Toscana

Una casa per prendersi cura delle persone in stato vegetativo

La residenza, almeno nella sua fase sperimentale (di tre anni), accoglierà dieci persone per un periodo di sei mesi, allungabile a dodici. Ma tutti si augurano che, dopo la sperimentazione, possa ospitare fino a trenta persone.Pazienti che saranno seguiti ventiquattro ore su ventiquattro da una èquipe di medici – il geriatra, il rianimatore, il fisiatra – infermieri, operatori socio assistenziali e poi fisioterapisti, logopedisti, psicomotricisti, musicoterapisti: insomma il meglio che una famiglia di un congiunto ridotto allo stato vegetativo può attendersi.

La Regione Toscana guarda con interesse a questa esperienza-pilota. Guarda con interesse perché in Italia – e a maggior ragione nella nostra regione – sono pochissimi i centri riabilitativi che si fanno carico degli stati vegetativi: «purtroppo – osserva Massimo Rapezzi, direttore della Fondazione “Casa Cardinal Maffi” – dopo la fase acuta del coma, i pazienti tornano a casa, dove non sempre però c’è una famiglia attrezzata a prendersi cura di loro in quella loro nuova condizione. Alcuni seguono brevi periodi di riabilitazione (non oltre i due mesi) ad esempio, nella struttura dell’“Auxilium vitae” a Volterra». Ma poi, chi si occupa di loro?

È motivo di speranza il fatto che la gestione dei casi sia stata «affidata» ad una onlus cattolica, che ha deciso di investire nell’assistenza delle persone in stato vegetativo nella convinzione che «le persone sono persone indipendentemente dalla loro manifestazione. Ed in quanto tali mantengono e richiedono sempre pieno rispetto della loro dignità umana».

La Fondazione – si legge nel documento approvato dalla Regione Toscana – «è convinta che la vita umana è un bene indisponibile, indipendentemente dalle condizioni cliniche del paziente». «La gravità delle condizioni cliniche non altera la dignità ed i diritti della persona». Ed ancora: «La persona in stato vegetativo non può essere considerata un malato terminale». «Non sono eticamente giustificabili né la sospensione, né l’affievolimento delle cure, non essendo né il tipo di patologia, né le probabilità di successo i fondamenti che giustificano il processo di cura. Al contrario, quanto più è fragile l’assistito, tanto più cogente è il dovere sociale di occuparsi di lui».

E vediamola, allora, questa struttura, che prende il nome di «progetto Aurora». Le camere sono dotate di due posti letto e di un bagno interno. E sono affiancate da sale di accoglienza – per garantire momenti di privacy del paziente con i suoi familiari – da un bagno assistito, dalla cucinetta, dal soggiorno, dall’infermeria, da studi medici, da una sala per le riunioni ed una per la stimolazione sensoriale.

All’interno della struttura trovano spazio una foresteria per i familiari, che saranno costantemente informati delle condizioni del loro congiunto e aiutati laddove sarà possibile il suo rientro a casa. E poi un solarium per i pazienti. Aria condizionata e filodiffusione garantita per tutti. L’accesso al giardino sarà agevole.

I letti per la degenza si potranno alzare o abbassare con un comando elettronico. Sono dotati di sistemi di postura antidecubito, di una pompa per la nutrizione enterale (Sng o Peg), dell’aspiratore chirurgico, della carrozzina posturale.

La residenza per persone in stato vegetativo o di minima coscienza sarà uno dei fiori all’occhiello della fondazione, che gestisce residenze sanitarie e centri diurni per anziani, disabili, malati psichiatrici, ha strutture a Mezzana (in provincia di Pisa), Collesalvetti, San Pietro in Palazzi, Cecina, Rosignano Solvay (in provincia di Livorno), Fivizzano (in provincia di Massa-Carrara) e a Olmarello (in provincia di La Spezia). Ospitando circa 450 anziani o ammalati e dando lavoro a circa cinquecento persone.