Toscana

Testamento biologico, dilagano i «registri»

di Andrea Bernardini

Il primo comune a rendere operativo un registro di raccolta dei testamenti biologici è stato quello di Pisa: da inizio luglio è possibile recarsi a Palazzo Gambacorti e depositare il proprio testamento, mutuato dal modello Veronesi che prevede, sic e simpliciter, la rinuncia ad idratazione ed alimentazione forzata, escluse invece dal testo di legge-Calabrò, approvato al Senato ed ora tornato alla Camera. Poi è arrivato il comune di Calenzano: la delibera con cui la giunta dava il via libera ad un registro delle Dat è del 28 aprile, ma i cittadini hanno potuto recarsi a palazzo per depositare la propria dichiarazione solo dal 21 luglio. Si tratta di un modello più articolato di quello pisano, dove entrano in gioco, ad esempio, cure palliative, respirazione meccanica, idratazione e nutrizione artificiale, dialisi, ma anche interventi di chirurgia d’urgenza, trasfusioni di sangue e persino… terapie antibiotiche.

La corsa alla adozione di un registro per la raccolta di testamenti biologici o dat ha coinvolto molti altri comuni ed oggi è perfino difficile fare una mappa precisa. Un registro, ad esempio, è già operativo a San Giuliano Terme, centro termale all’immediata periferia di Pisa. Mentre delibere per la loro istituzione sono state approvate, per quanto ci è dato di sapere, a Firenze, Empoli, Livorno, Rosignano, Fiesole, e Massa, e anche, lo scorso 7 ottobre, dalla giunta dell’amministrazione provinciale di Pisa.

Ovunque questa decisione è stata accompagnata da contestazioni. A Firenze, come già ricordavamo, la diocesi ha parlato di «atto ideologico, illegittimo e privo di efficacia giuridica, essendo la materia nell’esclusiva competenza del legislatore nazionale». L’Arcidiocesi di Massa Carrara-Pontremoli, a sua volta, critica la mozione del Comune di Massa che risulta, fra l’altro, «palesemente simile alle delibere ratificate nelle scorse settimane da altri comuni della Toscana»: un fatto che «induce a pensare che in alcune forze politiche, sia operante una pervicace volontà di scavalcare le competenze del legislatore nazionale, compiendo atti illegittimi e privi di effetti concreti, dettati più da ragioni ideologiche e partitiche che dalle reali necessità dei cittadini». A queste critiche risponde il Pd: «Quella di una legge che sancisca il diritto al testamento biologico è un’esigenza avvertita dall’80% degli italiani, senza distinzione di fede o di appartenenza politica».

Non sappiamo da dove il Pd prenda queste percentuali. Questa la situazione nei comuni toscani che, per quanto ne sappiamo noi, hanno già un registro: a Pisa (88 mila residenti)  l’assessore Maria Paola Ciccone – nel giorno delle elezioni amministrative – aveva presentato la delibera asserendo che essa andava incontro a numerose richieste dei cittadini. Richieste ridotte a circa cinquanta «dichiarazioni» fino ad oggi depositate. Va un po’ meglio (si fa per dire) a Calenzano, cittadina di 15.700 abitanti, e 25 Dat depositate. Non sfonda l’idea del «testamento biologico» a San Giuliano Terme, comune di 31.317 abitanti: chi desidera depositarlo deve recarsi allo sportello dei servizi cimiteriali. Un’esperienza che ha fatto, ad oggi, una sola persona.

Convegno a Pisa: Fine vita, no alla delega ad un «amministratore»Hanno fatto notizia alcuni decreti firmati (dal 2007 ad oggi) da Guido Stanzani, giudice tutelare a Modena, secondo il quale, pur in assenza di una legge che regoli le Dat (Dichiarazioni anticipate di trattamento), tutti noi potremmo affidare ad un amministratore di sostegno – nominato dal giudice su nostra indicazione – alcune disposizioni vincolanti sulla fine della nostra vita: disposizioni su quali cure o trattamenti «accettare» oppure no, da seguire alla lettera nel caso in cui ci trovassimo nella condizione di malati terminali e, nel contempo, avessimo perso la capacità di intendere e di volere. Se ne è parlato nei giorni scorsi a Pisa in un convegno sulle Dat organizzato dai giuristi cattolici, tenutosi alla scuola superiore «Sant’Anna» ed a cui hanno partecipato poco meno di duecento legali.

