Vita Chiesa

50 anni fa il Natale portò il dono del Concilio

di Elio Bromuri

Cinquant’anni fa, il 25 dicembre 1961, Natale del Signore, Giovanni XXIII, dopo aver stupito il mondo con l’annuncio del Concilio la sera del 25 gennaio 1959 nella sacrestia della Basilica di San Paolo fuori le mura, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, e dopo aver messo in moto il lavoro preparatorio della Curia romana e dei suoi teologi, firma la Costituzione apostolica “Humanae Salutis” d’indizione del Vaticano II.

Il Papa ha fretta, la sua età avanzata lo induce a pensare di poter concludere in tempi rapidi il grande evento. Grande, ma entro confini temporali e di lavoro sostenibili per una Chiesa cattolica ben organizzata, che si mostri al mondo come un consolante segno di universale salvezza: Nei periodi più gravi dell’umanità – si legge nel documento pontificio – si avverte la necessità che “la Sposa di Cristo si mostri in tutto il suo splendore di maestra di verità e ministra di salvezza”. Così la Chiesa può riannunciare al mondo con efficacia la parola di Gesù: “Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo”, che apre il varco al più famoso grido di Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”.

Nella mente di Giovanni XXIII il mondo attende un segno forte ed eccezionale per essere rinfrancato nella fiducia che Dio non lo ha abbandonato. Al contrario di coloro che vedono solo pericoli e calamità e che chiamerà, nel discorso di apertura del Concilio, “profeti di sventura”, ora indica come “anime sfiduciate che vedono solo le ombre gravare sulla faccia della terra”. Ad esse propone la speranza: “Noi, invece, amiamo riaffermare tutta la nostra fiducia nel Salvatore nostro, che non si è dipartito dal mondo da lui redento”. Molti non cessano di domandarsi se tale ottimismo era frutto di illusione o di sola bontà d’animo, senza riscontro nella realtà dei fatti. Si può rispondere che Roncalli era certamente un uomo di indole buona, tanto da essere chiamato il “Papa buono”, ma non privo di discernimento, tanto che descrive con realismo la situazione della Chiesa e del mondo contemporaneo, prendendo ad esempio negativo “il fatto del tutto nuovo e sconcertante: l’esistenza di un ateismo militante, operante su piano mondiale”, avendo prima notato contraddizioni e degrado morale, perdita dei valori dello spirito e additando alla Chiesa “compiti di una gravità e ampiezza immensa”.

La fiducia di Giovanni XXIII, come sappiamo anche dal suo “Giornale dell’anima”, non poggia sullo sforzo e sulle capacità umane, ma sulla convinzione profonda della presenza di Dio nella storia. Vi sono tracce riconoscibili di tale presenza percepibili da chi sa distinguere i “segni dei tempi” e sa guardare con l’occhio che scruta l’azione di Dio, nella vita delle anime.

Un aspetto positivo notato nel documento è la diffusa consapevolezza del limite del progresso umano e dei pericoli insiti nello sviluppo scientifico-tecnico che comporta la possibilità di costruire ordigni distruttivi catastrofici. Anche aspetti negativi, pertanto, possono provocare risultati positivi ponendo in risalto la necessità di ricercare valori spirituali e di ascoltare l’insegnamento della Chiesa. Questa, nonostante difficoltà e persecuzioni, è “vibrante di vitalità” e pronta per una grande impresa. Come per un’intima ispirazione – afferma il Papa – “accogliendo come venuta dall’alto una voce intima del nostro spirito… sentimmo subito urgente il dovere di chiamare a raccolta i nostri figli, per dare alla Chiesa la possibilità di contribuire più efficacemente alla soluzione dei problemi dell’età moderna”.

