Toscana
Toscana, 500 licenziamenti al mese
Una media di cinquecento licenziamenti ogni mese nell’industria Toscana nei primi sei mesi del 2005 mentre «il 20% dell’economia toscana è al nero e su 1 milioni di lavoratori dipendenti presenti in tutta la regione, oltre 200 mila non sono in regola». Sono alcuni dati che mergono da un’indagine della Cgil toscana, presentata a Firenze e illustrata dal segretario generale Luciano Silvestri secondo il quale «ci dobbiamo attendere un autunno da brividi».
In base alle stime fornite dal sindacato toscano, la crisi dell’industria interessa oltre 11 mila lavoratori di cui 3.160 sono in cassa integrazione straordinaria, 3.600 in ordinaria e 4.240 in mobilità. Una situazione che interessa tutta la regione ma che è particolarmente accentuata a Firenze e nelle province limitrofe. «Stiamo aggiornando i dati giorno per giorno – ha commentato Silvestri – e la situazione appare sempre più preoccupante. Da marzo ad oggi abbiamo registrato un vero e proprio balzo della mobilità che è cresciuta del 35,8%. Così non possiamo andare avanti e i dati di oggi riguardano esclusivamente l’industria e non considerano l’artigianato e le altre attività che pure sono in forte crisi».
Tra le cause principali della crisi dell’industria toscana la Cgil annovera i mancati investimenti di processo e di prodotto che hanno abbassato la competitività delle imprese toscane e il loro «nanismo» dimensionale che le rende più deboli rispetto al lungo perdurare di una crisi che ha ormai assunto connotati strutturali. «Ma il nanismo – ha spiegato il segretario della Cgil Luciano Silvestri – è un problema che affligge le istituzioni e soprattutto la loro capacità di offrire servizi. Un settore questo che pure rappresenta una chiave di volta importante per l’occupazione ma che per essere efficiente deve cambiare radicalmente modello e non certo trasformarsi in una holding dei servizi».
Per il futuro il sindacato chiede di «recuperare i ritardi accumulati, ripensare il modello di sviluppo toscano, ridare valore aggiunto ai nostri prodotti e operare una selezione degli investimenti da destinare alle aziende più qualitative.
Ma anche tornare a sostenere i distretti, dove operano il 52% delle imprese toscane, e le aree più produttive della regione». Altro nodo cruciale è poi rappresentato dal lavoro sommerso che «mina la capacità di sviluppo e buona occupazione». Secondo Silvestri «sarà sempre più difficile andare avanti», soprattutto, ha concluso, «se continuiamo a commettere sempre i soliti errori». (ANSA).
L’incontro tra i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e quelli di Europa Metalli si è svolto questa mattina presso la Provincia di Pistoia. Per quanto invece riguarda il futuro degli altri 61 lavoratori dello storico stabilimento, non inclusi nella procedura di Cassa integrazione, questi «saranno progressivamente trasferiti presso lo stabilimento di Fornaci di Barga». (ANSA).
La Matec avrebbe dovuto essere la capofila di un grande polo meccanotessile, con la partecipazione di altre piccole aziende. Un progetto affondato dalla crisi del settore. Ora l’annuncio: lo stabilimento chiuderà dal gennaio 2006. Secondo i rappresentanti sindacali «a Lonati non manca la liquidità per avviare un progetto di riconversione». Intanto, il sindaco di Scandicci, Simone Gheri, annuncia di avere bloccato le procedure per il frazionamento del capannone: «non darò mai nessuna autorizzazione per qualsiasi speculazione alla Matec», ha promesso ai lavoratori.
Tra i probabili acquirenti è anche il gruppo americano General Electric, che già produce apparecchiature analoghe a quelle di Esaote. A Firenze c’è un precedente che fa ben sperare: anni fa il Nuovo Pignone fu ceduto a General Electric e anche allora ci furono timori per un possibile smantellamento. Cosa che invece non è avvenuta. Per questo i lavoratori chiedono garanzie serie per il futuro dell’azienda.