La tesi del giudice Stanzani, per ora isolata in giurisprudenza, piace a Leonardo Degli Innocenti, Gip del tribunale a Pisa, non a Pietro Dubolino, magistrato di Cassazione. Intanto per una questione formale: l’amministratore di sostegno, secondo gli articoli 404 del Codice civile e seguenti, dovrebbe essere assegnato solo ad invalidi fisici (non a tutti), mentre a chi è incapace di esprimere la propria volontà è assegnato il tutore.

Dubolino ha anche ripercorso l’iter giudiziario della vicenda Englaro. Ragionando, in particolare, sulla sentenza del 2007 con cui la Cassazione ha ricostruito la volontà di Eluana sulla base di un’affermazione fatta in occasione della visita ad un amico, rimasto in coma dopo un gravissimo incidente. Una ricostruzione, di tipo presuntivo, sulla cui correttezza – ha osservato Dubolino – è lecito esprimere dubbi. Il nodo della questione – secondo Dubolino – è sostanzialmente questo: il consenso per essere informato esige che il soggetto abbia una percezione diretta del suo stato di salute e non può essere rilasciato oggi per domani, ipotizzando quello che potrebbe accadergli.

Il caso Englaro – è ancora la tesi di Dubolino – rappresenta un epocale ribaltamento dei principi giuridici del «favor vitae», fino ad oggi ritenuto inattaccabile, e della indisponibilità del proprio corpo (articolo 5 del Codice civile): con quella sentenza la Cassazione avrebbe ventilato il principio per cui ad una vita ritenuta, secondo un’ormai diffusa opinione, non più degna di essere vissuta, sia preferibile la morte (nella inedita veste di «medicina»).

Dunque la vita considerata non più come bene supremo da tutelare, bensì come concetto relativo che prepara il terreno all’affermazione di un vero e proprio «diritto alla morte degna» che lo Stato – per alcuni giuristi – dovrebbe assicurare a tutti in base ad un principio desumibile dal secondo comma dell’articolo 32 della Costituzione («nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»). Un comma che fu posto come contraltare al precedente («la salute è un diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività»), a presidio dell’altro principio della libertà personale inviolabile, salvo espressa disposizione di legge (si pensi al caso della necessità di una vaccinazione di massa).

Una volta scalfito il principio della intangibilità della vita – secondo Dubolino – viene meno ogni riferimento obiettivo e si apre il varco ad ogni possibile interpretazione su ciò che deve intendersi di volta in volta come vita «non più degna» e su chi debba pronunciarsi sulla dignità di ciascuna esistenza. Fino ad arrivare all’eutanasia, già sperimentata per legge da alcuni stati europei – uno su tutti l’Olanda – dove, coerenti con la premessa, è divenuto legale sopprimere i bambini affetti da gravissimi e ineliminabili deficit fisici.

Ha ricostruito la storia dell’istituto delle Dat l’avvocato Luca Nocco: un istituto sviluppatosi nell’area nordamericana del common law con il nome di «living will», man mano penetrato anche in alcuni ordinamenti del nord Europa. Il nosto ordinamento dovrebbe cercare di mantenersi ad una certa distanza dalla cultura giuridica nord-americana – ha osservato il professor Francesco Donato Busnelli, ordinario di diritto privato alla scuola superiore di studi universitari Sant’Anna – quella cultura è centrata su un esasperato individualismo, del tutto estraneo ai principi di solidarietà su cui si fondano i paesi di tradizione cattolica del vecchio continente. 

