Vita Chiesa

Ac, lettera dei vescovi italiani

“La promozione dei laici cristiani, nella visione di Chiesa propria del Concilio Vaticano II, passa anche attraverso le diverse forme di aggregazioni laicali, tra le quali un posto particolare spetta all’Azione Cattolica”. E’ quanto scrivono i vescovi italiani, in una lettera inviata il 10 aprile all’Azione Cattolica Italiana, definita dalla Cei una “tipica esperienza di laici” che “rappresenta una grande risorsa per la Chiesa in Italia e richiede oggi una rilettura, attenta all’eredità del passato e, insieme, coraggiosa nell’assumere forme rinnovate per il futuro”. “La formazione di un laicato adulto nella fede; lo sviluppo e la diffusione di una coscienza cristiana matura, che orienti le scelte di vita delle persone; l’animazione della società civile e delle culture, in collaborazione con quanti si pongono al servizio della persona umana”: queste – si ricorda nel documento del Consiglio permanente della Cei, indirizzato ad Ac alla vigilia della sua XI Assemblea nazionale – le “direzioni” tracciate dal Papa per l’Azione Cattolica, il cui “spessore ecclesiale” viene riconosciuto dai vescovi, secondo cui Ac non è “un’aggregazione ecclesiale tra le altre, ma un dono di Dio e una risorsa per l’incremento della comunione ecclesiale, sui quali ciascun Vescovo, il suo presbiterio e l’intera comunità ecclesiale sanno di poter fare affidamento”. Per la Cei, l’Ac “continua a essere una preziosa esperienza di cui la Chiesa – e ogni Chiesa particolare – non possono fare a meno”. In questa prospettiva, l’Ac è sollecitata anche ad affrontare “il nodo del rapporto tra le aggregazioni ecclesiali, promuovendo dialogo e collaborazione tra le diverse realtà, nel rispetto della varietà dei carismi ma anche nella ricerca di un’effettiva comunione nel quadro della pastorale diocesana”.Tra passato e futuro. “Senza l’Azione Cattolica – si legge nella lettera – sarebbe stato impossibile tradurre a livello popolare le scelte maturate dall’Episcopato per l’attuazione delle indicazioni conciliari nella catechesi, nella liturgia e nella testimonianza della carità, come anche nella proposta di un modello di Chiesa caratterizzato dalla comunione e dallo slancio missionario”. Non mancano, tuttavia, “talune difficoltà che stanno appesantendo la vitalità dell’Azione Cattolica”; tra queste, “la difficoltà di comporre la presenza di associazioni e movimenti e la stessa fatica della parrocchia a collocarsi nel contesto sociale ed ecclesiale in cambiamento”. Nel tempo, inoltre, “ha perso vigore” la consapevolezza che l’Azione Cattolica è una “singolare forma di ministerialità laicale”, come l’ha chiamata Paolo VI, e “l’affievolirsi di questa consapevolezza ha prodotto una flessione della cura formativa, che in passato aveva contribuito in modo rilevante a suscitare generazioni di saldi testimoni della fede”. Ma “l’identità e la vitalità dell’Azione Cattolica non riguardano soltanto l’Associazione”, sottolineano i vescovi esprimendo “viva gratitudine” ai suoi aderenti e invitandoli nel contempo alla “ricerca di strade nuove per la missione”. “Le parole semplici della vita”. “Elaborare proposte idonee a presentare le ragioni della fede in modo credibile e condivisibile, prestando attenzione alle domande e alle scelte delle persone che sono attorno a voi”. Questo l’invito rivolto dalla Cei ad Ac, chiamata “a misurarsi oggi con l’incredulità, con l’indifferenza, con la ricerca di quanti non si riconoscono esplicitamente o consapevolmente in una prospettiva cristiana, nonché con la diffusa estraneità nei confronti di un cammino ecclesiale”. Nel “dialogo con chi non crede”, i vescovi esortano gli iscritti all’associazione ad “attingere luce dal Vangelo, impegnandovi a testimoniarlo con la coerenza della vita di ogni giorno, facendovi prossimi a tutti, senza conformarvi alle logiche del mondo e