Toscana

Toscana, i dati della povertà: sostegno della Caritas alle famiglie in difficoltà

Paletti, pure ai centri d’ascolto, dunque, se ne affacciano tanti di giovani?

«In realtà ne seguiamo molti, ma se non se ne incontrano ancora tantissimi: ai nostri sportelli, però, sosteniamo tanti bambini che vivono una situazione di disagio e povertà, non perché solo o in stato di abbandono, ma in quanto cresciuti in famiglie povere».

È un fenomeno in crescita?

«Ci stiamo attrezzando per misurarlo in modo più preciso e, soprattutto, con riferimento all’intero territorio regionale. Per il momento abbiamo soprattutto alcuni approfondimenti locali che, però, sono molto significativi…».

Che cosa dicono?

«Le cito solo il caso della “Cittadella della Solidarietà” di Pisa, l’emporio ormai dai sei anni impegnato nell’assicurare sostegno alimentare alle famiglie in difficoltà, una struttura che segue circa 400 famiglie per un totale di 1.600 persone: circa un terzo di essi sono minori e, fra questi, il 60% ha meno di 11 anni».

Ritiene che la povertà dei più piccoli sia molto diffusa anche a livello regionale?

«Ne siamo piuttosto convinti anche perché sono in crescita i fenomeni di marginalità e disagio che interessano la classe d’età subito superiore, quella dei cosiddetti “giovani adulti”, ossia i minori di ieri: in generale, in Toscana, vive in povertà il 7,3% dei nuclei con capofamiglia under 35 contro una media del 3,5. E di questo cominciamo ad accorgercene anche alla Caritas: nel 2018 abbiamo incontrato quasi 1.300 persone di età compresa fra i 18 e i 24 anni. È vero che si tratta appena del 5,4%, ma si consideri che solo dieci anni fa si superava appena il centinaio».

Complessivamente i poveri sono in aumento in Toscana?

«Almeno dal nostro osservatorio sembrano essere sostanzialmente costanti, oscillando da circa un decennio fra le 20 e le 25 mila persone. Invece, in conseguenza della crisi, continua a ridursi la forbice fra italiani e stranieri: dieci anni fà quattro utenti su cinque erano immigrati, adesso siamo scesi a meno di due terzi…».

Però restano, comunque, la maggioranza…

«Vero. I centri Caritas sono una porta aperta a bassissima soglia d’accesso per tutti coloro che si trovano a vivere una condizione di povertà, senza distinzione alcuna. Si aggiunga, poi, che in Toscana, accanto alle giovani famiglie, fra i più esposti ai processi d’impoverimento vi sono i nuclei con capofamiglia straniero con un’incidenza addirittura del 13%. Le caratteristiche dei servizi da un lato e il fatto che in Toscana le povertà colpiscano tantissime famiglie straniere spiegano il perché di tale dato».

Quali sono i problemi in cui vi imbattete più frequentemente?

«Lavoro e casa. Circa i trequarti delle persone che incontriamo sono senza lavoro e la maggioranza di essi ha un livello d’istruzione piuttosto basso, un mix che rischia di diventare una trappola dalla quale diventa difficilissimo liberarsi. Per quanto riguarda l’occupazione, però, non va sottovalutato neppure il fatto che vi sono pure circa 2 mila persone che continuano a rivolgersi alla Caritas nonostante un lavoro ce l’abbiano».

Cosa significa?

«Che le occupazioni dei più poveri, spesso, non consentono di vivere una vita dignitosa…».

Che lavori fanno?

«Operai e muratori ma anche camerieri, aiuto cuochi, lavapiatti, magazzinieri, braccianti. E poi tanto lavoro di cura: assistenza agli anziani piuttosto che domestici o colf. L’universo delle occupazioni è eterogeneo, ma con un unico comune denominatore: si tratta di lavori pesanti, pericolosi, precari, poco pagati e penalizzati socialmente».