Puccetti: così non c’è autodeterminazioneIl testamento biologico garantisce l’«autodeterminazione» del paziente? Nutre più di un dubbio il dottor Renzo Puccetti, medico, bioeticista, membro dell’unità di ricerca della European Medical Association, intervenuto all’incontro organizzato dai giuristi cattolici pisani. Puccetti ha illustrato i dati contenuti in un studio pubblicato sull’ultimo numero della rivista di bioetica «Medicina e Morale» (studio di cui egli stesso è co-autore): dati da cui emerge come nessuno dei presupposti teorici alla base del riconoscimento del cosiddetto testamento biologico reggono alla prova dell’applicazione clinica. Ad esempio dopo solo due anni dalla sottoscrizione del «testamento», tra il 20 ed il 40% delle persone cambia idea sui trattamenti che intenderebbe ricevere; di questi, però, ben 3 su 4 non si rendono conto delle mutate opinioni e quindi non pensano a cambiare le proprie dichiarazioni. Spesso le Dat sono sottoscritte senza l’assistenza tecnica di un medico, sulla semplice base di opinioni mediche erronee. Di sicuro liberano i medici da diverse responsabilità, se è vero che in alcune situazioni – come le cure da prestare in caso di infarto o ictus – i pazienti che hanno sottoscritto un testamento biologico, sono stati assistiti in maniera inappropriata. E non sempre sono usciti… vivi dall’ospedale. Andrea Bernardini

Calenzano: convegno a senso unico per rilanciare il «registro»

di Sandra Nistri

Sul testamento biologico il Comune di Calenzano, nella piana fiorentina, può rivendicare una sorta di «primogenitura», almeno in Toscana. L’amministrazione calenzanese è stata infatti la prima del territorio toscano a creare, ufficialmente dal luglio scorso, un registro dei testamenti biologici, anche se a renderlo operativo ha fatto prima Pisa. Esempio seguito da una cinquantina di Comuni in Italia, alcuni dei quali hanno chiesto spiegazioni proprio a Calenzano per realizzare un documento per esprimere le volontà di «fine vita». La scorsa settimana, erano 25 i residenti (fra loro anche il sindaco Alessio Biagioli) ad avere registrato il proprio testamento. Per discutere in particolare dello strumento dei registri comunali, il Comune ha anche organizzato, sabato scorso, un convegno nella sala consiliare che, già prima di essere tenuto, ha suscitato diverse polemiche.

L’interrogativo posto da molti è stato infatti sull’opportunità di organizzare un momento di riflessione su un argomento delicato come quello del testamento biologico ancor prima dell’approvazione di una legge nazionale su questa materia, ancora in discussione in Parlamento. In generale, quale senso può avere un registro a livello locale quando ancora non esiste una legislazione  specifica? E quale garanzia ha un cittadino che le sue volontà, depositate presso un Comune, saranno rispettate se ancora non esiste un quadro legislativo di riferimento?

Domande alle quali il sindaco Biagioli ha provato a rispondere durante il convegno al quale ha specificato «erano stati invitati tutti, anche i contrari alla scelta fatta da Calenzano. In ogni caso per quanto mi riguarda ribadisco l’importanza di un registro come quello istituito da noi che è uno strumento a disposizione dei cittadini». Al convegno promosso dal Comune di Calenzano ha partecipato anche la senatrice Vittoria Franco che ha ripercorso l’iter della legge attualmente in discussione specificando, dal suo punto di vista, quali sarebbero le conseguenze se l’atto venisse approvato con l’attuale «veste»: assente invece l’annunciato assessore al diritto alla salute della Regione Enrico Rossi che ha delegato, al suo posto, il dottor Aldo Pagni fino al 2000 presidente dell’Ordine dei medici. Una parte del convegno ha poi riguardato l’aspetto strettamente medico con il medico ed ex assessore calenzanese Salvatore Cardellicchio che ha illustrato, tecnicamente, i concetti legati ad esempio a pratiche come l’alimentazione e idratazione artificiale.

Tesi che non hanno comunque convinto molti, ad esempio l’onorevole Gabriele Toccafondi del Pdl: «Sabato scorso nel Comune di Calenzano – ha spiegato infatti in una nota – è stato organizzato un convegno a senso unico sul testamento biologico partendo dal suo famoso registro istituito a luglio, il tutto quando il Parlamento sta facendo una legge. Forse un Comune dovrebbe occuparsi di strade, case, sicurezza, ma c’è di più perché forse non a caso il tutto viene svolto un giorno prima delle primarie per scegliere il segretario del Pd. Se  non conoscessimo già la data del Carnevale si potrebbe pensare a uno scherzo». E ancora: «Leggendo l’invito sul sito del Comune si comprende come sia un convegno a senso unico e che sono invitate a parlare solo e soltanto persone che la pensano allo stesso modo. Sulla dolorosa vicenda del testamento biologico dove tema è la vita e la morte di persone occorrerebbe invece serietà e rispetto».

DALL’ARCHIVIO

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