Vita Chiesa

BENEDETTO XVI A PAVIA: S. MESSA, «S. AGOSTINO, UNA PERSONA SEMPRE IN RICERCA»

Nel Vangelo domenicale di ieri Pietro offre “una breve catechesi sull’essenza della fede cristiana”, nella quale spiega che Gesù “conduce alla conversione, crea lo spazio e la possibilità di ravvedersi, di pentirsi, di ricominciare. Ed Egli dona il perdono dei peccati, ci introduce nel giusto rapporto con Dio”. Lo ha affermato, ieri mattina, Benedetto XVI, nell’omelia della messa agli Orti Borromaici di Pavia, nella sua visita pastorale a Vigevano e Pavia. “Questa breve catechesi di Pietro”, ha chiarito il Papa, “parla a tutti noi”. In particolare, il cammino che Gesù ci indica si chiama “conversione”. La città di Pavia, ha detto il Pontefice, “parla di uno dei più grandi convertiti della storia della Chiesa: sant’Aurelio Agostino”, le cui spoglie riposano a Pavia. “Seguendo attentamente il corso della vita di sant’Agostino, si può vedere che la conversione non fu un evento di un unico momento, ma appunto un cammino”, ha osservato il Papa, sottolineando “tre grandi tappe in questo cammino di conversione”. La “prima conversione fondamentale” fu il cammino interiore verso il cristianesimo, verso il “sì” della fede e del Battesimo. “Pur essendo figlio del suo tempo, condizionato profondamente dalle abitudini e dalle passioni in esso dominanti, come anche da tutte le domande e i problemi di un giovane”, Agostino “rimase sempre una persona in ricerca”.

In Agostino “la passione per la verità è la vera parola-chiave della sua vita”, ma ha aggiunto Benedetto XVI, “c’è ancora una peculiarità. Tutto ciò che non portava il nome di Cristo, non gli bastava”. Anche se aveva sempre creduto, “conoscere veramente questo Dio” era “la grande lotta interiore dei suoi anni giovanili”. Attraverso la filosofia platonica apprese che “in principio era il Verbo”, cioè “il Logos, la ragione creatrice”, ma “la filosofia non gli indicava alcuna via per raggiungerlo”. Solo nella fede della Chiesa trovò “la seconda verità essenziale: il Verbo si è fatto carne”. “All’umiltà dell’incarnazione di Dio – ha osservato il Papa – deve corrispondere l’umiltà della nostra fede, che depone la superbia saccente e si china entrando a far parte della comunità del corpo di Cristo; che vive con la Chiesa e solo così entra nella comunione concreta, anzi corporea, con il Dio vivente”. “Non devo dire – ha aggiunto – quanto tutto ciò riguardi noi: rimanere persone che cercano, non accontentarsi di ciò che tutti dicono e fanno. Non distogliere lo sguardo dal Dio eterno e da Gesù Cristo. Imparare sempre di nuovo l’umiltà della fede nella Chiesa corporea di Gesù Cristo”. Per quanto riguarda la seconda conversione del santo, dopo il Battesimo, “Agostino si era deciso a ritornare in Africa”, dove aveva fondato, con i suoi amici, un piccolo monastero.

“Così egli passò tre anni felici”, nei quali “nacque una serie di preziose opere filosofiche”, ma nel 391, andato ad Ippona a trovare un amico, forzatamente fu “consacrato sacerdote a servizio della città”. “Il bel sogno della vita contemplativa – ha commentato il Papa – era svanito”: ora “doveva tradurre le sue conoscenze e i suoi pensieri sublimi nel pensiero e nel linguaggio della gente semplice della sua città”. Così, “la grande opera filosofica di tutta una vita, che aveva sognato, restò non scritta”, ma al suo posto “ci venne donata una cosa più preziosa: il Vangelo tradotto nel linguaggio della vita quotidiana”. Ma c’è una terza tappa nel cammino di conversione del santo. Dopo la sua ordinazione sacerdotale e una pausa di riflessione, affrontò nel suo primo ciclo di omelie il Discorso della montagna, mostrando “la ferma convinzione che il battezzato, vivendo totalmente secondo il messaggio di Cristo, può essere ‘perfetto’”. Circa vent’anni dopo, Agostino ammetteva che “uno solo è veramente perfetto”: Gesù Cristo. Agostino aveva appreso “un ultimo grado di umiltà”: “riconoscere che a lui stesso e all’intera Chiesa peregrinante era continuamente necessaria la bontà misericordiosa di un Dio che perdona; e noi – aggiungeva – ci rendiamo simili a Cristo, il Perfetto, nella misura più grande possibile, quando diventiamo come Lui persone di misericordia”.

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