Toscana

Tutta la Spagna in piazza per dire no al terrorismo

Oltre due milioni di persone a Madrid, altri 9 milioni e mezzo in tutto il paese. La Spagna è scesa in piazza venerdì 12 marzo per dire no al terrorismo e per piangere le sue vittime, da Barcellona a Siviglia, da Saragozza alle Baleari. «Con le vittime, con la Costituzione, per la sconfitta del terrorismo», lo slogan più gridato assieme ad «Asesinos! Asesinos!» e «El pueblo Unido jamas sera vencido». Negozi chiusi, bandiere spagnole listate a lutto, nastri neri di lutto dalle finestre, tante scritte di condanna contro il terrorismo basco e l’Eta. «Non ci interessa se gli attentati sono stati compiuti dall’Eta o da Al Qaida, siamo stati colpiti al cuore da un atto barbaro inumano che ha ucciso innocenti. A tutto questo tutta la Spagna, tutto il mondo deve urlare no e no». E’ stato il grido unanime di alcuni manifestanti. A Madrid il corteo è stato capeggiato dal principe ereditario Felipe, dalle sue sorelle principesse Elena e Cristina, dal primo ministro spagnolo José Maria Aznar, e alcuni leader europei, tra cui il premier italiano Silvio Berlusconi, il francese Raffarin, il portoghese Barroso e il presidente della Commissione Ue, Romano Prodi. E’ stata la più massiccia manifestazione di folla su scala nazionale che la Spagna abbia mai conosciuto e alla quale hanno aderito tutte le parti politiche nazionali, che in questi giorni hanno sospeso la campagna elettorale per il voto di domenica.

Delle 199 persone morte negli attentati sui treni a Madrid 22 sono cittadini stranieri di 12 nazionalità: sette sono europei (un bulgaro, due romene, tre polacchi, una francese), tredici i latinoamericani (due colombiani, quattro ecuadoregni, tre peruviani, un dominicano, un cileno e due honduregni), due gli africani, un cittadino della Guinea-Bissau e un marocchino. Il premier spagnolo, Josè Maria Aznar, ha detto che alle vittime straniere degli attentati di Madrid e ai loro familiari sarà dato regolare permesso nel caso costoro si trovino in Spagna come immigrati clandestini. Tra i 199 morti (ma purtroppo il bilancio sembra destinato a salire perché tra i 1400 feriti alcuni sono gravissimi) anche la piccola di sei mesi trovata viva tra i binari della stazione ma che non ce l’ha fatta.

Sul fronte delle indagini il premier spagnolo ha assicurato che «nessuna pista di indagine sarà scartata» e il ministro dell’Interno Acebes, che aveva subito puntato il dito contreo i terroristi baschi, ribadisce che «l’Eta rimane la principale ipotesi» e avverte che «bisogna valutare con estrema prudenza la pista islamica». Ma l’organizzazione indipendentista basca Eta, che sempre in passato ha rivendicato i suoi attentati, ha negato ogni responsabilità nella strage di Madrid con una telefonata al giornale separatista basco «Gara». E, mentre si cerca di verificare l’attendibilità della rivendicazione londinese di Al Qaida, le prime indagini, soprattutto l’esame della bomba ritrovata inesplosa in uno zainetto (il cui innesco avrebbe dovuto avvenire tramite un cellulare) sembrano confermare i dubbi sulla matrice basca. Per la Cia, l’agenzia d’intelligence degli Stati Uniti, è ancora presto per trarre conclusioni su chi sia responsabile delle stragi di Madrid, ma un portavoce ha sottolineato come in passato i terroristi baschi dell’Eta non abbiano mai compiuto gesti di questa portata. «Questo è un attacco su una scala assai più ampia di quello che l’Eta ha fatto in precedenza», ha detto a Usa Today il portavoce della Cia, Mike Mansfield.

Del resto dopo gli attentati negli Stati Uniti dell’undici settembre del 2001, la Spagna è stata teatro di numerose operazioni mirate a disaggregare i gruppi riconducibili all’estremismo islamico. Le operazioni hanno portato all’ arresto di decine di presunti estremisti, molti dei quali accusati di fare parte o essere comunque vicini ad al Qaida.

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