Questo è il senso del Concilio ufficialmente costituito in essere con questo documento natalizio. Non è una Chiesa che si ripiega su se stessa ma che si rinnova e si attiva per un servizio di “humanae salutis”, di salvezza del mondo. Ciò implica, nella sensibilità di Roncalli, che ha sperimentato di persona situazioni di divisione delle Chiese cristiane e di contrasti tra le religioni, che il servizio al mondo non può avvenire se non con la riconciliazione e la pace dei cristiani tra loro e degli uomini religiosi in una prospettiva ecumenica di dialogo e di ritorno all’unità fraterna. Il Concilio indetto è ecumenico nel solco e nella continuità con i precedenti Concili ecumenici nel senso dell’universalità cattolica, ma è anche ecumenico nel significato che il termine verrà sempre più chiaramente assumendo per indicare la riconciliazione e l’unione di fede e di amore di tutti i battezzati e la concordia e la collaborazione con tutte le religioni e gli uomini “timorati” di Dio sparsi per il mondo. Questa è la vita della pace: “Pace che può e deve venire soprattutto dalle realtà spirituali e soprannaturali, dall’intelligenza e dalla coscienza umana, illuminate e guidate da Dio creatore e Redentore dell’umanità”.

Il documento, oltre alle indicazioni programmatiche e organizzative, contiene un forte appello alla preghiera rivolto a tutti perché Dio “rinnovi nella nostra epoca i prodigi come di una novella Pentecoste”. Sono invitati a pregare anche i “cristiani delle Chiese separate da Roma”, quelli che hanno accolto con letizia l’annuncio del Concilio e hanno promesso preghiere e collaborazione, inviando loro rappresentanti.

Rileggere in questo Natale, alla vigilia di un anno che sarà dedicato alla rivisitazione dei testi conciliari nel 50° anniversario dell’inizio e nella prospettiva dell’Anno della fede, può costituire una buona preparazione e farà riscoprire un documento del tutto attuale, ricco di sorprendenti aperture teologiche ed ecclesiali.

È documento d’inizio, non della maturità. Questa si avrà al termine del tragitto – che si rivelerà più lento e faticoso di quanto Giovanni XXIII immaginava – e rappresenta il seme nel suo crescere mentre prende forza dallo Spirito che lo anima.

SCHEDAQuel Natale di cinquant’anni fa portò il dono del Concilio

Cinquant’anni fa, il giorno di Natale del 1961, Giovanni XXIII convocava il Concilio ecumenico Vaticano II. L’atto ufficiale d’indizione della grande assemblea universale era affidato a un documento sotto forma di Costituzione apostolica, dal titolo “Humanae Salutis” (la “salvezza umana”, riferita all’opera salvifica di Cristo Redentore), firmato dal Papa con formula insolita ma significativa: “Io Giovanni Vescovo della Chiesa cattolica” e dai cardinali Eugenio Tisserant, Clemente Micara, Giuseppe Pizzardo.

Erano passati meno di tre anni da quel 25 gennaio 1959 quando nella basilica di San Paolo fuori le Mura papa Giovanni sorprese i 17 cardinali presenti e il mondo annunciando la sua intenzione d’indire un Concilio ecumenico. I tempi allora sembrarono prematuri (Roncalli era stato eletto appena tre mesi prima), così come, dopo la sorpresa iniziale, sembrarono ridotti i tempi per celebrare l’evento nel 1962. Ma papa Giovanni tagliava corto: “Noi siamo vecchi”, rispose una volta, “non possiamo perdere tempo”. La complessa macchina organizzativa fu avviata nel maggio dello stesso 1959 con l’istituzione di una Commissione antepreparatoria. Nell’anno successivo cominciò il lavoro delle undici Commissioni preparatorie, di cui una centrale presieduta dal card. Tardini. Alla data del 25 dicembre 1961, quando promulga la bolla “Humanae Salutis”, Giovanni XXIII scrive: “Ricolmi di grande gioia possiamo finalmente comunicarvi che questo lavoro, alacremente eseguito, volge ormai al termine”. Pertanto, prosegue il Papa, confidando nell’aiuto del Divino Redentore e nell’intercessione della Vergine Maria e di san Giuseppe, “alla cui protezione abbiamo affidato fin dall’inizio questo importantissimo evento, riteniamo giunto il momento di convocare il secondo Concilio ecumenico Vaticano”. Segue quindi la storica formula di convocazione che val la pena riportare alla lettera:

“Dopo aver sentito su questo punto i pareri dei Cardinali di Santa Romana Chiesa, con l’autorità del Signore Nostro Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, annunziamo, indiciamo e convochiamo per il prossimo anno 1962 il Sacro Concilio ecumenico ed universale Vaticano II, che sarà degnamente celebrato nella Patriarcale Basilica Vaticana, in giorni che Dio provvidentissimo concederà di stabilire”.

