Vita Chiesa

ASSEMBLEA CEI: MONS. CORTI, NELLA PARROCCHIA IL FUTURO DELLA CHIESA

“Il futuro della Chiesa italiana, ma non solo, ha bisogno della parrocchia, luogo che genera la fede nel quotidiano della vita della gente”. E’ quanto ha affermato oggi mons. Renato Corti, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana nel corso della sua relazione “La parrocchia: Chiesa che vive tra le case degli uomini” alla 52° assemblea dei vescovi in corso ad Assisi. “Di fronte ai rivolgimenti in atto nella società come immigrazione, spostamento della popolazione, cambiamento della cultura e del mondo del lavoro, la parrocchia – ha detto mons. Corti – si presenta come l’avamposto in grado di far emergere risorse che permettono nuovi modi di abitare il futuro”. Compito fondamentale della parrocchia, infatti, “è quello di essere il luogo che favorisce l’incontro tra la fede cristiana e le condizioni della vita di ogni giorno. È proprio questo servizio reso alla fede ciò che deve qualificare tutto il lavoro pastorale: sia quello che si rivolge ai giovani, sia quello che chiama in causa le famiglie, gli adulti e la terza età”. Ma per far ciò occorre “discernere, valorizzare e sviluppare le molteplici potenzialità missionarie già presenti, anche se spesso in forma latente, nella nostra pastorale ordinaria, nello svolgimento della quale ci è dato di accostare molte persone che appartengono alla Chiesa in maniera debole e precaria, o anche che non sono credenti”. Una particolare attenzione deve essere data alla famiglia e agli adulti per affrontare efficacemente l’iniziazione cristiana. “Nulla infatti aiuta le nuove generazioni quanto il vedere, dinanzi a sé, adulti che credono nel Signore Gesù”. Ma non meno importante è “rimodellare i ritmi di vita delle parrocchie, in modo da renderli realmente accessibili agli adulti che lavorano e alle famiglie”. L’orizzonte più ampio su cui la parrocchia deve aprirsi, ha proseguito il vicepresidente della Cei, è quello di “formare i cristiani che frequentano le nostre comunità, e per primi gli stessi sacerdoti e i seminaristi, a una fede che sia consapevolmente missionaria, nelle varie situazioni di vita e non soltanto all’interno dell’ambito parrocchiale o ecclesiale. Nelle circostanze di oggi una tale fede non può sottrarsi al confronto con le persone e gli ambienti che sono condizionati da una mentalità e cultura estranea o anche avversa al vangelo e a volte se ne fanno sostenitori espliciti”. Questo “aspetto generativo” della Chiesa raccomanda “tre gesti” per la parrocchia missionaria: “il momento in cui la parrocchia si lascia edificare, soprattutto dall’Eucaristia; il momento in cui la parrocchia genera figli alla fede e alla vita ecclesiale attraverso l’iniziazione cristiana e quello nel quale l’agire ecclesiale accresce la sua forza missionaria perché animato da un’esperienza di comunione che investe tutto il lavoro educativo e pastorale”. Un lavoro comune dove “tutti i soggetti della pastorale assumono uno stile di corresponsabilità”. La stessa parrocchia “deve pensarsi in rete con altre parrocchie vicine (vicariato, zona) e in particolare in riferimento alla Chiesa diocesana e al Vescovo”. La parrocchia, infatti, “non esiste isolata, ma vive alimentandosi all’apostolicità della Chiesa diocesana”. E “un primo segno” dello stile di comunione “potrà essere offerto dai gruppi e le associazioni che articolano la vita parrocchiale. Sir