Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, APPELLO AI CRISTIANI PERCHE’ DIFENDANO LA VITA

Garantire il diritto alla vita a tutti è un “dovere dal cui assolvimento dipende il futuro dell’umanità”. Specialmente per i cristiani che sono continuamente chiamati “a mobilitarsi per far fronte ai molteplici attacchi a cui è esposto il diritto alla vita”. Lo ha detto stamani Benedetto XVI in un appassionato discorso pronunciato nell’incontro con la plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, tenutosi nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. L’udienza è avvenuta al termine del Congresso promosso dall’Accademia vaticana sul tema “La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita”. Ogni uomo “sinceramente aperto alla verità e al bene”, ha detto il Papa riecheggiando l’Evangelium Vitae, “può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore il valore sacro della vita umana”. Eppure bisogna ammettere che “gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme”, come le pressioni per la legalizzazione dell’aborto nei Paesi in via di sviluppo, con il ricorso anche a “forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva”. Ancora, ha avvertito il Papa, “si incrementano le politiche del controllo demografico, nonostante che siano ormai riconosciute come perniciose anche sul piano economico e sociale”. D’altro canto, ha aggiunto, nei Paesi sviluppati cresce l’interesse per la ricerca bioteconologica che si spinge “fino alla ricerca ossessiva del figlio perfetto” con la diffusione della “procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione”.

Questa “nuova ondata di eugenetica discriminatoria – ha osservato Benedetto XVI – trova consensi in nome del presunto benessere degli individui e, specie nel mondo economicamente progredito, si promuovono leggi per legalizzare l’eutanasia. Tutto questo avviene mentre, su un altro versante, si moltiplicano le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale. In queste situazioni la coscienza, talora sopraffatta dai mezzi di pressione collettiva, non dimostra sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco, e il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà”.

Per questo, ha esortato il Pontefice, è “ancor più necessario l’appello alla coscienza e, in particolare, alla coscienza cristiana”. La coscienza morale, ha sottolineato, “per essere in grado di guidare rettamente la condotta umana, deve anzitutto basarsi sul solido fondamento della verità”; deve essere illuminata “così da sapere distinguere il bene dal male, anche laddove l’ambiente sociale” e “il pluralismo culturale” non aiutino.

Il Papa si è poi soffermato sui diversi fattori che oggi, “nell’attuale fase della secolarizzazione chiamata post-moderna e segnata da discutibili forme di tolleranza” ostacolano la formazione di una coscienza fondata sulla verità: “non solo cresce il rifiuto della tradizione cristiana, ma si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità ci si allontana dal gusto della riflessione. Addirittura, secondo alcuni, la coscienza individuale, per essere libera, dovrebbe disfarsi sia dei riferimenti alle tradizioni, sia di quelli basati sulla ragione”. Così, ha detto ancora, la coscienza “cessa di essere luce e diventa un semplice sfondo su cui la società dei media getta le immagini e gli impulsi più contraddittori”.

Volgendo, quindi, il pensiero alla crescita della coscienza cristiana, il Papa ha affermato che “non ci si può accontentare di un fugace contatto con le principali verità di fede nell’infanzia, ma occorre un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l’esistenza sia del singolo che della comunità”: “Solo così sarà possibile avviare i giovani a comprendere i valori della vita, dell’amore, del matrimonio, della famiglia. Solo così si potrà portarli ad apprezzare la bellezza e la santità dell’amore, la gioia e la responsabilità di essere genitori e collaboratori di Dio nel dare la vita”.

Se non c’è una formazione continua e qualificata, ha constatato, “diventa ancor più problematica la capacità di giudizio nei problemi posti dalla biomedicina in materia di sessualità, di vita nascente, di procreazione come anche nel modo di trattare e curare i pazienti”. Ha così sottolineato la necessità di “parlare dei criteri morali che riguardano questi temi con professionisti, medici e giuristi” al fine di “impegnarli ad elaborare un competente giudizio di coscienza e, nel caso, anche una coraggiosa obiezione di coscienza”. Sotto questo aspetto vanno dunque uniti “la formazione cristiana” e il “discorso sui valori morali che riguardano la corporeità, la sessualità” e più in generale il rispetto per la vita umana in tutti i suoi momenti. Abbiamo bisogno, ha detto il Papa, di “testimoni forniti di coscienza vera e retta per difendere e promuovere lo splendore della verità a sostegno del dono e del mistero della vita”. Così facendo, ha concluso, sarà possibile “risvegliare in molti cuori la voce eloquente e chiara della coscienza”.

Dal canto suo, nel suo indirizzo d’omaggio, l’arcivescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha evidenziato che “nelle scelte che riguardano la vita umana e la sua difesa, la coscienza è il baluardo principale e talora l’unico”. D’altra parte, ha avvertito il presule, “la formazione di un chiaro giudizio di coscienza nell’attuale clima culturale è diventato difficile al punto che, su questioni fondamentali, le posizioni spesso divergono, e la vita di molti esseri umani, specialmente quelli fragili, rimangono senza difesa”. Infine, mons. Sgreccia ha rilevato che, in questi ultimi tempi, “si sono moltiplicate le occasioni nelle quali, soprattutto i medici” sono “chiamati a proporre obiezione di coscienza di fronte a richieste dei cittadini, contrarie alla morale naturale e letali per la vita degli esseri umani”. (Fonte: Radio Vaticana)