Si avverte, dalla lettura dell’intero documento e in particolare di alcuni passaggi dove prevale un tono imperativo piuttosto insolito in papa Giovanni (“vogliamo”, “ordiniamo”, fino alla minaccia, nella parte conclusiva, “delle pene stabilite dal diritto per coloro che non obbediscono agli ordini dei Sommi Pontefici”), che qui Roncalli impegna tutta la sua autorità di Pastore universale della Chiesa e di Vescovo di Roma perché il grande evento che gli sta a cuore riesca nel migliore dei modi, perché tutto fili liscio e secondo l’ordine prestabilito. È simbolicamente, nel giorno della Natività, l’ansia di un padre per il “figlio” che sta per nascere.

Nella “Humanae Salutis” Giovanni XXIII traccia un panorama della situazione mondiale del tempo, non dissimile dall’attuale, tra luci e ombre, con una umanità gravemente turbata che “si avvia verso un nuovo ordine di cose”, mentre compiti vastissimi attendono la Chiesa. Appunto il Concilio dovrà dare risposte all’esigenza di rinnovamento che si richiede ora alla missione della Chiesa: “Immettere l’energia perenne, vivificante, divina del Vangelo nelle vene di quella che è oggi la comunità umana”, scrive il Papa, “la quale si esalta delle sue conquiste nel campo della tecnica e delle scienze, ma subisce le conseguenze di un ordine temporale che taluni hanno tentato di riorganizzare prescindendo da Dio”. Una comunità umana che “non è progredita nei beni dell’anima di pari passo come nei beni materiali” e alla quale il Concilio dovrà offrire linee guida precise.

Papa Giovanni ricorda il momento in cui, “come obbedendo ad una voce interiore e suggerita da un’ispirazione venuta dall’alto”, pensò per la prima volta al Concilio, e il giorno del primo annuncio, quando “sembrò che con animo e mani trepidanti gettassimo una sorta di piccolo seme”. Ora, “sotto il soffio della grazia celeste quel minuscolo seme si è sviluppato in un albero gigantesco” pronto a dare i suoi frutti.Il Papa, infine, invita alla preghiera: “Chiediamo ad ogni fedele e a tutto il popolo cristiano di dedicare ogni attenzione al Concilio e rivolgere a Dio Onnipotente fervide preghiere, perché accompagni benignamente una così grande iniziativa ormai imminente”. In particolare sollecita alla preghiera i bambini, gli ammalati e i sofferenti. Il suo pensiero va anche ai fratelli separati, “ai cristiani che dissentono dal Chiesa cattolica”, ai quali chiede di supplicare Dio perché il Concilio ravvivi in tutti il desiderio di unità e di pace, secondo l’insegnamento di Cristo. In tal senso il Papa nutre grande speranza; anzi, aggiunge, “da tempo abbiamo istituito uno speciale organismo, detto Segretariato”, perché il dialogo sia condotto più agevolmente e speditamente.

Rimaneva, allora, dalla lettura della “Humanae Salutis”, una curiosità inappagata: quando si sarebbe aperto il Concilio? Papa Giovanni provvide il 2 febbraio successivo, 1962, festa della Presentazione di Gesù al Tempio, con la Lettera apostolica, in forma di Motu proprio, “Consilium”: “Dopo avere ripetutamente ponderata la cosa, abbiamo deciso di fissare l’inizio della celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II per il giorno 11 di ottobre di quest’anno”.

Una data, spiegava il Papa, collegata al ricordo del Concilio di Efeso che proclamò la Maternità divina di Maria, la cui festa si celebrava allora l’11 ottobre. Con questa scelta papa Giovanni volle affidare il Concilio al cuore materno della Madonna.

P.I.