Toscana

Vendemmia, il 2003 un anno da ricordare

di Simone PitossiLa vendemmia 2003 verrà ricordata. Le condizioni climatiche degli ultimi mesi, caratterizzati da aprile fino alla fine di agosto da una persistente situazione di tempo bello e soleggiato, hanno favorito un’eccezionale sviluppo dell’uva, che si presenta adesso in ottime condizioni sia per la sanità delle bacche che per le caratteristiche di grande qualità. Tutto ciò a scapito della produzione che scenderà, minimo, del 5%. Sono queste le previsioni delle vendemmie dei due vini più rappresentantivi e pregiati della Toscana: il Nobile di Montepulciano e il Brunello di Montalcino. Gli acini di Sangiovese – la qualità di uva maggioritaria in Toscana – si presentano molto concentrati, con parametri ottimali sia per gli zuccheri che per tutti gli altri componenti, in particolare quelli polifenolici, utili per la migliore evoluzione dei vini da invecchiamento. «C’è stato un anticipo dal punto di vista della maturazione – osserva Paolo Solini, responsabile del Consorzio del Nobile di Montepulciano –. La concentrazione degli zuccheri è molto alta, ciò significa una buona gradazione. Ora con un po’ di pioggia e un altro po’ di sole ci sarà un riequilibrio di tutte le caratteristiche e, certamente, sarà una buona vendemmia». I vigneti hanno sopportato bene il persistente stato di mancanza di pioggia, poiché le fasi di fine inverno e di inizio primavera erano state abbastanza piovose ed avevano permesso un buon accumulo di acqua a livello degli apparati radicali. «L’inizio della vendemmia – spiega Stefano Campatelli, direttore del Consorzio del Brunello di Montalcino – è avvenuto in anticipo rispetto agli scorsi anni: la raccolta del Sangiovese per la produzione del Brunello e del Rosso di Montalcino sta cominciando proprio in questi giorni».Tutto ciò va ad aggiungersi al fatto che la produzione vitivinicola toscana resta una componente fondamentale del sistema agroalimentare della nostra regione, per diffusione, numero di aziende coinvolte e per capacità di caratterizzare il territorio e l’ambiente. Di più. Dopo un periodo di rallentamento, oggi, è addirittura al centro di una ripresa. Se è vero, infatti, che il numero degli ettari a vigneto è precipitato, almeno secondo i dati dell’ultimo censimento, dai 70.755 del 1990 ai 58.532 del 2000, infatti, e la produzione è calata dai 5 milioni di ettolitri degli anni 80 agli attuali 2 milioni e seicentomila, è altrettanto vero che, nel frattempo, sono cresciute le produzioni di qualità e, più di recente, si è innescato un interessante rinnovo degli impianti.E ora un’occhiata ai dati. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale della viticoltura possiamo dire che Arezzo è la provincia dove si concentra il maggior numero di aziende, seguita da Firenze e Grosseto, mentre per estensione di superficie, sono Siena e Firenze a brillare ai vertici della graduatoria. Mentre Lucca, Pistoia, Pisa e Prato sono le province dove è stato più vistoso il calo delle aziende viticole che ha interessato da vicino anche la Toscana. Per quantità di prodotto, sono Firenze e Siena ad occupare i primi posti, seguite da Grosseto. Il vitigno dominane è il Sangiovese presente in molte denominazione di origine della Toscana. Nei bianchi trionfano il Trebbiano Toscano e la Malvasia. E accanto ai vitigni della tradizione, sono in crescita gli impianti di vitigni internazionali come il Cabernet, il Merlot, il Riesling e lo Chardonnay. Nell’ultimo decennio, se è vero che la superficie vitata ha fatto un robusto passo indietro, è altrettanto vero è aumentato il territorio coperto da vigneti per produzione di vini a denominazione di origine: erano 28.622 ettari nel 1990, hanno superato quota 34 mila nel 2000. Segno evidente che la Toscana si è incamminata verso una viticoltura di qualità. L’esperienzaSi chiama Michele Satta. Si definisce un giovane viticoltore, precisando che, per lui, giovane significa avere alle spalle meno venti vendemmie utili per produrre vini in bottiglia. Si dichiara un po’ «speciale» perché lavora in una zona speciale: Bolgheri, il comprensorio viticolo toscano più alla moda.

«La mia è sicuramente un’esperienza un po’ particolare – dice il viticoltore che è anche vice presidente di Coldiretti Toscana –. Eppure anch’io ho vissuto in prima persona le trasformazioni che hanno attraversato il mondo del vino. Prima di tutto: l’apertura del mercato internazionale, che dagli anni 70 in poi, ha richiesto e premiato i vini italiani di qualità, un mercato disposto a pagare cifre prima riservate solo ai prodotti francesi. Questa richiesta ha spinto i produttori italiani a curare con eccezionale bravura la produzione di vini pregiati, trovando redditi normalmente impensabili. A traino è cresciuto un movimento di attenzione nei confronti del vino e tutta la produzione italiana di massa è migliorata. Questo nuovo sussulto del settore, ha attirato anche un mondo economico estraneo alla viticoltura. Banche, assicurazioni e privati dotati di importanti risorse finanziarie hanno investito, creato aziende e marchi, hanno ampliato il mondo della comunicazione. Di qui è maturata una crescita rapida, impetuosa e rivoluzionaria del comparto, tanto da riuscire a creare squilibrio e confusione. Purtroppo in questi anni di grande crescita non si è formata una “scuola” nazionale capace di studiare e ordinare il vigneto Italia, né è nato un sistema di punti di riferimento che riunisse piccoli e grandi produttori in un dialogo progettuale. In più l’urgenza dei ritmi del denaro ha spesso dettato soluzioni pratiche frettolose».

Sul vino stiamo assistendo a studi di enti e università, a un sistema di comunicazione all’americana, a un mondo di produttori che cerca di fare i vini pensandoli per il mercato, invece di affinare ed esaltare le peculiarità dei vari territori. Ma tutto questo è giusto? «Oggi, – conclude Satta – la sfida del mondo del vino è sul tema della qualità ad alto livello. Non basta un vino corretto che si impone su un vino di massa scadente, grazie a un po’ di applicazione tecnologica. Serve un vino di qualità superiore perché un produttore, una storia, un luogo, certe tradizionali varietà di uva sono capaci di esprimersi in modo inimitabile».

TUTTI I NUMERI4,2 milioni di q.li di uva prodotta (di cui 2 milioni di quintali di uva per vini a doc e docg)

10-12 quintali al giorno l’uva mediamente raccolta da un vendemmiatore

400.000 giornate di lavoro

20-25 giorni durata media del tempo di vendemmia

10.000 lavoratori stagionali impegnati