Vita Chiesa

BENEDETTO XVI AI CHIRURGHI: RISPETTARE LA DIGNITÀ UMANA SEMPRE

“Nel secolo scorso gli sviluppi della scienza e della tecnica chirurgica hanno consentito di intervenire con crescente successo nella vicenda del malato. Così la guarigione, che precedentemente in molti casi era solo una possibilità marginale, oggi è una prospettiva normalmente realizzabile”: lo ha detto stamane Papa Benedetto XVI, ricevendo in udienza presso la Sala Clementina nel Palazzo Apostolico i partecipanti al 110° Congresso nazionale della Società Italiana di Chirurgia. “Un nuovo rischio, però, nasce da questa impostazione: quello di abbandonare il paziente nel momento in cui si avverte l’impossibilità di ottenere risultati apprezzabili. Resta vero, invece, che, se anche la guarigione non è più prospettabile, si può ancora fare molto per il malato: se ne può alleviare la sofferenza, soprattutto lo si può accompagnare nel suo cammino, migliorandone in quanto possibile la qualità di vita”, ha poi affermato il Papa, sottolineando che un tale atteggiamento “non è cosa da sottovalutare, perché ogni singolo paziente, anche quello inguaribile, porta con sé un valore incondizionato, una dignità da onorare, che costituisce il fondamento ineludibile di ogni agire medico. Il rispetto della dignità umana, infatti, esige il rispetto incondizionato di ogni singolo essere umano, nato o non nato, sano o malato, in qualunque condizione esso si trovi”. “In questa prospettiva, acquista rilevanza primaria la relazione di mutua fiducia che si instaura tra medico e paziente – ha poi affermato Benedetto XVI, rivolto ai chirurghi presenti all’udienza in occasione del loro 110° congresso nazionale. E’ nel contesto “di questa relazione che, sulla base della stima reciproca e della condivisione degli obiettivi realistici da perseguire, può essere definito il piano terapeutico: un piano – ha aggiunto il Papa – che può portare ad arditi interventi salvavita oppure alla decisione di accontentarsi dei mezzi ordinari che la medicina offre”. “Ciò a cui si deve mirare è una vera alleanza terapeutica col paziente, – ha poi sottolineato Benedetto XVI – facendo leva su quella specifica razionalità clinica che consente al medico di scorgere le modalità di comunicazione più adeguate al singolo paziente. Tale strategia comunicativa mirerà soprattutto a sostenere, pur nel rispetto della verità dei fatti, la speranza, elemento essenziale del contesto terapeutico. E’ bene non dimenticare mai che sono proprio queste qualità umane che, oltre alla competenza professionale in senso stretto, il paziente apprezza nel medico. Egli vuole essere guardato con benevolenza, non solo esaminato; vuole essere ascoltato, non solo sottoposto a diagnosi sofisticate; vuole percepire con sicurezza di essere nella mente e nel cuore del medico che lo cura”.Proseguendo nel suo discorso, Benedetto XVI ha fatto poi riferimento all’ “insistenza con cui oggi si pone in risalto l’autonomia individuale del paziente” che – ha rilevato – “deve essere orientata a promuovere un approccio al malato che giustamente lo consideri non antagonista, ma collaboratore attivo e responsabile del trattamento terapeutico”. Dopo aver affermato che “è innegabile che si debba rispettare l’autodeterminazione del paziente, senza dimenticare però che l’esaltazione individualistica dell’autonomia finisce per portare ad una lettura non realistica, e certamente impoverita, della realtà umana”, ha poi aggiunto che “la responsabilità professionale del medico deve portarlo a proporre un trattamento che miri al vero bene del paziente, nella consapevolezza che la sua specifica competenza lo mette in grado in genere di valutare la situazione meglio che non il paziente stesso”. Secondo Benedetto XVI, “è invece molto importante non estromettere dalla relazione terapeutica il contesto esistenziale del paziente, in particolare la sua famiglia. Per questo occorre promuovere il senso di responsabilità dei familiari nei confronti del loro congiunto: è un elemento importante per evitare l’ulteriore alienazione che questi, quasi inevitabilmente, subisce se affidato ad una medicina altamente tecnologizzata, ma priva di una sufficiente vibrazione umana”.Sir