Vita Chiesa

Ac: le speranze, la Speranza: il «cantiere» Toscana

Il Corso regionale per Responsabili diocesani dell’Azione Cattolica si è svolto dal 15 al 17 settembre a Chianciano Terme. In questi tre giorni sono stati trattati i temi del prossimo Convegno ecclesiale di Verona ma, come diceva il titolo, con un taglio tipicamente regionale: «La Speranza, le speranze: il “cantiere” Toscana».

Sentiamo Giovanni Pieroni, uno dei due incaricati regionali per l’Azione Cattolica dei Ragazzi, tra gli organizzatori del Corso.

Perché la scelta di pensare Verona in chiave regionale?

«Perché è una scelta irrinunciabile, costitutiva di chi appartiene all’Azione Cattolica. Noi statutariamente e nei fatti siamo a servizio della Chiesa locale e del suo territorio, e per noi preparare l’incontro di Verona ha significato trovare subito uno sbocco in chiave locale. A livello regionale come a livello diocesano le nostre Associazioni sentono la necessità di far sì che questo Convegno ecclesiale diventi fermento, dia frutti, non rimanga sulla carta. E questo potrà avvenire solo traducendolo nella realtà locale».

Quali sono stati gli spunti della riflessione teologica di Mons. Frosini, il venerdì sera?

«Prima di tutto lasciami dire che proporre un intervento denso di contenuti la sera dell’arrivo è sempre una scelta coraggiosa. Ma non si è rivelata un azzardo, perché monsignor Frosini è stato molto stimolante, esortandoci anche in alcuni momenti ad “azzardare”, per il bene dell’Azione Cattolica e soprattutto della Chiesa! Ha iniziato distinguendo le speranze umane dalla Speranza che anima il cristiano: quell’attesa di cieli e terra nuovi alla cui realizzazione il cristiano è chiamato a collaborare nella storia insieme agli altri uomini, un concetto che era molto caro a La Pira. Ed è stato bello leggere la Speranza come virtù comunitaria, mentre siamo ancora tutti memori del rischio di ricadere nell’individualismo e nell’intimismo che hanno caratterizzato il passato; e ancora la Speranza come capacità di guardare sempre al futuro perché questo sia “nuovo” e “migliore”. A noi cristiani, a noi uomini di buona volontà, dunque, è affidato un compito importante: operare concretamente per la costruzione del Regno».

Ben 4 laboratori il sabato mattina: «Attenzione educativa, tradizione, comunicazione» guidato da Mirella Arcamone, Presidente nazionale del Mieac; «Lavoro, festa, economia», guidato da Piero Tani, Presidente del Meic di Firenze; «Vita civile ed esercizio della cittadinanza» guidato da Franco Vaccari, Presidente dell’Associazione Rondine e infine «Fragilità umana ed impegno sociale», guidato da Gianni Salvadori, Assessore regionale alle Politiche sociali. Ambiti vasti e trattazione forse ambiziosa, ma ne avete tratto delle proposte diciamo «operative»?

«Sicuramente l’aver costruito dei piccoli gruppi di lavoro ha permesso di coinvolgere tutti nella riflessione e nel dibattito, secondo lo stile che è proprio di Azione Cattolica, per cercare di identificare quale tipo di comunità abbiamo costruito; ancora, la falsa contrapposizione fra lavoro ( = stress) e festa ( = gioia); o infine riscoprire la politica come il costruire la casa comune sulla base di un progetto maturato insieme. Le proposte operative poi ciascuno le trae dal lavoro comune e le traspone nella sua realtà quotidiana, secondo quel principio di contestualizzazione che troviamo così ben espresso nella Gaudium et Spes. Indubbiamente non sono mancate le idee e anche la percezione che il cammino da fare, come comunità e come singoli, non è breve».

Quale invece il taglio più associativo che avete condiviso con Paolo Nepi, domenica mattina?

«Paolo ci ha introdotti per prima cosa al tema della “laicalità”, diverso dalla laicità: è il luogo in cui vengono esercitati ruolo e responsabilità propri e specifici dei laici. Dal suo intervento è apparso con chiarezza che l’A.C. ha preparato l’incontro di Verona con due punti di riferimento ben fermi: innanzitutto al centro c’è Cristo, nostra speranza: dunque dobbiamo saper parlare di Cristo agli uomini di oggi. Poi c’è la Chiesa, popolo unito dalla fede in Cristo, che cammina in mezzo alla gente del proprio tempo. Ma l’Azione Cattolica, come è nel suo DNA, guarda anche più avanti e si è posta alcuni impegni precisi da perseguire dopo Verona e cioè: – investire coraggiosamente nella formazione degli associati, per far crescere persone umanamente e cristianamente mature, a tutti i livelli. Si comprende perciò la nascita dei “Laboratori della Formazione”, che dal livello nazionale giungeranno fino a quello diocesano– dare sostegno culturale e sostanziale alla famiglia e alla vita, realtà che subiscono cambiamenti rapidi nei modelli; – stimolare la ricerca verso una modalità di presenza politica dei cattolici;– affrontare il nodo della cultura e della comunicazione, nello stile di incontro e rispetto fra il cristianesimo e le varie civiltà, compresa quella occidentale, che certo non rappresenta il modello perfetto di cristianesimo e di società cristiana– saper proporre un cammino fatto di ordinarietà, cioè di fedeltà al programma fissato, di capacità di lavorare nell’oscurità o nella piattezza di ogni giorno; e insieme fatto di straordinarietà, intesa come espressione di una realtà vera e duratura, segno di ciò che esiste e che si manifesta in quel momento in modo maggiormente visibile».

Infine, la conclusione del corso, con Mons. Mario Meini, Vescovo di Pitigliano, Sovana e Orbetello, che ha presieduto l’Eucarestia…

«Il Vescovo ci ha ricordato la necessità di avere il coraggio del seme che muore e marcisce per poi portare frutto, del lievito che si nasconde nella pasta per dar vita al pane, del sacrificio silenzioso e apparentemente ingrato, che sono però stati la vera vita della Chiesa in duemila anni di storia e dell’Azione Cattolica da quando è nata, al servizio della Chiesa e del nostro paese. Con questo spirito ci diamo appuntamento a Verona, insieme alla Chiesa italiana».E. C.