Vita Chiesa

A Prato tra le «figlie» di Santa Caterina

di Rodolfo AbatiIl carisma di S. Domenico che vuole i suoi figli e le sue figlie predicatori della Parola, il motto di S. Tommaso d’Aquino «contemplari et contemplata aliis tradere» (contemplare e comunicare agli altri le cose contemplate), lo slancio apostolico di S. Vincenzo Ferreri, l’esperienza di S. Caterina de’ Ricci, donna forte e coraggiosa che nella sua esperienza mistica divenne copia del Cristo crocifisso. Sono queste le coordinate che guidano la vita delle sedici monache nel monastero di S. Vincenzo e S. Caterina a Prato. Fondato il 16 maggio del 1503 su licenza di papa Giulio II, il monastero festeggia quest’anno il quinto centenario della fondazione avvenuta da parte di una vedova fiorentina e di otto fanciulle, tra cui sei pratesi, che il 29 agosto dello stesso anno vestiranno l’abito di S. Domenico. La vita delle monache è una vita di contemplazione e di unione a Dio, che trova nella clausura un suo strumento importante, ma che si apre alla comunione con i fratelli per testimoniare loro la misericordia di Dio. La giornata in monastero inizia alle sei con la sveglia e prosegue dopo mezz’ora con l’Ufficio delle letture: tutta la giornata è scandita dalla liturgia, dalla preghiera personale e dal lavoro. I due momenti più significativi – le Lodi seguite dalla messa alle ore 7,30 e il Vespro alle ore 18,30 – vedono la comunità riunita nel coro monastico aperto alla partecipazione dei fedeli. Le Ore minori, la meditazione, la lettura spirituale ed il rosario sono invece momenti propri delle monache. In questi ultimi anni il lavoro è sempre più dedicato ai vari uffici richiesti dalla vita comunitaria e dal servizio alle sorelle anziane o malate, mentre si sono dovuti abbandonare altri lavori che richiedono maggiori energie e persone. Ma la comunità non si è ripiegata su se stessa. Una giovane sorella sta attivando un sito internet, mentre all’indirizzo di posta elettronica giungono continue e numerose richieste di preghiere e di intercessioni. Anche nella piccola cassetta posta in chiesa alla grata del coro, vengono deposte quotidianamente richieste di preghiere e suppliche, che le monache presentano al Signore nella preghiera vespertina. Negli ultimi sei mesi quasi mille persone hanno lasciato la loro richiesta!Il venerdì sera la ricreazione, prevista dopo cena, viene sostituita dalla lectio divina. La Compieta chiude la giornata.

La comunità, negli ultimi anni ha aperto il parlatorio alla Scuola diocesana di teologia, che da novembre a maggio il giovedì sera vi tiene i suoi corsi in Introduzione alla fede. Nella chiesa, sotto l’altare maggiore, è conservato per la venerazione dei fedeli il corpo incorrotto di S. Caterina de’ Ricci, compatrona della città. Il grande sviluppo del monastero si deve alla sua tenacia ed alle sue doti umane: da un disordinato gruppo di casupole sorgerà l’armonioso complesso monastico, ricco di santità, di arte e di storia. Grande mistica, ebbe frequenti contatti con i santi del suo tempo, spesso in maniera miracolosa: S. Filippo Neri, S. Carlo Borromeo, S. Maria Maddalena de’ Pazzi. Gente umile, parenti, amici, principi di Toscana e di altre regioni, vescovi e cardinali, ebbero i suoi consigli e le sue lettere.

Il monastero, visitabile in determinate ricorrenze, ha eleganti forme cinquecentesche e conserva al suo interno pregevoli opere d’arte e importanti testimonianze legate al ricordo di S. Caterina de’ Ricci. Ricordiamo la cella del transito, trasformata in cappella, dove la Santa morì il 2 febbraio 1590; la cappella del Crocifisso, dove avvenne l’abbraccio tra S. Caterina ed il Cristo, il 24 agosto del 1542 – data che le monache ancora oggi ricordano con una suggestiva processione all’interno del monastero, alla quale possono partecipare anche i fedeli. Di particolare interesse anche la ricca cappella delle reliquie, voluta dalla Santa, che ne raccolse quasi trecento. In questo ambiente si conserva, con particolare devozione, un velo da calice, ricamato a punto Assisi, iniziato da S. Caterina e miracolosamente terminato da S. Tecla.

La chiesa fu interamente rifatta tra il 1732 e il 1735 in vista della beatificazione della Santa, avvenuta il 23 novembre 1732 da parte di Clemente XII. Pochi anni dopo, il 29 giugno 1746, Benedetto XIV la elevava agli onori degli altari.

Negli scorsi anni una reliquia di S. Caterina ha lasciato il monastero per «volare» a Cuba ed essere conservata in una chiesa a lei dedicata.

È un piacere incontrare la Madre Priora e le «sue» monache: la gioia di una scelta fatta anni fa e rinnovata ogni giorno traspare dai loro occhi. L’apparente monotonia di giornate scandite dal medesimo ritmo è vinta dall’unione con il Signore Gesù che rende nuove tutte le cose.

Quelle prime magnifiche nove…La storia del monastero inizia con la «profezia» del Savonarola del 1495. Otto anni dopo, nel 1503, nove donne (una vedova e otto fanciulle) iniziavano una nuova esperienza monastica nell’ordine di San Domenico, ricevendone l’abito il 29 agosto, data che si rivelerà significativa nove anni dopo, nel 1512, quando nello stesso giorno, per intercessione della Madonna il monastero fu miracolosamente salvato dal Sacco di Prato.

Elemento fondamentale nella storia della comunità monastica è la presenza di S. Caterina de’ Ricci, che vi entrò il lunedì di Pentecoste del 1535 e vi trascorse tutta la sua vita, ricca di manifestazione dell’amore di Dio, che si concluse il 2 febbraio del 1590. La Santa non solo arricchì il monastero con la fama della sua santità, ma donna intelligente e forte, nel suo ministero di Priora, seppe ingrandirlo e renderlo idoneo alle necessità della numerosa comunità facendo costruire, tra l’altro, una nuova chiesa, l’attuale coro delle monache che per la sua solenne eleganza merita di essere visitato. Il monastero è rimasto quasi inalterato fino al ‘700, quando in vista della beatificazione della Santa, si pensò di costruire una nuova chiesa, l’attuale, per conservarvi degnamente il corpo della Santa, che incorrotto, riposa in un’urna d’argento sotto l’altare maggiore.

Il secolo XIX vide due soppressione del monastero, ad opera di Napoleone e dello Stato italiano, ma le monache con grandi sacrifici riuscirono a ricomprarlo. Il secolo appena trascorso ha visto una sorta di ridimensionamento del monastero, lasciando gli spazi liberi ad opere di carattere sociale destinate agli anziani ed alle giovani. Nel periodo più cruento della seconda guerra mondiale, il monastero aprì le sue porte a chiunque vi cercasse asilo, senza alcuna distinzione.

Lucca, da Gemma il fiore della Passione

La Verna e il richiamo di frate monte

Vallombrosa, i testimoni della foresta