Vita Chiesa

Arezzo, il vescovo Fontana nella notte di Natale: “La notte si può infrangere, bastano piccole lucerne in mano ai poveri della Terra”

“Dio è con noi, ancora una volta – ha proseguito Fontana – non nelle operazioni che ostentano potenza, ma nella semplicità che riprende le relazioni e mostra che, pur di parlare a tutti gli uomini e le donne della Terra, ricorre alla fragilità di un neonato perché nessuno perda la speranza di una vita nuova e alternativa da costruire insieme”.

La pandemia, e poi? E’ questa la domanda dell’arcivescovo, che risponde così: “Da cristiani non possiamo accontentarci di ricostruire quello che c’era e che è andato perduto. Ci era caro, perché conosciuto, come le pantofole dei vecchi alle quali si è abituati a dare apprezzamento, anche se sono vecchie e consumate. Dio, in questo Natale ci chiede di essere capaci di costruire il meglio”.

“Il nuovo tocca a noi costruirlo” ha aggiunto ancora Fontana: “È tempo propizio per dare spazio al Vangelo, che privilegia l’umiltà alla potenza, la semplicità dei rapporti, la considerazione per chi non ha niente, se non il tesoro prezioso di essere persona umana. Fanno perfino notizia i pochi soldi lasciati al bottegaio consueto per regalare qualcosa da mangiare a chi non ha i soldi per acquistarla. La fame e la miseria di due terzi del mondo si sono affacciati nelle nostre case pur piccole, ma riscaldate, magari povere, ma capaci di far festa, perché, in qualche modo, Dio si è fatto più vicino sia a chi ha capacità religiose di esprimersi, come a chi magari è scontroso per difendersi laicamente dagli accaparramenti e dal tentativo di altri di trovare nuovi adepti”.

Ora, secondo Fontana, ” serve l’inventiva della carità, che non è dare agli altri quello che non ti serve più, ma magari mettere in gioco gli altisonanti titoli accademici dei tuoi figli e tuoi nipoti per immaginare un mondo diverso, dove il gender non si interessa tanto all’orientamento dei singoli, ma difende l’identità umana che, come già Aristotele diceva, è un animale sociale (politikòn zôon), cioè, per sua natura solidale”.

“Il Papa sudamericano viene a ridirci ancora che non puoi essere indifferente di fronte alla sofferenza degli altri. È stata singolare, in questi mesi, la commozione di tutti di fronte ai vecchi intubati con quell’ossigeno che non riesce a muovere più i polmoni del prossimo. Ci eravamo confinati in una casta di privilegiati non aperta ad altri uomini come noi, donne e bambini appena partoriti che, attraversando il mare nostrum, provavano a sopravvivere”.

“Riuscirà questa Chiesa italiana – la domanda dell’arcivescovo – a trovare una voce forte e coesa per rendere un servizio necessario alla gente del nostro tempo, per ridare davvero il coraggio di costruire o ricostruire una civiltà cristiana di cui qualche lume i nostri nonni ci hanno dato l’esempio? Non è una questione di partito. Ditemi voi: la solidarietà non era forse ideale condiviso da tutti coloro che sottoscrissero il patto costituzionale? Bianchi, azzurri, rossi, neri. Lo firmarono tutti e, a loro modo, ci regalarono una bicicletta, insegnandoci che se vuoi andare avanti, bisogna pedalare. Cercarono di dare, nei giorni, nei mesi e negli anni, il loro specifico contributo, la loro visione della realtà, che, se varia, è più ricca e più bella come un prisma che, se ha molte facce, è capace di scandire la luce, di moltiplicare i colori a condizione di non infrangere l’unità e il rispetto vicendevole”.

“Questo Natale – la conclusione – potrebbe essere occasione propizia, se tu vuoi, se accetti di fronte al puer natus est nobis di rimettere in discussione i luoghi comuni. Ogni passo avanti, non importa fatto da chi, è una conquista per tutti. Dillo ai giovani di casa tua, che da loro ci aspettiamo profezia, impegno per gli ideali, speranza di riuscire a sconfiggere i mali della nostra civiltà occidentale, nella certezza che la fede in Gesù, espressa nei più vari modi che il mondo può conoscere, resta ancora la luce disponibile che Dio stanotte, per bontà sua, ci dona ancora”.