Vita Chiesa

Assisi, Betori: la credibilità della Chiesa e del paese si gioca sui poveri. Nubi minacciose sul fine vita

Una chiesa gremita di fedeli, tra cui tantissimi toscani che hanno voluto accompagnare l’offerta dell’olio per la lampada votiva sulla tomba del santo. Presenti anche il presidente del consiglio Giuseppe Conte, il presidente della Toscana Enrico Rossi, il sindaco di Firenze Dario Nardella e molti sindaci toscani.

 “Occorre farsi piccoli e minori – ha detto Betori – perché solo così si apre lo spazio per diventare destinatari del dono di Dio, della rivelazione della verità e della partecipazione alla sua misericordia. Occorre uno spazio di disponibilità, che solo il povero sa esprimere: chi tutto sa, chi tutto ha, chi tutto presume di essere o di potere, non può accettare il giogo dolce e leggero di una parola che salva. A fondamento della comunità, ecclesiale e civile, sta questa coscienza di minorità che esclude ogni sopraffazione e ogni sfruttamento dell’altro, ma si pone di fronte a lui con spirito di servizio. Consapevoli che ciò che ci fa piccoli e minori non è un nostro autonomo abbassamento, ma il dono della misericordia di Dio, il sentirsi ogni giorno peccatori perdonati, fragili ma salvati”. “Piccoli e minori – ha aggiunto – cioè tutto il contrario delle pretese dell’uomo d’oggi, che si vorrebbe adulto, autonomo, autosufficiente, uscito per l’appunto dalla minorità. Ma ben conosciamo come questa pretesa di autonomia, di svincolata libertà abbia condotto agli abissi della massificazione totalitaria e alle secche della frantumazione sociale, fino alle contraddizioni di uno sviluppo che si è tramutato in crisi economica, e allo spaesamento delle frustrazioni personali che sfociano nell’angoscia. Su questa strada si collocano ora le minacciose nubi generate, soprattutto ai confini della vita, da una pretesa di autodeterminazione senza riferimenti valoriali e senza legami sociali”.

Ricordando l’incontro di San Francesco con il lebbroso, l’arcivescovo di Firenze ha sottolineato che “Su questa capacità di incrociare lo sguardo dei poveri si gioca la credibilità della nostra Chiesa e l’efficacia del suo annuncio. È questa la sfida che ci attende, come Chiesa ma anche come Paese: fare dei poveri e della loro cura la misura dell’umano. E questo senza porre barriere, perché il problema non è chi sia il mio prossimo perché io possa o debba curarmi di lui, ma di come io debba farmi prossimo a tutti, fino al più lontano, al nemico”.

Ricordando gli 800 anni dall’incontro di Sna Francesco con il sultano, Betori ha poi affermato: “La gioia del Vangelo è così prepotente in Francesco che vuole sia comunicata a tutti, che raggiunga anche i più lontani, come al tempo apparivano i saraceni. Di qui i ripetuti tentativi di raggiungerli, fin quando il suo desiderio si compie a Damietta nell’incontro con il Sultano al-Malik al-Kamil. La testimonianza che Francesco offre è quella dell’offerta di sé, nella certezza che l’incontro con l’altro lo condurrà a una maggiore coscienza di sé, a una purificazione della sua stessa fede, che così potrà illuminare ancor più l’altro. Un atteggiamento che, contrariamente a quel che pretenderebbero molti oggi, non oppone dialogo e annuncio del Vangelo, ma li ricompone in unità nel linguaggio della testimonianza, cioè un’esistenza che si mostra nella verità perché dalla verità si è lasciata possedere. Questa forma di essere di fronte al mondo e all’odierno contesto multireligioso e di pluralismo culturale deve oggi connotare il servizio dell’evangelizzazione. In questa prospettiva l’appello alla minorità non va confuso con un venir meno della presenza della Chiesa nella società, non significa un ritirarsi in un’ambigua interiorità narcisistica”.