ai suoi modelli culturali”. “Dire il Vangelo con le parole semplici della vita quotidiana, per imparare a parlare al cuore di ogni uomo”: è, in sintesi, il suggerimento della Cei per “comporre tensione missionaria e laicità”, declinando “in forme diffuse e popolari” il progetto culturale della Chiesa italiana, ed “aiutando i laici delle comunità parrocchiali a guardare e a giudicare da credenti le questioni impellenti del nostro tempo”. I laici, “coscienza critica”. La presenza dell’Azione Cattolica nelle comunità ecclesiali e la sua “connotazione popolare” ne fanno, infatti, “uno strumento essenziale per realizzare la condivisione di orientamenti culturali comuni all’interno delle Chiese particolari e per essere coscienza critica nella società civile”, “voce del laicato cattolico attorno ai grandi temi che si agitano nella nostra società”. Tutto ciò, però, “senza entrare negli spazi propri delle forze politiche, evitando il ricorso a modalità di intervento che comporterebbero lo schierarsi con l’una o l’altra di esse”, bensì partendo dalla convinzione che “l’animazione del sociale richiede di ricercare forme efficaci di presenza per dare visibilità alla testimonianza cristiana”. In un contesto, come quello attuale, “caratterizzato da pericoli per la dignità della persona umana e la ricerca del bene comune della società, a causa di diffusi orientamenti nichilistici e relativistici”, i vescovi auspicano un’Ac “sempre più disponibile al dialogo sui grandi temi della vita” e in grado di “accettare le sfide lanciate dalla cultura contemporanea”. Laici presenti nelle comunità parrocchiali, “stimolandone la missionarietà”, e negli “ambienti di vita”, eredi di un’Associazione che nella storia è stata sempre “protagonista di un serrato confronto con mentalità ideologie e modelli sociali che negavano valori fondamentali della persona umana, dando voce e unità alle diverse componenti del mondo cattolico”: questa l’identikit che i vescovi tracciano dei soci di Ac, la cui “testimonianza evangelica” può “incrementare la condivisione e la collaborazione con ogni persona di buona volontà”. Una formazione “esemplare”. Dall’Azione Cattolica, la Cei si attende “un’esemplarità formativa”, attraverso “qualificati e rinnovati itinerari di santità laicale, proposti alle diverse età e condizioni di vita, tenendo presenti le esigenze di crescita delle persone”. Sul piano concreto, i vescovi pensano “a luoghi significativi e a momenti forti di formazione”, da organizzare a livello parrocchiale o diocesano per i soci e per “coloro che hanno fatto scelte di servizio nella comunità ecclesiale e civile”. Annuncio della Parola, preghiera e celebrazione dei sacramenti: questi i “punti di riferimento” essenziali per tali “itinerari di spiritualità”, insieme all’accompagnamento spirituale “di cui c’è particolare bisogno oggi”. Per i vescovi, “è necessario adeguare a questi obiettivi gli itinerari formativi dell’Associazione, dando un’attenzione rinnovata alla catechesi”, in particolare nelle parrocchie, attraverso “cammini organici” da offrire a ragazzi, giovani e adulti per affrontare “le domande piccole e grandi, antiche e nuove che la vita di tutti i giorni pone a ogni cristiano che intende operare scelte coerenti con la fede professata”. La partecipazione dei cristiani laici alla missione della Chiesa oggi, ammonisce la Cei, “comporta la condivisione del cammino di ogni uomo e donna”, per “proporre a ogni persona e all’intera società i criteri e le norme di vita che scaturiscono dall’autentica realtà dell’uomo, quale ci è stata pienamente rivelata in Gesù Cristo”. Di qui l’invito a “testimoniare in comportamenti concreti e visibili i valori evangelici, aiutando ogni persona a lasciarsi interpellare dalla verità sull’uomo rivelata dal Vangelo”.a cura di M. Michela Nicolais

Il testo della Lettera dei vescovi italiani (10-04-2002)