabato 7 ottobre ore 17