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Un anno fa l'orrore di Beslan

Il 1° settembre di un anno fa un gruppo di terroristi ceceni fece irruzione nella scuola numero 1 di Beslan, nella Repubblica autonoma russa dell'Ossezia del Nord, dove si festeggiava l'inizio del nuovo anno scolastico. Il 3 settembre, dopo due giorni di trattative, l'irruzione delle teste di cuoio russe. E fu una carneficina con 330 morti di cui 186 bambini. In una lettera al presidente russo i maestri chiedono la verità sulla strage. I bambini perdono fiducia negli adulti; i genitori sospettano di corruzione l'istituzione scolastica.

Una candela accesa alla finestra per non dimenticare

Un anno fa l'orrore di Beslan

Sono cominciate il 1° settembre le cerimonie per ricordare l'anniversario della strage di Beslan, ma chi ha perso i propri cari continua a interrogarsi sui veri responsabili della strage e i sopravvissuti vivono nel senso di colpa.

Tra queste vittime silenziose, gli insegnanti della scuola numero 1 della cittadina nordosseta, teatro della strage. In una lettera inviata al presidente russo Vladimir Putin, maestre e maestri accusano le autorità locali e il Governo di indifferenza e avvertono che se non si riabiliterà il loro nome, le nuove generazioni perderanno la fiducia negli adulti e nell'istituzione scolastica.

“La nostra scuola – si legge – è sotto la minaccia di un completo annichilimento”. “Da un anno - continua - noi insegnanti siamo oggetto di critiche costanti. Siamo accusati di essere sopravvissuti, di non avere adempiuto ai nostri doveri (mentre salvare i bambini era compito delle forze speciali). Tutto questo si ripercuote su di noi, ma anche sui nostri alunni e mina la nostra autorità nei loro confronti. Il terreno è già pronto: la fiducia dei bambini negli adulti è profondamente minata dopo l'attentato. Se non riusciremo a mantenere le nostre posizioni, la loro fiducia verso di noi sarà compromessa in modo irreversibile”.

Gli insegnanti di Beslan sono stati i primi a istituire un comitato di volontari per aiutare le vittime del sequestro; in seguito molti degli abitanti locali li hanno accusati di rubare il denaro ricevuto dall'estero. I parenti delle vittime, inoltre, ritengono che gli insegnanti e la direttrice della scuola, Lidiya Tsalieva, abbiano collaborato con i terroristi prima e durante l'assedio.

“Eravamo anche noi nella palestra – ricorda la lettera – minacciati di morte; molti dei nostri colleghi sono stati uccisi e chi è rimasto vivo ha perso i suoi cari. Anche noi abbiamo il diritto di essere considerati vittime e come gli abitanti di Beslan anche noi vogliamo i nomi dei colpevoli della strage”. Ma la verità non è possibile – continua la missiva indirizzata a Putin – “senza una Sua azione risoluta”. “Lei è il garante della Costituzione e di conseguenza anche dell'educazione dei nostri bambini e della pace. Crediamo che Lei ci aiuterà ad ottenerle”, conclude la lettera.

Secondo i parenti delle vittime i veri colpevoli del tragico epilogo dell'assedio sono le autorità locali – responsabili dell'infiltrazione dei terroristi nell'edificio scolastico già mesi prima della strage – e l'incompetenza del Governo centrale, che senza sforzi di mediazione, ha permesso l'irruzione delle forze speciali nella scuola, innescando il massacro. Giorni fa Shamil Basayev, leader ceceno che rivendicò il sequestro della scuola, ha dichiarato che i terroristi raggiunsero Beslan con l'aiuto dei servizi segreti russi; l'operazione rientrava in una trappola tesa dall'intelligence e poi fallita. Fonti governative hanno però smentito la versione.

Nonostante le ripetute richieste della popolazione di Beslan, in un anno Putin non ha mai incontrato né i familiari delle vittime né il corpo docente della scuola. Il presidente si recò sul luogo della strage solo nella notte del 3 settembre scorso, rimase poche ore spese tutte in incontri con le autorità. Il 2 settembre, tra i dubbi sulla sincerità dell'iniziativa del Governo, una delegazione del comitato delle Madri di Beslan, accogliendo l'inaspettato invito di Putin, si recherà in visita al Cremlino.

Beslan, i giorni della tragedia
Mercoledì, 1 settembre 2004: un gruppo di terroristi ceceni fa irruzione nella scuola Numero 1 di Beslan, nella Repubblica autonoma russa dell'Ossezia del Nord, dove si festeggia l'inizio del nuovo anno scolastico. Nell'edificio sono presenti oltre 1.200 persone. I sequestratori negano i soccorsi e l'autorizzazione a introdurre nella scuola acqua e cibo per gli ostaggi.

Giovedì, 2 settembre: i sequestratori fanno esplodere 2 granate, 10 minuti l'una dall'altra, per tenere lontana la polizia; c'è un segnale che fa sperare: 26 ostaggi vengono liberati.

Venerdì, 3 settembre: i terroristi acconsentono a fare entrare 4 medici nell'edificio. All'improvviso 2 esplosioni. Alcune decine di ostaggi riescono a fuggire. I terroristi iniziano a sparare; entrano in azione le teste di cuoio russe. La situazione sembra sia precipitata allo scoppio “accidentale” di una bomba.

Il commando degli assalitori (tra cui anche alcuni ingusci) viene annientato dopo ore di scontri a fuoco; era composto da 32 terroristi, 31 dei quali – secondo fonti ufficiali – sono stati uccisi; ma testimoni oculari parlano di forse 70 assalitori. L'unico sopravvissuto è Nurkapi Kulaiev. Il processo che lo vede imputato è iniziato il 17 maggio scorso. I familiari delle vittime parlano di “farsa”. Susanna Dudiyeva, che guida il Comitato delle Madri di Beslan, ha dichiarato che chiederebbe alla Corte di alleviare la pena di Kulayev in cambio della verità: i parenti delle vittime sono convinti che il vero colpevole del tragico epilogo dell'assedio alla scuola sia il Governo russo.
Fonte: Asianews

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