Toscana

Statuto regionale, dibattito su preferenze e voto agli immigrati

di Simone PitossiVoto agli immigrati, abolizione del voto di preferenza. Sono questi i due temi che hanno scaldato il dibattito politico regionale e, anche, nazionale. Soprattutto in questo periodo in cui le regole devono essere riscritte attraverso il nuovo Statuto della Regione. Su un fronte – voto agli immigrati – sembra che ci sia accordo tra maggioranza e opposisione, anche se con sfumature diverse. Mentre sulla possibilità di abolire il voto di preferenza – il meccanismo per cui sulla scheda elettorale accanto al simbolo di partito o di coalizione c’è uno spazio vuoto da riempire con il nome di uno o più candidati – c’è ancora grande spaccatura all’interno degli stessi schieramenti.

E allora iniziamo proprio da quest’ultimo problema. Maurizio Bianconi, capogruppo di Alleanza nazionale in Consiglio regionale, è anche il coordinatore della sottocommissione – nata dalla Commissione Statuto, presieduta da Piero Pizzi – che ha studiato il nuovo sistema elettorale. A che punto è il lavoro? «Abbiamo corso spediti: – spiega Bianconi – la relazione tecnica è già pronta ora dobbiamo produrre un testo di legge. Sono quattro i punti lasciati scoperti: questione femminile, elezione diretta del presidente, numero dei consiglieri, voto di preferenza». La posizione di An sul voto di preferenza è «tiepida». «Per noi non è un argomento determinante – continua il capogruppo –, anzi è marginale. Troviamo deviante il fatto di averlo così centralizzato. Chi lo ha fatto ha evidenti interessi che ci sfuggono. Auspichiamo su questo punto un’intesa poiché l’impianto della legge elettorale è valevole ed efficace. Peraltro il gruppo di Alleanza nazionale non teme le preferenze avendone prese migliaia». Tradotto: An non avrebbe nulla in contrario alla «morte» delle preferenze.

I Ds sono i promotori più convinti dell’abolizione del voto di preferenza, definito addirittura «meccanismo perverso» «Siamo sostenitori di una riforma – sottolinea il capogruppo Paolo Cocchi – che sia in grado di assicurare una buona rappresentanza a tutte le maggiori forze politiche presenti in Toscana ma che allo stesso tempo garantisca anche certezza di rappresentanza anche a tutte le province della Regione. Vorremmo inoltre fosse superato il meccanismo perverso della guerra delle preferenze, un sistema che rischia di introdurre elementi degenerativi sul piano dell’etica pubblica prevedendo semmai l’istituzione per legge delle consultazioni primarie in modo da non limitare il potere di scelte dei cittadini».

Tra i difensori più agguerriti del voto di preferenza c’è Gianluca Parrini della Margherita. Ha addirittura organizzato una raccolta di firme in cento gazebo distribuiti sul territorio. «Il dibattito di queste settimane – osserva il consigliere – ha reso ancora più necessaria l’approvazione di una legge che mantenga il voto di preferenza. Senza preferenze non c’è davvero democrazia. Ogni tentativo di sostituire il voto di preferenza con marchingegni pseudo democratici è sbagliato. L’unica garanzia per i cittadini è sempre stata, è e sarà il voto di preferenza».

Sulla stessa lunghezza d’onda – ma dalla «barricata» opposta – è Marco Carraresi, capogruppo Udc. «Abolire il voto di preferenza – spiega – significa ridurre ancora lo spazio per la libera scelta degli elettori. Ed è esperienza quotidiana che il tanto decantato maggioritario favorisce soprattutto la formazione di cartelli elettorali eterogenei e contraddittori. La riduzione del numero di preferenze, che ora si vorrebbe perfino cancellare, ha poi aumentato a dismisura il potere delle oligarchie dei partiti. Quelle segreterie che, in tempi di Prima Repubblica, erano contestate, anche a ragione, ma almeno allora i partiti esistevano, con i loro iscritti, con le sezioni. Ora chi deciderà la composizione dei «listini»? A chi devono rendere conto?».

La «pace» – almeno apparente – regna sulla questione del voto agli immigrati. Forse anche in conseguenza – soprattutto nel centrodestra – della recente apertura del vice premier Fini. L’unica differenziazione è se dare il diritto di voto a province e comuni o se estenderlo anche alla Regione. Bianconi è netto: «Siamo contrari al voto agli immigrati in assemblea regionale mentre siamo d’accordo per quanto concerne i referendum e il voto amministrativo. Questo perché valutiamo l’assemblea regionale un’assemblea preminentemente legislativa e quindi, per dettato costituzionale, il voto a questo tipo di assemblee è legato al diritto di cittadinanza. Invece per quanto riguarda il voto amministrativo trovo molto giusto che, dopo un congruo periodo di tempo, a chi lavora regolarmente, paga le tasse e appartiene alla comunità sia assegnato il diritto di voto». Parrini ritiene «tale ipotesi un fatto di civiltà che, nelle forme opportune e limitato esclusivamente alle elezioni amministrative, può e deve essere percorsa».

Carraresi pensa che sia «una proposta giusta e condivisibile». «Proprio perché – spiega – è nell’ottica di una vera integrazione. Questo significa che vanno previste regole, tipo una residenza in Italia per tre o cinque anni, come garanzia di un minimo d’integrazione. Su tematiche come queste andrebbero evitati usi strumentali: c’è una strumentalità ideologica e ideologizzata a sinistra, non vi sia una strumentalità neppure nel centro-destra, ma soltanto l’intenzione di dare risposte giuste finalizzate a positivi obiettivi di integrazione e collaborazione». Solo i diessini propongono una fuga in avanti. Il gruppo Ds in Consiglio, annuncia Cocchi, ha infatti «presentato un emendamento allo Statuto regionale proprio per introdurre il diritto di voto per i cittadini extracomunitari che vivono e lavorano in Toscana». Su questo ci sarà da discutere.